Bob Dylan ragionava su come comunicare dal punto di vista visivo prima ancora di firmare un contratto discografico. Era stato il folksinger Dave Van Ronk a consigliargli di pensare anche all’immagine e lui, come ricordava la fidanzata Suze Rotolo, «passava un sacco di tempo di fronte allo specchio, provando un vestito stropicciato dopo l’altro, fino a quando non sembrava che si fosse appena alzato dal letto e si fosse buttato addosso cose a caso. L’immagine era tutto».
Quindi, gente, accorrete a giudicare Dylan per una volta per la sua immagine, o meglio, le sue immagini. Quella che segue è infatti una classifica dei suoi 40 album in studio, ordinati in base alla riuscita della copertina (abbiamo escluso i dischi d’archivio come quelle della Bootleg Series e i greatest hits). È relativamente facile individuare una copertina eccezionale col senno di poi, ma qui si vuole indagare anzitutto il modo in cui Dylan ha scelto di presentarsi al pubblico in tempo reale. A volte ha realizzato copertine iconiche, sia studiate che spontanee; altre volte le ha trattate senza alcun riguardo.
Se non altro, alcune delle copertine peggiori svelano la sua ossessione per le maschere e i costumi, come evoca quel verso su Einstein travestito da Robin Hood. Dylan sapeva come stare di fronte alla macchina fotografica, eppure spesso preferiva restare anonimo, nascondendosi dietro a una maschera, appunto. «Mi è venuto una sorta di complesso della fotocamera», diceva nel 1967.
Knocked Out Loaded
1986
L’immagine è presa dalla copertina del numero di gennaio 1939 della rivista pulp Spicy-Adventure Stories: una donna in sarong giallo sta per spaccare un’urna sulla testa di un bandito che strangola un uomo. Sfortunatamente l’immagine sembra goffa e amatoriale giacché, da rettangolare che era, è stata schiacciata fino a diventare quadrata. Se non altro una copertina così sciatta avvertiva gli acquirenti che la musica contenuta nell’album era altrettanto mediocre.
Saved
1980
Stando al pittore Tony Wright, l’immagine è ispirata direttamente a una visione di Dylan: la mano di Gesù che si protende verso gli uomini. In alcune ristampe dell’album l’illustrazione è stata sostituita da un altro dipinto di Wright che ritrae Dylan sul palco e questo perché la prima versione era troppo smaccatamente religiosa e sembrava che Cristo stesse cercando di dare il cinque ai Minnesota Timberwolves.
Dylan
1973
«Ho cercato di parlare con lui», ha detto il fotografo Al Clayton, «ma ogni volta che intavolavo un argomento diceva: “Non ne so niente”. Era completamente chiuso in se stesso e molto distaccato». Non sorprende che Clayton non si sia spinto oltre l’immagine superficiale di Dylan, stupisce semmai che l’immagine sia stata colorata con strisce rosse, gialle e viola.
Triplicate
2017
Il minimo sindacale per la copertina di un album di Dylan: vai nel menu dei font, scegli un carattere a caso e via. Se non altro era Goudy Text e non Comic Sans.
Pat Garrett & Billy the Kid
1973
Appena più convincente di Triplicate perché il font (una versione leggermente modificata del Plymouth) sembra appropriato per la colonna sonora di un western e perché per la fotocomposizione di un titolo, nel 1973, si doveva lavorare con un taglierino X-Acto ed era facile tagliarsi, se non si stava attenti.
Fallen Angels
2016
Bob Dylan merita di meglio di qualche foto di repertorio di vecchie carte da gioco. Anche quando rifà Polka Dots and Moonbeams.
Down in the Groove
1988
Nella discografia di Dylan ci sono un po’ di copertine fuori fuoco, ma con una sfocatura che aggiunge una patina di mistero, facendo intendere che lui, per certi aspetti, è insondabile. E poi c’è questa, che dà l’idea che non gliene freghi niente di dedicare più di cinque minuti a una session fotografica.
