Accidenti quanto sono incazzati i fan italiani dei Genesis. Il meglio che potreste sentirgli dire che il concerto della reunion è pietoso. Ma c’è anche chi si spinge a definirlo patetico, inutile, finanche vomitevole.
Cosa ci dicono i video presenti su YouTube? Fotografano la situazione di un nonno seduto tutto il tempo, il quale sembra non passarsela molto bene, intento com’è a cercare di intonare al meglio i successi del tempo che fu. Lo circondano una serie di musicisti, alcuni suoi coetanei, altri più giovani, uno giovanissimo. Solo un sordo, però, potrebbe non capire quanto suonino alla grande, con un’energia che forse era mancata nella reunion del 2007. Merito del giovanissimo? Merito di una voglia di suonare sopita per troppo tempo che ora esplode prepotente? Non lo so, si possono solo fare delle ipotesi, ma se mettiamo momentaneamente da parte il nonno acciaccato ci renderemo conto che questi suonano da paura. Poi lo avete visto il palco? Un’astronave che tra giochi di luci e video si pone come una delle cose più belle mai viste a livello di scenografia concertistica. Da buttare anche questo?
Molti dicono: sono vecchi, hanno i soldi, chi glielo fa fare? Glielo fa fare il fatto che sono musicisti e che il musicista se deve morire preferisce farlo sul palco che all’ospizio. Troppo semplice dire che dovrebbero ritirarsi, e poi che fanno? Certo, Tony Banks adora curare il suo ampio giardino, ma il fuoco della musica se lo mangia, quel fuoco che lo fa sognare di essere sul palco a macinare note su note, a viaggiare, incontrare persone, sentire che tantissimi ancora amano ciò che ha creato. E quel desiderio non te lo levi nemmeno se hai 100 anni e devi suonare in barella. Capito ciò possiamo gustarci il concerto senza paraocchi, gli altri possono accomodarsi ad ascoltare per la miliardesima volta Foxtrot ed essere felici.
Basandoci su queste considerazioni ecco quindi quelli che reputo i cinque migliori video dei cinque migliori momenti del “The Last Domino? Tour 2021”.
5. “That’s All/The Lamb Lies Down On Broadway/Follow You, Follow Me” Birmingham, 22/9/2021
Una della sorprese di queste esibizioni è un inaspettato set acustico: Tony Banks siede vicino a Phil Collins con una tastiera a uso pianoforte (mentre Collins lo sfotte dicendo che è la prima volta che cambia postazione da quando esiste la band), Mike Rutherford e Daryl Stuermer si accomodano su due sgabelli e Nic Collins suona un drum set ridotto. That’s All ci guadagna assai in questa versione, Follow You Follow Me dice la sua senza sorprese e poi arriva The Lamb con una rivisitazione più lenta, notturna e jazzata che si rivela veramente azzeccata. Qui Nic si da da fare con discrezione e raffinatezza, rivelandosi la vera sorpresa di questi concerti. Già fattosi notare nel tour del padre, il giovane questa volta fa vedere al mondo tutta la sua bravura.
Una delle cose che lasciavano più perplessi di questo tour era la rinuncia alla doppia batteria. I duetti tra Phil Collins e Chester Thompson sono sempre stati momenti fantastici e il pensiero di rinunciarvi era triste. Invece, incredibilmente, Collins junior non fa sentire la mancanza del doppio drum set, anzi, sembra suonare come due. Nic è il perfetto amalgama tra il cuore del padre e la tecnica di Chester, suona in maniera sanguigna, tecnica ma con cuore. Ha solo 20 anni e ricorda il padre alla sua età ma con una potenza e una tecnica ulteriore. Si vede che ce la sta mettendo tutta per dimostrare al severissimo Tony Banks che può fidarsi di lui e al pubblico che da solo può farcela a sostenere l’imponente lavoro ritmico dei Genesis. L’esame è passato alla grande, i passaggi sono quelli di Phil ma la personalità non manca, la sua energia ha tirato su l’intera baracca, è lui l’uomo chiave di questa reunion e non mi stupirei se venisse coinvolto in maniera sempre più attiva in progetti futuri.
4. “Duchess” Birmingham, 20/9/2021
Un’altra bella sorpresa è il ripescaggio del brano da Duke, qui in versione più spigliata e vivace rispetto a quelle del passato, con una bella e protratta intro psichedelica. Duchess è la canzone preferita in assoluto di Tony Banks tra tutte quelle da lui composte per la band ed essendo lui il signor Genesis è difficile contestarlo. Banks è l’autore di grandi pagine della band, colui che con le sue trovate armoniche e melodiche ha fatto la storia, ma è anche un caratterino con il quale stare attenti: tanto tranquillo sul palco quanto caparbio e dispotico quando si tratta di prendere delle decisioni. Lui e Rutherford sono il duo di ferro, gli ex compagni di scuola alla Charterhouse che hanno portato avanti il progetto Genesis in maniera fiera e costante, nella buona e nella cattiva sorte.
Banks non si muove molto sul palco, non è certo la tipica rockstar. Al massimo lo potrete vedere scuotere un poco la testa a ritmo della musica mentre è concentrato sulle sue tastiere. Poi Tony non invecchia, al netto dei suoi 71 anni è sempre uguale e se stesso, a parte gli inevitabili capelli bianchi. Per questo tour il suo parco suoni è il medesimo del recente passato (diciamo gli ultimi 30 anni): Tony è rimasto agli anni ’80/90 come scelta di suoni e da lì non esce. Ho solo sentito dei campionamenti di Mellotron un poco più fedeli. Al netto di tutto però lui è una garanzia, le dita sa muoverle ancora come ai vecchi tempi e sui tappeti di accordi è imbattibile, ancora oggi ci si stupisce per la loro bellezza.
