Stando a quanto dice Mary Ramos, music supervisor storica di Quentin Tarantino, il processo di selezione dei brani per un film del regista inizia dentro un vero e proprio negozio di dischi – ovvero la casa hollywoodiana dello stesso Tarantino. Quella che Ramos descrive come “la stanza dei dischi”, infatti, ha tutto l’aspetto di una boutique di vinili, con gli LP etichettati e separati a seconda del genere musicale. «Tutto inizia nella sua stanza dei dischi», ha detto Ramos. «In passato, quando iniziavamo a preparare la colonna sonora, mi invitava a casa sua e io passavo ore a prendere appunti mentre lui parlava a velocità supersonica, facendo delle pause solo per mettere la puntina sul vinile».
Tuttavia, la grande differenza tra gli altri film di Tarantino e l’ultimo Once Upon a Time in Hollywood (nella versione italiana C’era una volta… a Hollywood, nei cinema il prossimo 19 settembre, ndt) è stata la determinazione di un preciso arco temporale. Infatti, per la sua rilettura delle vicende che collegano Roman Polanski, Sharon Tate, la Family di Charles Manson e alcuni personaggi inventati per il film e interpretati da Leonardo DiCaprio e Brad Pitt, Tarantino ha deciso che i brani selezionati per la colonna sonora non avrebbero dovuto superare un determinato anno di pubblicazione, ovvero il 1969, in cui è ambientato il film. Nonostante molti artisti si siano proposti per interpretare cover di brani usciti in quegli anni oppure, come nel caso di Lana Del Rey, abbiano proposto materiale inedito, Tarantino è rimasto fermo nella sua idea di creare una capsula temporale. «Nel film non c’è nessuna canzone uscita dopo il 1969», ha detto Ramos. «Per questo film Quentin è stato un po’ più anacronistico. Voleva definire il suono dentro quel periodo specifico».
Ecco perché la colonna sonora di C’era una volta… a Hollywood sarà ricca di nomi classic rock – tra cui Rolling Stones, Bob Seger e Neil Diamond – ed ecco perché abbiamo chiesto a Ramos di raccontarci alcuni dei brani che accompagneranno le scene principali del film.
“Treat Her Right” di Roy Head and the Traits (1965)
Il white soul che apre il film è stato messo in apertura per un motivo specifico, dice Ramos: «Questo brano rappresenta perfettamente il film e i suoi protagonisti. Sono davvero felice che Quentin abbia deciso di usare questa canzone in quel modo. Musicalmente parlando, questo pezzo spacca. È un modo grandioso di iniziare un film. Chi fa il mio lavoro è sempre alla ricerca di qualcosa che riesca a colpire l’audience e che, allo stesso tempo, sia capace di trasformarsi nel colpo di pistola che dà il via al film, il bang che prepara il pubblico a ciò che verrà. E questo brano ci è riesce perfettamente».
L’utilizzo di questo pezzo, inoltre, possiede un lieto fine tutto suo. «Tantissime volte Quentin, con le sue scelte musicali, riesce a far rivivere la carriera di artisti dimenticati», ha aggiunto Ramos. «E con Treat Her Right è successo esattamente questo: uno degli autori della canzone, il bassista Gene Kurtz (morto nel 2011), ha ottenuto solo recentemente i diritti sul brano. È stato molto emozionante quando un suo portavoce ha ricevuto la notizia che lo avremmo usato, ci ha detto: “Questo significherà tantissimo per la sua famiglia”.
“Hungry” di Paul Revere and the Raiders (1966)
Per un breve periodo, questa band del Nord Ovest, armata di organo e di divise che richiamavano quelle della Guerra d’indipendenza, ha incarnato un’American Invasion a ritmo garage pop. «È perfettamente logico che il brano sia in quel momento del film», dice Ramos. «Si sente Sharon che afferma, “Non dire a Jim Morrison che stai ballando sui Raiders”. Non hanno mai avuto il fascino dei Doors, tuttavia erano una grande pop band».
