Il 16 febbraio del 1990 ci lasciava Keith Haring, morto appena trentaduenne (era nato nel 1958 a Reading, nello Stato della Pennsylvania) a causa di complicazioni dovute all’HIV, che lo aveva colpito anni prima. Trent’anni senza un genio tra i più celebrati della storia della cultura contemporanea: i suoi inconfondibili disegni hanno segnato non solo il mondo dell’arte, ma anche quello del design e della moda. E allora noi proprio oggi vogliamo ricordarlo con alcune cose che dicono molto di lui, ma che forse non sono così conosciute. Ecco le 10 cose che non sapete su Keith Haring. Se già le sapevate, vuol dire che siete pronti a diventare i suoi biografi ufficiali e quindi noi facciamo un passo indietro!
1. Madre ossessiva, padre malato di fumetti
L’ingegner Allen Haring, impiegato in una grande società elettrica, ha la passione per l’illustrazione e disegna molti personaggi dei cartoni per il figlio Keith. Sua moglie Joan non è della stessa pasta, è piuttosto severa e iper protettiva: lui passa molto tempo dalla nonna, dove fa indigestione di quella tv che la madre a casa non gli lascia guardare. Il padre tenta di fargli esplorare il mondo culturale. Certamente quello dei fumetti, ma non solo. Da adolescente lo porta all’Hirshhorn Museum di Washington dove Haring ammira a bocca aperta la grande opera di Andy Warhol dedicata a Marilyn Monroe.
2. La prima opera: tra droga e Black Sabbath
È del 1974 la prima opera conosciuta di Keith Haring, ed è un pezzo di carta alto 40 cm e largo 60 dove con un pennarello disegna quella che in quel momento è la sua iconografia di riferimento: fumetti e cartoni, ma anche droga e alcol, con i quali avrebbe fatto i conti per tutta la vita. A fare da contorno in questo piccolo affresco che già tanto dice sul percorso che avrebbe intrapreso, i nomi delle band che ascolta incessantemente: Beatles, Aerosmith, Black Sabbath e Humble Pie.
3. Faceva l’aiuto cuoco… Ma perché gli interessavano i muri della mensa!
A 18 anni si diploma alla High School di Kutztown e poi frequenta la Ivy School of Professional Art Pittsburgh. È fin da subito il grande pubblico a interessargli e approfitta di un posto come aiuto cuoco, che teneva per racimolare qualche soldo, per fare la sua prima mostra di disegni proprio nella mensa in cui lavora. Non c’è documentazione fotografica di questa, ed è un gran peccato.
4. Gli incontri migliori si fanno in bagno
La prima volta che incontra Jean-Michel Basquiat, al quale sarebbe stato molto legato fino alla morte di questo, è nel bagno della School of Visual Art di New York: è proprio in quell’istituto che Haring vede dappertutto la scritta SAMO, acronimo di un writer che frequenta la scuola, ma che non riesce a identificare. Fino a quando becca un ragazzo che in un bagno sta scrivendo sui muri uno di quei TAG con quella sigla che agli occhi dell’autore è il suono di Same Old Shit (Sempre la stessa merda). Quell’artista, con il quale nasce una grande amicizia, è proprio Jean-Michel Basquiat.
5. Divideva la stanza con un altro genio
Nel periodo in cui la metropolitana diventa il suo laboratorio, perché come sappiamo approfitta degli spazi pubblicitari vuoti per riempirli di disegni realizzati con il gesso (è lì nel 1980 che compare per la prima volta il Radiant Baby, che sarebbe poi diventato il simbolo identificativo dell’arte di Keith Haring) ha modo di confrontarsi con un altro personaggio che sarebbe diventato un grande nome della street art: Kenny Sharf. Con lui Haring divide una stanza in un appartamento a Brooklyn.
6. Il biglietto vincente della lotteria buttato dal proprietario del Max’s Kansas City
Al Max’s Kansas City, per attirare l’attenzione di Andy Warhol, grande avventore del locale, Haring e Basquiat arriveranno persino a dipingere l’intera cabina del dj in una notte. Quando il proprietario se ne accorge, si arrabbia e la fa ridipingere. Qualche anno dopo si mangerà le mani per non avere tenuto l’unico lavoro a doppia firma Haring/Basquiat.
7. L’omaggio a Lennon
In pochi sanno che una delle sue opere più famose, che rappresenta uno dei suoi inconfondibili omini, questa volta una figura rossa su sfondo giallo, circondata da croci e con un buco nella pancia, è in realtà un omaggio a John Lennon. Lo ha realizzato nel 1982, a due anni dall’omicidio di Lennon ed è un’opera con la quale Haring ha voluto rappresentare proprio il corpo dell’ex Beatles trafitto dagli spari.
8. La giacca di Madonna
Haring era molto legato a Madonna, fin dai tempi in cui questa era una semisconosciuta cantante che provava a sfondare a New York. Lei chiede proprio a Haring di disegnare la giacca, rosa shocking e cosparsa dei fitti segni dell’artista, che avrebbe indossato per cantare per la prima volta su un palco Like a Virgin.
9. Il Muro di Berlino
Persino il Muro di Berlino diventa una tela per Keith Haring, quando il Mauer Museum decide di rivolgersi a lui per mandare un messaggio di pace attraverso un murale lungo oltre 300 metri, che andrà ovviamente perso con la caduta del muro nel 1989. Su un titanico sfondo giallo, Keith Haring dipinge una fila infinita di persone che si tengono per mano. Queste figure furono realizzate con il rosso e il nero così che il murale, una volta finito, avesse proprio i colori della bandiera tedesca. Non è stato l’unico murale di Haring ad andare perso: ne ha realizzati moltissimi, ma oggi le opere pubbliche rimaste in piedi sono solamente 34.
10. L’occhio di LaChapelle non sbaglia mai
Il suo lavoro più commovente e toccante è senza dubbio la tela The Last Rainforest, quadro che verrà acquistato anni più tardi dal fotografo David LaChapelle e rivenduto in asta da Sotheby’s per 4 milioni di dollari: quel lavoro è una sorta di chiusura del cerchio, una tela densissima che a prima vista sembra uno scenario apocalittico. Ci sono la violenza, il sesso, la malattia, la morte, l’ambiente devastato. È stato proprio LaChapelle però, dopo 3 mesi di scrupolosa osservazione del quadro, a trovare quel senso di speranza che sempre Haring diffondeva con il suo lavoro. Mimetizzato in quello scenario infernale, al centro, si vede infatti un piccolo ‘radiant baby’ protetto da un albero, come in un grembo.