Tempest
2012
Giudicate voi: è la fotografia di una statua che fa parte di una fontana piazzata davanti a un edificio governativo, a Vienna. Forse è un tentativo di dare a Dylan una patina di raffinata cultura europea che, un giorno, potrebbe portarlo a vincere un premio Nobel? In verità sembra più uno scarto della sua campagna pubblicitaria per Victoria’s Secret. C’erano molte altre immagini che potevano evocare la tempesta e non sono state sfruttate: Dylan vestito da Prospero; Dylan che ottiene un punteggio elevato nel videogioco dell’Atari del 1981; Dylan che tiene in mano un bicchiere d’acqua…
Empire Burlesque
1985
Qui Dylan si veste come una rockstar anni ’80, di quelle coi video che passano su MTV, in abito grigio con le maniche arrotolate e spalline enormi (ci piacerebbe sapere se è un completo costoso). Ma l’abbigliamento non ha nulla di spiritoso, è solo un tentativo di adeguarsi ai trend del momento.
Rough and Rowdy Ways
2020
È la versione colorizzata di una foto del 1964 scattata in Inghilterra da Ian Berry. Da una ventina d’anni a questa parte, la maggior parte delle copertine degli album di Dylan non contengono foto sue e, cosa ancora più strana, non sembrano essere frutto dei suoi pensieri e delle sue ossessioni. Sono tutto sommato di classe e si presume che Dylan le approvi a un certo punto, ma molte sembrano frutto del gioco “l’art director deve indovinare che cosa passa per la testa di Bob”.
Shot of Love
1981
L’ascesa di Roy Lichtenstein nel mondo dell’arte è stata parallela a quella di Dylan nella musica: tra il 1961 e il 1965 ha fatto scalpore con i suoi dipinti pop art, ricchi di retinature tipografiche e immagini rielaborate dai fumetti. Questa copertina potrebbe essere una riflessione consapevole sulle loro carriere parallele, ma l’illustrazione di Pearl Beach non è che una copia dello stile di Lichtenstein, senza alcun messaggio particolare. Come accade con certe esplosioni, la copertina è rumorosa senza essere illuminante.
Under the Red Sky
1990
Dopo l’apocalisse, col cielo rosso per il fallout nucleare, Bob Dylan se ne starà accovacciato fra le rovine con ai piedi delle scarpe vistose.
Good As I Been to You
1992
Dopo essere stato un autore rinomato di copertine di album (Bruce Springsteen, Jackson Browne), Jimmy Wachtel si è dato ai manifesti per il cinema. È stato chiamato per fotografare Dylan. Si è fatto prestare una macchina fotografica ed è andato a casa di Dylan, a Malibu. Ricorda: «Ho riempito un rullino e poi dovevo cambiarlo, eravamo prima dell’avvento del digitale, ma non riuscivo a togliere la pellicola dalla macchina fotografica. A quel punto mi ha detto: “Forse dovremmo chiamare un altro fotografo”. Ho tenuto duro». Nell’intento di ravvivare lo scatto, Wachtel ha regalato la camicia a Dylan, pagandola di tasca propria. «Avrebbe chiaramente potuto permettersene una, ma volevo fargli un regalo». Così in copertina c’è quella camicia a righe. E il taglio è verticale, come quello di un manifesto cinematografico.
Infidels
1983
Nella maggior parte delle copertine degli album di Dylan nome e occupano uno spazio equivalente (a volte mancano entrambi). In questa, Infidels è piccolissimo, ma “BOB DYLAN” è strillato come se fosse un titolo di giornale. Il compito di vendere il disco è affidato a quelle lettere maiuscole tutte nere, perché Dylan nella foto ha un’aria scontrosa e distaccata. Gli occhiali da sole riflettono la striscia bianca di una highway, davanti a lui: forse non sa dove sta andando, ma di sicuro non rimarrà lì.
Modern Times
2006
Quando Dylan aveva 6 anni, New York era così: luci bianche e brillanti su Broadway, taxi che sfrecciavano troppo velocemente per essere immortalati dai fotografi, luci elettriche accese tutta la notte per avvicinarci un giorno di più al futuro. Ted Croner ha evocato quell’energia in questa fotografia del 1947 intitolata Taxi, New York at Night. Lo scatto ci ricorda che l’accezione comune di “moderno” può essere molto diversa da quella di Dylan.
