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Le 10 migliori canzoni di Adam Schlesinger

Da ‘Stacy’s Mom’ a ‘That Thing You Do!’, i pezzi più belli del musicista e autore dei Fountains of Wayne sono storie di sognatori, amanti e idioti totali, sempre in perfetto equilibrio tra ironia e dramma

Foto: Ebet Roberts/Redferns/Getty Images

La morte di Adam Schlesinger, co-fondatore dei Fountains of Wayne scomparso a 52 anni a causa di complicazioni legate al Covid-19, è stato uno shock per i fan della sua scrittura divertente, piena di calore e inconfondibile. Insieme a Chris Collingwood, l’altro fondatore del gruppo, e da solo con progetti paralleli e musica per TV e cinema, Schlesinger ha costruito un catalogo irripetibile di sognatori, amanti e idioti totali. Quasi tutte le sue storie sono ambientate nel New Jersey o in zone limitrofe. «Una delle cose più belle delle canzoni ambientate nelle città del New Jersey» ha detto nel 2005 «è che hanno nomi esilaranti».

La morte di Schlesinger ci ha colpiti, qui a Rolling Stone. Ecco 10 canzoni che ce lo hanno fatto amare, esposte in ordine cronologico e selezionate tra tutti i pezzi che ha scritto, cantato, prodotto o suonato.

“Sick Day” Fountains of Wayne (1996)

Sick Day è una delle canzoni migliori del primo album dei Fountains, un’ode malinconica a una ragazza del Jersey che prende il treno per Manhattan e cerca di superare l’ennesimo purgatorio da lavoro precario fingendo di essere felice – “making the scene with her coffee and cream”, dice il testo. Sick Day è semplicemente la più bella canzone mai scritta su quel piccolo momento di passaggio tra la fine del college e l’ingresso nel mondo del lavoro, quando niente sembra necessario, tutto è raggiungibile, eppure non è mai abbastanza, e anche le più stupide distrazioni dal lavoro sono prese in considerazione. Tutti i dettagli sono perfetti, dalla fotocopiatrice rotta alla collega tipo ape operaia della postazione a fianco. Considerando quanto siamo peggiorati rispetto al 1996, è dura ascoltare Sick Day e il verso “lead us not into Penn Station” (che evoca il “non indurci in tentazione” del Padre Nostro) sembra avvolto da un’ironia tetra.

“That Thing You Do!” The Wonders (1996)

È il compito più difficile da dare a un autore: “Scrivi una hit, adesso”. In questo caso è ancora peggio: “Scrivi una hit che potrebbe portare la formazione di un talent show in tour in tutto il Paese e, oh sì, scrivila esattamente come farebbe una garage band del 1964, e che sia abbastanza bella da non sfigurare in radio accanto ai Beatles”. Schlesinger c’è riuscito nella straordinaria title track del film con Tom Hanks Music Graffiti (That Thing You Do! nell’orignale). L’ha fatto talmente bene che la sua canzone è finita nella storia del pop.

“Utopia Parkway” Fountains of Wayne (1999)

Tre anni dopo che Connington ha scritto la hit alt rock Radiation Vibe, i Fountains of Wayne sono tornati con un concept album sulla noia della vita in provincia che rivaleggia con il meglio dei Kinks. La title track, che prende il titolo da una strada del Queens con un nome troppo bello per non essere rubato, riassume i temi dell’album. Parla di un tizio di una cover band a un passo dalla grande svolta e dei suoi sogni lontano dal quartiere, e ha una melodia agrodolce che il protagonista non potrebbe mai scrivere davvero. Schlesinger rende viva questa storia, ti fa tifare per il protagonista anche se sai che non ce la farà mai. La Atlantic si è liberata del gruppo dopo Utopia Parkway, dimostrando che in qualche modo aveva ragione.

“Stacy’s Mom” Fountains of Wayne (2003)

Non c’era davvero niente che non andava in Stacy. Indossava magliette dei Van Halen e occhiali con le lenti a cuore, le piaceva passare il tempo in piscina. Il problema era che sua madre era decisamente più attraente. Prima di Welcome Interstate Managers del 2003, i Fountains of Wayne avevano pubblicato due album, ma è con questo inno a base di chitarre distorte – in cui copiano spudoratamente My Best Friend’s Girl dei Cars trasformandola in una stramba fantasia da teenager – che sono finiti nel mainstream. Nel famosissimo video c’è la modella Rachel Hunter nel ruolo della mamma di Stacy, che va a prendere a scuola su una decappottabile rossa circondata da ragazzini che la fissano imbambolati. Stacy avrebbe potuto scegliere il tizio che somiglia a Ric Ocasek, ma preferisce Mr. Wonderful, un ragazzino che finirà per tagliarle il prato mentre fissa la mamma di lei che riceve un massaggio. È convinto che abbia qualche possibilità di sostituire il marito sfaticato: “Visto che tuo padre se n’è andato, tua madre potrebbe usare uno come come”. Dopo tutti questi anni, Stacy’s Mom è ancora la canzone più popolare dei Fountains: non sappiamo dove sia finita Stacy, ma ci auguriamo che abbia trovato un partner migliore.

