Non è in questa classifica perché è una grande canzone (non lo è) e nemmeno perché ha permesso di dare in beneficenza mezzo milione di sterline. È in questa classifica perché è stata la più potente dichiarazione in musica del 2022 a proposito della guerra in Ucraina, giunta in un periodo in cui molti artisti né-né parlavano vagamente di pace. Non David Gilmour, che ha ritirato fuori il brand Pink Floyd quando nessuno se l’aspettava più per dire chiaramente da che parte sta. Ha funzionato e dirlo non è solo quel mezzo milione, ma anche i messaggi social degli ucraini che hanno amato il gesto e si sono sentiti meno soli. I fan europei col culo al caldo invece hanno filosofeggiato: eh no, senza Roger Waters e Richard Wright non sono i Pink Floyd. (CT).
Se non usate Instagram l’avrete sentita in radio o in televisione, se invece avete Instagram l’avrete ascoltata passivamente come colonna sonora di milioni di reel. Con As It Was Harry Styles ha fatto il colpaccio, arrivando finalmente anche a chi non sapeva niente di lui (erano rimasti in tre), consacrando il suo nome tra i grandi del pop. Non che ne avesse bisogno, ma 15 settimane al No.1 della classifica USA è uno di quei record che ti cambiano un po’ la carriera. As It Was è stata una delle più grandi hit del 2022, nonché un cambiamento per Styles, che stavolta ha scelto un brano diverso per lanciare il suo terzo disco (ricordate Sign Of The Times e Lights Up?). Ti apro il mio cuore, ma lo faccio mentre siamo sulla pista. Nota fondamentale: nel pezzo Styles è creditato per aver suonato le campane tubulari. Poi non dite che non è anche simpatico. (FF)
Non c’è niente di edificante o nobile in questa canzone. In un periodo in cui gli imperativi della musica popolare sembrano produrre autofiction per diffondere messaggi positivi, posando sempre e comunque da vittime, Grian Chatten scrive dal punto di vista d’un bastardo egoista «a cui non interessa essere bravo, né fingere d’esserlo». Lo fa in un pezzo che pare fatto della stessa pasta ruvida e scura e vagamente sexy di Come As You Are. Bello il suono della misantropia. (CT).
Ciò che ci fa amare Kendrick Lamar è la sua capacità di scrivere canzoni dure e dal testo violento che fanno muovere la testa. N95 (il titolo è un richiamo alle mascherine N95 raccomandate durante la pandemia) fa parte di questa tipologia di brani: è una lezione di stile tecnico e metrico su un beat che unisce old school rap (certi richiami potrebbero andare alle produzioni di Just Blaze) e groove trap dove il rapper di Compton critica distorsioni sociali, imposizioni governative, cancel culture e ipocrisie dei nostri giorni. Con un grandioso video a supporto diretto da Dave Free, N95 è un brano tutto da sviscerare visto le lunghissime e dense strofe da cui è composto. (MB)
Certo, i singoli di Beyoncé, quelli che sono rimasti nella storia, sono altra cosa, ma Break My Soul è comunque riuscito a difendersi soprattutto per la capacità di sintetizzare al suo interno tutto il progetto Renaissance. La storia recente del clubbing black (chiave di lettura dell’album) è richiamata nel sample di Show Me Love, traccia simbolo dei primi anni ’90, e in quello di Explode di Big Freedia del 2014, un linea che traccia un racconto dall’house di fine secolo alla libertà queer dell’ultimo decennio. Le radio l’hanno suonata talmente tanto che, anche senza video a supporto, ce la ricorderemo ancora per parecchio. (MB)
Ci sono voluti ben nove anni – e un burnout – a Stromae per pubblicare Moltitude, il suo terzo disco in 12 anni di carriera. L’enfer, il secondo singolo dell’album che racconta proprio questa difficoltà legata alla solitudine e alla depressione, è stato presentato per la prima volta al telegiornale di TF1 dove alla domanda della conduttrice sulla possibilità di liberarsi da certe paure tramite la musica il cantante belga ha risposto – con un colpo di scena – eseguendo il brano. L’enfer (l’inferno) è una canzone intensa e vulnerabile che mette a nudo i sentimenti dell’artista (oltre i suoi pensieri suicidari), nonostante un ritornello che apre vigorosamente in un arrangiamento che ricorda le produzioni di Flume. Potente. (MB)
L’essenza di Taylor Swift in tre minuti e mezzo. Non solo per la melodia, che senti e dici: è lei. Non solo per i tic vocali. Non solo per certi versi da antologia e altri già pronti per essere trasformati in meme, a partire da “It’s me, hi, I’m the problem, it’s me”. Lo è anche per il testo in cui Swift, mischiando severità e autoironia, si presenta come anti-eroina fonte dei suoi stessi problemi, una che interiorizza le critiche che la riguardano, narcisista travestita da altruista, depressa che delude chi la circonda, abile macchinatrice. (CT)
Chi se l’aspettava che una delle canzoni rock dell’anno l’avrebbero fatta i Paramore? Antipasto (con The News uscita a dicembre) dell’album che uscirà a febbraio 2023, This Is Why ha restituito fiducia nella possibilità che il vecchio crossover possa rinvigorirsi e tornare a raccontare qualcosa di significativo, in questo caso gli sbalzi emotivi che molti hanno vissuto negli ultimi due anni, arrivando a pensare di chiudersi fra quattro mura (“This is why I don’t leave the house”). Il bello è che questa canzone invece ti fa venire voglia di uscire di casa e vivere intensamente. Ottimo il video di Brendan Yates, fortissima l’esecuzione da Jimmy Fallon. (CT)
Quando Rosalía ha anticipato il testo di Hentai su TikTok qualcuno c’è rimasto male: troppo sesso, troppo pop, troppa poca tradizione. Ma come ha detto lei nella digital cover di Rolling Stone, perché mai non si può fare una canzone dal punto di vista di una donna padrona dei suoi desideri? La canzone è questa, che prende titolo dal filone di anime, manga e videogiochi espliciti ed è assieme carnale e aggraziata. Rosalía canta di sesso, della pistola rosso papavero del suo uomo, di farglielo diventare duro, di cavalcarlo come una moto, eppure sembra stia pregando. È questo il miracolo di Hentai: è sconcia e delicata, è un’orazione bagnata. (CT)
Lo avevamo segnalato come possibile tormentone dei sogni per quest’estate. Ci è voluto un attimo in più, giusto il tempo che TikTok ne scoprisse le potenzialità, affinché Bad Habit diventasse uno degli inni del 2022. Il brano di per sé ha tutto: un ritornello al miele, una struttura imprevedibile, variazioni e un’indolente, ma sexy performance di Steve Lacy. Tra alternative pop (la chitarra lo-fi che trascina il brano) e l’R&B (di scuola The Internet, la band in cui Lacy ha militato a lungo), Bad Habit è un gioiellino che mette d’accordo mainstream e qualità, un perfetto esempio di come si dovrebbe scrivere una canzone pop oggi: partire dagli schemi prefissati per cercare la propria vibe, la propria interpretazione. Siamo sicuri farà da scuola. (MB)
Schede di Mattia Barro, Filippo Ferrari, Claudio Todesco.