Planet Waves
1974
Dopo aver lasciato brevemente la Columbia per la Asylum, Dylan ha preso in mano la direzione artistica dei propri lavori, creando lui stesso la copertina dell’album con della vernice nera (forse inchiostro). Non ci ha messo il suo nome, ma ha incluso le scritte “moonglow” e “cast-iron songs & torch ballads”, che però, come descrizione, non hanno funzionato al pari di “thin wild mercury music”. Se Dylan voleva che la figura centrale in copertina fosse un autoritratto, allora si è disegnato con un cuore luminoso piazzato sul lato sbagliato del petto e un’àncora che gli schiaccia la testa.
Christmas in the Heart
2008
Con un’illustrazione vintage e nessun ammiccamento, questa copertina comunica perfettamente che viviamo in un mondo in cui Bob Dylan ha registrato un album di Natale. Se Dylan dovesse mai interpretare Babbo Natale in un film natalizio, cosa che peraltro non escludiamo, faremo pressione perché si intitoli Miracle on Positively Fourth Street.
John Wesley Harding
1967
Un contraltare austero alla copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, uscito all’inizio dello stesso anno, che vedeva Dylan nel gruppo di celebrità cartonate immortalate insieme ai Beatles. Qui, Dylan è accanto a Purna e Luxman Das, musicisti-studiosi-mistici della tradizione Baul del Bengala, e al falegname Charlie Joy. Chiunque ci fosse, accovacciato davanti a loro con un cappello da cowboy bianco, è tagliato dalla foto ed è stato dimenticato dalla storia. «Era il giorno più freddo dell’anno», ha raccontato John Berg, il fotografo (che era anche direttore artistico della Columbia Records), al sito Untold Dylan. «C’erano qualcosa come 20 gradi sotto zero. Faceva così freddo che siamo corsi tutti fuori, i Baul, l’artigiano del legno e chiunque altro fosse lì, abbiamo scattato un po’ di fotografie finché è stato possibile e siamo rientrati di corsa, a farci un brandy».
Slow Train Coming
1979
La Columbia e Dylan non riuscivano ad accordarsi su come confezionare il suo primo album dopo la conversione al cristianesimo. L’incarico è stato affidato all’illustratrice Catherine Kanner, che ha avuto un solo giorno a disposizione per disegnare un’illustrazione accettabile, con il graphic designer Bill Stetz che letteralmente le teneva il fiato sul collo. Il treno e l’uomo con l’ascia erano richieste esplicite di Dylan. «Nel mio schizzo originale avevo disegnato l’ascia come sarebbe stata nella realtà», ha detto l’autrice, ma Stetz ha insistito «perché allungassi la parte superiore, in modo che assomigliasse a una croce».
Together Through Life
2009
La foto è un’immagine incredibile del 1959 scattata da Bruce Davidson: ritrae una coppia che si bacia sul sedile posteriore di un’automobile. Evoca il Never Ending Tour di Dylan e la vita on the road: l’auto è in movimento, ma il tempo si ferma per i due giovani amanti. La lezione spietata per un cantautore che invecchia è che, per vedere la passione sul sedile posteriore, non può guardare la strada che ha davanti a sé.
Time Out of Mind
1997
Questa foto sfocata, scattata dal produttore dell’album Daniel Lanois, racconta il posto dove Dylan ha passato molti dei suoi giorni e delle sue notti: in una sala d’incisione. Tiene in mano la chitarra acustica come fosse uno scudo, mentre dell’attrezzatura da studio di registrazione all’avanguardia lo circonda come un fortino.
Self Portrait
1970
Se sulla copertina di un album intitolato Self Portrait c’è un dipinto di Bob Dylan che non gli somiglia molto, vuol dire che lui non è un granché come pittore? Oppure che lui si vede in modo diverso da come lo vediamo noi? O ancora che, in realtà, stava ritraendo qualcun altro e che ci stava prendendo in giro perché non riusciamo a scindere l’arte dall’uomo?
