Nella storia della musica ci sono mille esempi di persone talentuose ma per nulla intelligenti e viceversa. Ci sono liste interminabili di interviste composte da risposte scontate, incolori; da dichiarazioni svogliate o semplicemente stupide.
Roba da far rimpiangere i tempi in cui i Motley Crue nascondevano il proprio imbarazzo riguardo a un argomento sbattendo la testa sul tavolo. Ovvio che nessuno vieta a nessuno di manifestare né il proprio talento né la propria idiozia. Se lo si fa senza intaccare il tempo e offendere l’intelligenza altrui va bene; se va a svantaggio della collettività, ossia del lettore, ovvero del pubblico allora è diverso. Dipende, come direbbe Jarabe De Palo – dal senso etico dell’artista in senso stretto. E poi c’è gente come Jack White.
Che Jack sia una persona dotata di un talento senza fondo lo si è ripetuto in lungo e in largo nel corso degli ultimi vent’anni. Cantante e chitarrista con un senso dell’estetica oramai riconoscibile a chilometri di distanza. Audace spinta di tutto il pre-rock che ha caratterizzato gli anni 2000, facendo leva su chitarre atonali e ritmi basici registrati in modo analogico e decisamente rustico è diventato col tempo un punto di rifermento per decine di gruppi e spinta a riprovarci di vecchie glorie come i Royal Trux o gli Half Japanese. Altrettanto, si dice che sia una persona gentile e garbata (a meno che tu non sia il cantante dei Von Bondies, si capisce), oltre che un fine favellatore di aneddoti sempre diversi.
Ma una persona con cui conversare è, più che un piacere, un dono se, a una capacità di raccontare storie divertenti, è in grado di aggiungere riflessioni e un entusiasmo ancora sincero. Soprattutto nel ricordare eventi che hanno caratterizzato la sua storia personale e artistica. Sommandolo magari a una capacità di stupirsi ancora fanciullesca, nonostante si siano superato i quaranta e collezionato già una ventina di copertine solo su NME e solo nell’era White Stripes. Per questo, al di là della sua carriera con la fida Mag White, dei progetti paralleli tra cui l’imminente ritorno a giugno con i Raconteurs, della sua veste di produttore per la Third Man Records e della sua fascinazione per il mondo del cinema, abbiamo fatto una Top 10 atipica. Ovvero quella delle sue dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni, come altrettanti ottimi spunti di riflessione non così scontati, specie di questi tempi. Peccato non poterle supportare con la sua contagiosa mimica facciale, che purtroppo non è possibile riprodurre a parole.
Il narcisismo
“Alla fine credo di essere sempre stato un tipo tosto. Ricordo che andavo ancora a scuola alla Montessori ed eravamo in circolo con gli altri bambini. La maestra ci passò a turno il bongo. Io ero l’ultimo della fila e suonai Shave and a Haircut, Two Bits. Avevo solo cinque anni e già una piccola folla di ragazzi e adulti che andava pazza per me”
Le passioni giovanili
“Questa generazione è praticamente morta. Se chiedi a un ragazzo cosa farà questo sabato ti risponderà che giocherà alla Play o vedrà una serie in Tv, invece di costruire un modellino d’automobile o un aeroplano o fare qualcosa di creativo. Non conosco nessun ragazzo che ti risponderebbe: Signore, sono un appassionato di modellismo!”
La notorietà
“Andy Warhol aveva torto. Quindici minuti di notorietà non servono a nulla. Di sicuro non fanno una carriera. Spesso neanche quindici anni. Le copertine dei giornali, i poster dei tuoi concerti quando arrivi in una città, le interviste alla televisione servono solo a ingrandire il tuo ego ma a poco altro. La carriera di un artista è un impegno a vita, anzi a morte. E’ la morte che determina se hai fatto grandi cose o no. Non perché sei in classifica da sei settimane o da sei mesi. Questo non vuol dire che non puoi finire nel dimenticatoio”.
L’Italia
“Le date in Italia? Le prostitute alla fermata dell’autobus a Roma, tramonti a Milano, baristi appassionati di Howlin’ Wolf e grappa a Bologna, negozianti conciati come i gestori strip club ma meno onesti, slow food anche nei fast food, undicenni in fila per entrare con il papà, e un sacco di altri meravigliosi casi umani che mi hanno fatto sentire a casa!”
Jack
“Il segreto del mio talento credo sia nel sentirmi sempre un po’ così. Che non è proprio come essere depressi, e neanche come essere ansiosi. E’ piuttosto un mix delle due cose. Le cose non vanno così male ma c’è un senso di insoddisfazione perenne che stranamente mi aiuta. La mia musica suona come se fosse stata composta sempre sotto una debole pioggerellina.”
Amy Winehouse
“Amy Winehouse ha inventato il soul bianco? Ma che cazzata! Ha creato qualcosa di fresco e lo ha confezionato in un pacco irresistibile per non volerlo scartare. E’ stata una brutta idea? Ovviamente no, basta che vedi quanto ci sono rimaste sotto Duffy o Lana del Rey o Adele. Pensi che venderebbero 50 milioni di dischi se l’originale fosse ancora viva?”
Il punk rock
“Punk oramai è una definizione vuota. Punk per me è tutto ciò che è rabbioso, cattivo, è l’espressione di uno stato d’animo. Iggy Pop era uno stato d’animo, che fosse punk mica lo sapeva lui. In alcuni momenti anche io sono punk, o perlomeno così io mi percepisco. Per qualcuno questo discorso potrà sembrare sacrilego ma per qualcun altro persino umile.”
I dischi
“Non capisco come facciano le nuove generazioni ad avere rimosso l’idea del possesso. Io volevo avere la collezione di dischi più bella della mia scuola. Non ci dormivo la notte se un compagno aveva un disco che io non avevo. Si passava dalla raccolta delle figurine a quella dei dischi. Adesso quando vedo un ragazzo con un disco in mano il mio cuore batte più forte tanta è l’emozione. E’ come vedere qualcuno che legge sulla metro, affini lo sguardo per essere certo di averci visto bene. Se non collezionano dischi, che cosa collezionano questi ragazzi?”
Il mainstream
“Il mainstream si è ridimensionato: i dischi di successo vendono venti volte meno di venti anni fa, i numeri in sala al cinema non sono gli stessi. Io stesso ho nazioni che non visito da oltre 10 anni a causa delle vendite. E’ possibile che il mainstream sia diventato solo una nicchia un po’ più grande delle altre. Così, se non esiste più il mainstream, non esiste più nemmeno la cultura alta, fiera e granitica che gli si opponeva un tempo ma un groviglio di subculture intrecciate che volenti e nolenti si influenzano vicendevolmente.”
La tecnologia
“Parliamoci chiaro: la tecnologia è il più grande killer delle emozioni e della verità. L’idea del autotune non fa un bel nulla per la creatività. Certo, ti fa lavorare più veloce e ti fa tornare a casa prima. Un sacco di pusher saranno più felici ma non ti rende una persona più creativa. E’ una vera malattia e come tale dovrebbe essere combattuta senza remore.”