3. “Firth Of Fifth/I Know What I Like” Birmingham, 20/9/2021
Inizia dal movimentato solo di tastiere e poi affronta la parte del tema di chitarra con Daryl Stuermer a darci dentro. Già, il fidato Daryl, colui che divide con Mike Rutherford le 4 e la 6 corde da oltre 40 anni. Un musicista sopraffino, di quelli che amano il proprio strumento e non passa giorno che non si esercitino a fare scale ed esercizi. Poi è americano quindi attento alla tecnica in maniera ossessiva. Da questo punto di vista è assai diverso da Mike e Tony, i quali, da quasi completi autodidatti (ex) europei, mettono prima il sentimento e poi la bravura, le idee prima delle scale. Infatti hanno composto suite e hit formidabili. Stuermer invece è un musicista bravissimo e versatile, ma con scarse idee compositive. Ma non serve, ciò che conta è che lui sul palco faccia quello che deve fare, ovvero imbracciare il basso quando a Mike viene lo sghiribizzo di lanciarsi a fare il guitar hero (per fortuna poche volte) e suonare le parti di Steve Hackett. Da questo punto di vista il momento del solo centrale di Firth of Fifth è croce e delizia di tutti gli hackettiani che odiano visceralmente il povero Daryl. Il perché è presto detto: sul tema le note sono quelle, poco da fare, sul contorno ogni tanto Stuermer si lancia a mille fraseggi al secondo, cosa che in un brano così intenso e romantico ci sta male. Ma lui è un musicista così, e quello è uno dei pochi momenti in cui sente di potersi esprimere in maniera personale. Vuoi negarglielo?
Archiviato il frammento di Firth of Fifth si passa direttamente a I Know What I Like. La hit da Selling England by the Pound è riproposta nella sua interezza con tanto di coda, danza stentata al tamburello di Phil (che forse poteva evitare) e accenni di Stagnation. Che dire del cantante se non che ce la sta mettendo tutta? I maligni diranno che ha bisogno di soldi per sistemare le nuove beghe matrimoniali, ma anche fosse chissenefrega, sono problemi suoi e non staremo a indagare. Sta di fatto che un uomo nelle sue condizioni ha deciso di mettersi in gioco e andare contro gli acciacchi per ritrovarsi ogni sera su un palco, e questo ha un che di eroico. E quanto deve essere triste per lui non potere duettare col figlio, ma quanto orgoglio. Poi sta dimostrando di essere più stoico che mai, migliora ogni sera, cerca di ritrovare l’antica verve. Capisco che può essere patetico ma io lo vedo come un uomo che sta cercando in tutti i modi di aggrapparsi a qualcosa che lo faccia sentire vivo. I Genesis del passato sono andati, ora ci sono questi e Collins sta facendo il meglio del suo meglio per dirci che può ancora dimostrarci di essere un grande.
2. “Dancing with the Moonlit Knight/The Carpet Crawlers” Birmingham, 20/9/2021
È il sommesso e malinconico finale di concerto, con il frammento iniziale di Dancing unito al famoso estratto da The Lamb. Qui e altrove si nota la presenza dei due coristi Daniel Pearce e Patrick Smyth. Nella loro storia i Genesis non hanno mai avuto bisogno di aiuti vocali, bastavano Peter Gabriel e Phil Collins con Rutherford e Banks a dare una mano ai controcanti. Ma evidentemente gli ultimi due non ne hanno più voglia e serviva assolutamente un appoggio per Collins. Si è quindi deciso di coinvolgere due professionisti con alle spalle partecipazioni a X Factor (Pearce) ed esperienze attoriali (Smyth). Quella che sembrava una scelta quantomeno discutibile si è invece rivelata una carta vincente. Tanto bravi quanto discreti, i due intervengono nei punti giusti a dare man forte a Phil intessendo trame vocali forti e convincenti. Tornando a Dancing + Carpet non sarebbe un momento perfetto per un’apparizione a sorpresa di Peter Gabriel?
1. “Fading Lights/The Cinema Show/Riding the Scree/In That Quiet Earth/Afterglow” Birmingham, 20/9/2021
Il top del concerto è la riproposizione del brano più intenso di We Can’t Dance che qui assume un’aria ancora più nostalgica, con i tre Genesis originari schierati a raccontare dei bei tempi che non torneranno più. Al posto della coda strumentale di Fading Light trova poi posto la ripresa di The Cinema Show nella parte del tema di tastiere. Quando esplodono i bass pedal si sente tutta la potenza di questi nuovi Genesis e Mike Rutherford in questo frangente fa un lavorone. È lui l’altro caposaldo della band che in versione 2021 appare decisamente ringiovanito: fisico asciutto, elegante, ben pettinato. Un damerino pronto a sfoggiare la sua imponente doppio manico chitarra+basso e deliziare gli ascoltatori nei passaggi più infuocati di questo medley. Quando poi mette in moto il suo bass pedals e colpisce diretto allo stomaco con quei bassoni imponenti non ce n’è più per nessuno. Si diverte, ha energia e ottimismo ed è un piacere vederlo sul palco a godersi la sua musica. Sconta sempre un po’ di pecche quando decide di lanciarsi a fare il chitarrista solista, ma questo è un vecchio problema, anche se con gli anni ha capito quali sono i suoi limiti e più in là di una serie di piacevoli fraseggi vagamente gilmouriani non si spinge. Ma alla chitarra ritmica e al basso non si discute. Dopo brevi inserti di Riding the Scree e In That Quiet Earth il medley termina con Afterglow, con Phil Collins più in difficoltà che altrove. Ma l’atmosfera che crea la cortina di fumo che sale sui cori di Mellotron da sola vale il concerto.