Hungry si sente nella in cui Tate (interpretata da Margot Robbie) incontra Manson per la prima volta. «È una canzone cool e inquietante allo stesso tempo», racconta Ramos, «perfetta per quel momento della storia». I Raiders, inoltre, sono stati scelti anche per una ragione storica: «Terry Melcher, che era il figlio di Doris Day, era il loro produttore e aveva vissuto nella villa di Cielo Drive dove avvennero gli omicidi. Aveva anche avuto dei legami con la Manson Family».
“Son of a Lovin’ Man” di The Buchanan Brothers (1969)
La canzone si sente in una sequenza ambientata durante un party alla Playboy Mansion, e in pochi sanno che non è stata realizzata davvero dai Buchanan Brothers ma da un trio di autori-producer (due dei quali formarono la coppia folk-pop Cashman & West). «È una bellissima canzone da ballare, oltre che essere una rarità», dice Ramos. «Questo disco fa parte della collezione di Quentin».
Ramos, inoltre, racconta che una discreta parte del suo budget è stata spesa per comprare copie migliori del vinile in possesso di Tarantino. «Spesso capita che alcuni dei dischi di Quentin non siano proprio in condizioni ottimali», ride. «Quindi, nel momento in cui si decide di inserirli nel film, ci sono da pagare cifre piuttosto salate per accaparrarsi copie che suonino perfettamente».
“The Circle Game” di Buffy Saint-Marie (1967)
La cover di Joni Mitchell realizzata dalla cantante di origine nativa americana appare in una scena con Tate. «È un momento perfetto per Sharon», rivela Ramos. «Margot riesce a rappresentare a pieno la sua dolcezza e apertura mentale, e quella scena [In cui Tate carica una hippie che fa l’autostop] rispecchia la gentilezza e l’animo nobile di Sharon. Per quelle riprese abbiamo provato tante cose diverse, ma questo brano è sempre rimasto un punto fermo. Non tanto per il testo, ma per come suona».
“California Dreamin’” di Jose Feliciano (1968)
Un tema ricorrente nel film sono i Mamas and Papas, quartetto proveniente da Laurel Canyon e incarnazione perfetta della spensieratezza che si respirava all’epoca, nonostante i tumulti interni alla band. In una scena si vede un personaggio che suona al pianoforte la loro Straight Shooter, in un’altra ci sono degli attori che interpretano Michelle Phillips e Cass Elliot. Nel film c’è anche la versione della loro California Dreamin realizzata dal cantante e chitarrista portoricano José Feliciano. «C’è così tanto pathos in quella versione», dice Ramos. «Inoltre possiede anche quel fascino particolare dei brani inflazionati. Diventa uno sfondo, non ti accorgi neanche della sua presenza. Ecco perché abbiamo usato questa versione: è stato un modo bellissimo per fare in modo che questa canzone venisse riascoltata».
“You Keep Me Hangin’ On” di Vanilla Fudge (1967)
La band di Long Island era specializzata in cover sporche e psichedeliche di hit scritte da altri, e non c’è esempio migliore che questa interpretazione cupa del successo delle Supremes, che Tarantino ha messo in una scena particolarmente violenta del film. «Questa canzone ha un arrangiamento e una struttura fantastica» dice Ramos. «I Vanilla Fudge rallentavano i brani e li rendevano inquietanti, e questo è un esempio speciale perché mette insieme sonorità metal alla psichedelia. È pazzesca».
Ramos racconta, inoltre, che non è così facile ottenere le approvazioni per utilizzare un brano dentro un film di Tarantino; la società che si occupa del patrimonio di James Brown, ad esempio, inizialmente non era per niente convinta quando il regista aveva deciso di usare The Payback nella scena più violenta di Django Unchained. In seguito cambiarono idea.
Tutto ciò non è successo con i Vanilla Fudge, racconta Ramos: «Non c’è voluto molto per convincerli. Avevamo anche bisogno di ottenere un permesso per modificare la musica originale dato che, quella che si sente nel film, è una versione fatta da Quentin con un crescendo realizzato per l’occasione. Anzi, l’altro giorno sono anche andata a pranzo con Carmine Appice dei Vanilla Fudge. È un grande fan dei film di Quentin».