Shadow Kingdom
2023
La copertina è un fotogramma di Shadow Kingdom: The Early Songs of Bob Dylan, un film-concerto artistoide, in bianco e nero, diretto da Alma Har’el. Con un’aura arrogante e il volto che scompare nella penombra, Dylan qui si presenta come il re occulto del goth.
New Morning
1970
Sereno, con la barba, calmo: Dylan ha tirato avanti per anni a forza di sigarette e ostinazione, ma qui sembra un uomo che ha appena iniziato a praticare yoga e ha finito una cura depurativa a base di succhi.
Shadows in the Night
2015
Per questa raccolta di standard tratti dal canzoniere americano, l’art director Geoff Gans ha ideato una copertina spiritosa: un packaging che arriva da un universo alternativo in cui Dylan ha avuto una carriera da crooner jazz di punta della Blue Note.
Another Side of Bob Dylan
1964
Per anni, la procedura standard dei fotografi a cui veniva commissionata la copertina di un disco di Dylan è stata fare una passeggiata con lui e stare a vedere cosa succedeva. Il sito web Popspots ha ricostruito il giro di Dylan con il fotografo Sandy Speiser, durante lo shooting per la copertina del suo quarto album. Hanno passeggiato per Manhattan fermandosi per uno scatto in posa davanti a un negozio di articoli da regalo che aveva in vetrina delle maschere di Jackie Kennedy e Charles de Gaulle e poi sono andati a sparare col fucile in una sala giochi. All’angolo tra Broadway e la 52a strada, Dylan si è messo in posa con una gamba appoggiata alla base di un lampione: in quel momento era solo un newyorkese qualunque in mezzo alla folla, immerso nei propri pensieri.
Oh Mercy
1989
Dylan non aveva tempo per una fotografia e ha suggerito di usare un murale dell’artista Remerro Trotsky Williams, intitolato Dancing Couple: l’aveva visto su una parete accanto a un ristorante cinese, vicino allo studio di registrazione Power Station di New York. Il dipinto è realistico, ma eseguito su mattoni; i due protagonisti sembrano essere più presi dalla musica che stanno ascoltando che non l’uno all’altro. In altre parole, la foto del murale funziona, perché evoca alcune contraddizioni di Dylan stesso.
Bob Dylan
1962
Un Dylan appena ventenne, con addosso una giacca di montone e un berretto da marinaio, posa titubante per il fotografo Don Hunstein. La foto è ribaltata, in modo da non coprire il logo della Columbia piazzato nell’angolo in alto a sinistra, ma immortala comunque il momento appena prima che Dylan capisse chi era.
Love and Theft
2001
Per questo scatto che ritrae un Dylan coi baffetti, il fotografo Kevin Mazur ha presenziato alle session di registrazione dell’album, cercando di non farsi vedere finché non è giunto il momento giusto. Come ha raccontato lui stesso: «Bob a un certo punto, durante le registrazioni, ha detto a qualcuno: “Amico, credo che dovresti far venire Kevin per le foto”. Io mi ero nascosto dietro una grossa cassa. Sono spuntato fuori e ho detto: “Sono qui, Bob”. Ha fatto un salto. L’ho spaventato a morte».
Blood on the Tracks
1975
Questo non è un dipinto che ritrae Bob Dylan: è una foto scattata da Paul Till fra il pubblico di un concerto del 1974 al Maple Leaf Gardens di Toronto. Till ha utilizzato una tecnica di camera oscura chiamata effetto Sabattier che produce una specie di doppia esposizione (un positivo e un negativo della stessa immagine), e ha colorato tutto a mano. Ha cercato l’indirizzo del management di Dylan e ha mandato una copia della fotografia. «Mi sarei accontentato di ricevere una lettera di risposta», ha detto, ma invece la sua illustrazione è finita sulla copertina dell’album successivo di Dylan. Risultato: «Dopo Blood on the Tracks, ho capito che sarei diventato un fotografo professionista».
Street Legal
1978
Dylan fotografato da Howard Alk per le strade di Santa Monica: maniche arrotolate, a caccia di emozioni e senza fede al dito.