“Hackensack” Fountains of Wayne (2003)

È la storia di un anonimo depresso del Jersey, un ragazzo che si strugge per la compagna di scuola diventata famosa ed è così toccante da dare un brivido lungo la schiena. E poi c’è il verso “Ti ho vista parlare con Christopher Walken sullo schermo della mia tv”. È uno degli spaccati di vita più belli e malinconici di Welcome Interstate Managers. Ascoltandola, sembra che la cover strana e fedele che Katy Perry ha registrato per MTV Unplugged fosse già raccontata nel testo.

“Fire Island” Fountains of Wayne (2003)

“C’è una regola: se una canzone contiene un riferimento al New Jersey o agli anni del liceo, l’ha scritta di Adam”, ha spiegato Chris Collingwood ai fan che cercavano di capire come distinguere i due autori principali dei Fountain of Wayne. Fire Island, dall’album Welcome Interstate Managers, fa parte di della categoria delle canzoni sul liceo. È una ballata nostalgica al pianoforte su un adolescente che viene in periferia e ha intenzione di dare una festa quando i suoi andranno a Fire Island per il fine settimana. Come accade in molte delle sue canzoni sui liceali, Schlesinger evoca il passaggio tra adolescenza ed età adulta evidenziandone la problematicità. La prima strofa mette in guardia da alcolismo, guida spericolata e bagni nudi, la seconda è più innocua e parla del desiderio di suonare musica a tutto volume e “saltare sul divano fino a quando non si sfonda”.

“Maureen” Fountains of Wayne (2005)

Uno dei pezzi più eccitanti del catalogo di Fountains of Wayne. La melodia power pop sovreccitata e ritmata amplifica l’ansia romantica espressa dalla canzone. Siamo in friendzone. Lui ama lei, ma è solo un’amica. Econo assieme, ma lei non fa che confidargli i dettagli delle sue storie con gli altri. Lui è talmente preso da non riuscire nemmeno a dire il nome di lei senza balbettare. Così lo trasforma in un ritornello killer: “M-M-M-M-M-M-M-Maureen!”.

“Way Back Into Love” Hugh Grant & Haley Bennett (2007)

Un po’ come That Thing You Do!, anche questa ballata è stata scritta per essere cantata più volte nella commedia romantica con Hugh Grant e Drew Barrymore Scrivimi una canzone. Lui fa la parte del reduce male in arnese di un duo anni ’80 tipo Wham!, lei è l’improbabile collaboratrice nella scrittura di una nuova canzone scritta per una pop star contemporanea. Way Back Into Love deve funzionare in varie forme, tra cui il demo di Grant e Barrymore e l’interpretazione con influenze indiane della pop star. E regge effettivamente come prodotto finale di un film sul mestiere di scrivere canzoni. Passaggi come “Ho nascosto speranze e sogni / Nel caso in cui un giorno ne avessi di nuovo bisogno / Ho messo da parte il tempo / Per liberare un po’ di spazio negli angoli della mente” sono sufficientemente generici da far parte di un successo da Top 40, ma anche intelligentemente malinconici.

“The Summer Place” Fountains of Wayne (2011)

Le parti solari ed esplosive delle chitarre acustiche ricordano un po’ Sister Golden Hair degli America ed effettivamente i Fountains of Wayne sanno come rievocare quelle atmosfere anni ’70. Lo fanno in questo pezzo di critica sociale che sembra una versione meno incazzata di This Year’s Model di Elvis Costello. Si racconta la storia di una donna che sta andando nella casa di famiglia dove va da quando era bambina, un posto di villeggiatura tipo Fire Island o Cape Cod. Si passa dal suo punto di vista di donna di mezza età annoiata e depressa alle disavventure di quand’era bambina negli anni ’70, altrettanto annoiata ma meno depressa, tipo la volta in cui è stata beccata a rubare in un negozio o quando è finita in ospedale dopo aver preso dei funghi. “Nel luoghi dell’estate le ferite svaniscono, ma i ricordi durano una vita”, canta la band, ricordandoci che l’alcol e il sole sono nel migliore dei casi dei tranquillanti temporanei per una vita che non smette di deluderci. Una band meno empatica avrebbe fatto un pezzo sarcastico su gente ricca e capricciosa. I Fountains of Wayne non lo fanno e, anzi, scrivono una canzone orecchiabile, bella, indimenticabile.

“Our Own World” The Monkees (2016)

Schlesinger è il produttore del primo album dei Monkees in 20 anni, dove la band interpretava pezzi scritti da fan come Ben Gibbard dei Death Cab For Cutie, Noel Gallagher degli Oasis e Rivers Cuomo dei Weezer, tra i tanti. Risultato: una meravigliosa raccolta di pezzi perfetti per mettere in risalto le voci meravigliosamente invecchiate dei Monkees. Schlesinger ha contribuito con Our Own World che rimanda di botto agli anni ’60 ed è interpretata da Mickey Dolenz. All’epoca sarebbe stata una hit.

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