Nashville Skyline
1969
Nel 1969, un Dylan sorridente sembrava qualcosa di radicale e coraggioso. Secondo il fotografo Elliott Landy, questa foto non è stata scattata a Nashville, ma a Woodstock, New York. Nel suo libro Woodstock Vision si legge che «mi ha chiesto: “Pensi che dovrei indossarlo?”, mettendosi il cappello e sorridendo, perché era una specie di scherzo e lo divertiva immaginarsi con quel copricapo tradizionale un po’ sciocco. “Non so”, ho detto mentre scattavo. È successo tutto velocemente. Se avessi avuto un minimo di esitazione, mi sarei perso la fotografia che è poi diventata la copertina di Nashville Skyline. È meglio essere sempre pronti nella vita».
World Gone Wrong
1993
Una volta Dylan ha svegliato Dave Stewart degli Eurythmics alle 4 del mattino per chiedergli di organizzare, quel giorno stesso, le riprese per il video della sua canzone Blood in My Eyes. Stewart ha accettato e, poche ore dopo, l’ha accompagnato in un tour picaresco di Londra, riprendendolo con una cinepresa da 8 mm. Dylan portava un cappello a cilindro e interagiva allegramente con degli sconosciuti; per Stewart la giornata era stata sufficientemente surreale da dover essere ulteriormente documentata, così ha chiamato la sua amica imperturbabile, la fotografa colombiana Ana María Vélez Wood che appena 48 ore prima era stata nella giungla amazzonica. È stata lei a scattare in un caffè di Camden Town la foto che è diventata la copertina di World Gone Wrong: uno scatto improvvisato che sembrava essere preparato accuratamente per mostrare un uomo di un’epoca passata che ha ancora cartucce da sparare.
The Basement Tapes
1975
Come si poteva rendere lo spirito anarchico di queste session famosissime, spesso bootlegate, ma non immortalate in foto? Per la pubblicazione, otto anni dopo la registrazione, Dylan e The Band hanno ingaggiato il fotografo Reid Miles perché avevano apprezzato la sua copertina dell’album Underground di Thelonious Monk, del 1968. Lo scatto è stato fatto nel seminterrato della YMCA di Hollywood; coi musicisti ci sono anche persone vestite da artisti da circo e da protagonisti di canzoni come Quinn the Eskimo. Per rendere ancora più felliniano il tutto, anche Dylan e la band si sono travestiti, qualcuno indossando delle divise militari. Dato che i brani stati concepiti come demo da sottoporre ad altri interpreti, l’album e la copertina hanno il mood scherzoso di una festa di Halloween. A volte la musica può essere un travestimento.
The Times They Are A-Changin’
1964
Un anno prima, Dylan e il fotografo Barry Feinstein avevano viaggiato insieme da Denver a New York, guidando una Rolls-Royce del manager di Dylan, Albert Grossman (una foto dei piedi di Dylan che sporgono dal finestrino della Rolls-Royce è finita sulla copertina dell’album Delaney & Bonnie & Friends on Tour With Eric Clapton del 1970). Così Dylan si è fidato di Feinstein quando il fotografo l’ha portato nell’attico di un amico, a New York, e l’ha immortalato sul balcone con uno sguardo incisivo e deciso. Nel suo libro Real Moments, Feinstein scrive: «Non ho dovuto scattare molte foto perché ho capito subito che quell’inquadratura e quell’angolazione erano molto insolite ed era un momento speciale».
Blonde on Blonde
1966
È la prima delle tre apparizioni di questa giacca in pelle marrone sugli album di Dylan: l’avremmo vista di nuovo in John Wesley Harding e Nashville Skyline. Non teneva molto caldo ed è stato un problema nella gelida giornata invernale in cui Dylan e il fotografo Jerry Schatzberg hanno passeggiato nel Meatpacking District di New York. Entrambi tremavano dal freddo, motivo per cui la foto è sfocata: Schatzberg non riusciva a tenere ferma la macchina fotografica. La sfocatura, tuttavia, conferisce allo scatto un’atmosfera leggermente enigmatica e allucinogena. Schatzberg pensava che la Columbia non avrebbe mai approvato una foto fuori fuoco, ma Dylan ha insistito. «È stato fantastico», ha detto Schatzberg, «Bobby è uno che ottiene quel che vuole».
Desire
1976
Secondo i suoi calcoli, Ken Regan ha fatto 13.750 foto a Dylan e ai suoi collaboratori durante la Rolling Thunder Revue. Lo scatto utilizzato per la copertina di Desire risale al primo giorno di tour e mostra Dylan con un look favoloso: cappello di feltro grigio, sciarpa, cappotto col collo di pelliccia. Certo, sulla copertina del suo album da solista del 1970 John Phillips aveva un abito molto simile. Ma Dylan si è aggiudicato il concorso “A chi sta meglio?” perché sembrava un membro particolarmente dissoluto della spedizione di Lewis e Clark in procinto di partire per esplorare degli Stati Uniti.
Highway 61 Revisited
1965
Dylan è seduto sui gradini fuori dall’appartamento di Albert Grossman a Gramercy Park ed è insieme al suo amico Bob Neuwirth, chiamato dal fotografo Daniel Kramer per riempire l’inquadratura. «Ma non era questo il piano», ha detto Kramer. «Non era nemmeno previsto che facessimo una foto del genere». Anche con i capelli a forma di cotton fioc, Dylan è l’incarnazione della coolness. Indossa una camicia di seta sopra una maglietta della Triumph Motorcycles, tiene in mano degli occhiali da sole e ha uno sguardo provocatorio che, in sé, è già elettrico. Ma è Neuwirth con quella macchina fotografica presa in prestito a rendere la foto ciò che è: non stiamo solamente guardando il ritratto di un cantante, ma in qualche modo siamo testimoni del momento in cui la foto sta per essere scattata, come se fossimo spettatori ai margini della storia.
Bringing It All Back Home
1965
Una caccia al tesoro nel bel mezzo di un vortice di emozioni. Dylan posa insieme a un gatto (che si chiama Rolling Stone o Lord Growing, a seconda di chi si interpella) e a Sally Grossman (la moglie di Albert). Sono circondati da frammenti di cultura della metà degli anni ’60: libri, pamphlet, riviste con foto di Lyndon Johnson e Jean Harlow, un cartello preso da un rifugio antiatomico, dei gemelli da polso (un regalo di Joan Baez) e dischi di Robert Johnson, Ravi Shankar, Lotte Lenya, Eric Von Schmidt e degli Impressions. L’album precedente di Dylan, Another Side of Bob Dylan, è piazzato in fondo, il più lontano possibile dall’obiettivo. Il fotografo Daniel Kramer ha creato l’effetto fisheye con una doppia esposizione, ruotando la macchina così da rendere quel mondo sfocato per tutti eccetto che per Dylan, che guarda nell’obiettivo e accetta il fatto di essere il centro dell’universo. Kramer ha impiegato diverse ore per ottenere dieci scatti: quello della copertina era l’unico in cui Dylan, Grossman e il gatto guardavano tutti contemporaneamente in macchina.
The Freewheelin’ Bob Dylan
1963
Bob Dylan cammina per il Greenwich Village con la fidanzata Suze Rotolo che è tornata a New York dopo un viaggio di studio in Italia. È stato il fotografo Don Hunstein a fermare quest’immagine traboccante d’amore, d’arte e delle opportunità infinite della giovinezza (Cameron Crowe l’ha ricreata in maniera memorabile con Tom Cruise e Penelope Cruz nel film Vanilla Sky). Stando a Rotolo, lei e Dylan erano a dir poco infreddoliti: «Io avevo un paio di maglioni, uno era il suo, spesso e fatto a mano. Quando guardo quella foto mi vedo sempre come una salsiccia italiana per gli strati di vestiti che indossavo. Si congelava». Sia lei che Dylan hanno imparato da giovani quanto possa essere lontana dalla realtà un’immagine e come, spesso, valga comunque la pena immortalarne una memorabile.
Da Rolling Stone US.