Meet the Beatle: la carriera solista di Ringo Starr in 15 canzoni | Rolling Stone Italia
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Meet the Beatle: la carriera solista di Ringo Starr in 15 canzoni

Sì, perché non esistono solo i dischi di Paul McCartney, John Lennon e George Harrison. Un veloce ripasso

Meet the Beatle: la carriera solista di Ringo Starr in 15 canzoni

Tre volte Ringo Starr

Foto: Scott Robert Ritchie

Dopo lo scioglimento dei Beatles, i tre frontmen non hanno avuto problemi a imporsi come solisti: John Lennon l’ha fatto con pezzi come Imagine e Give Peace a Chance, George Harrison ha pubblicato All Things Must Pass ed è diventato un Traveling Wilbury, Paul McCartney ha fatto di tutto. È un lusso che Ringo Starr non s’è potuto permettere.

Ha sì avuto una serie di successi nei primi anni ’70, ma è rimasto per lo più lontano dai riflettori, riapparendo di tanto in tanto come session man (ha suonato la batteria per Bob Dylan, Tom Petty, Ben Harper e altri) o come doppiatore. Ma ha pubblicato una ventina di dischi solisti da cui abbiamo selezionato queste 15 canzoni.

Sentimental Journey

1970

Ringo Starr - Sentimental Journey

Per un certo periodo subito dopo la fine drammatica dei Beatles Starr si è allontanato dal rock e ha registrato una serie di vecchi standard come Night and Day, Stardust e la title track del suo album di debutto solista Sentimental Journey. Ok, non è il repertorio migliore per le sue modeste doti vocali, ma il risultato ha comunque un suo fascino. E poi ci sta che i casini e le cause legali derivate dallo scioglimento l’abbiano spinto a rifugiarsi in un tempo in cui le cose sembravano essere più semplici. Aveva da tempo l’idea di fare un disco del genere e alla fine ha scelto i pezzi col contributo dei genitori e in particolare della madre.

Beaucoups of Blues

1970

Beaucoups Of Blues

Lo stile vocale di Ringo è sempre stato adatto alla musica country. Con l’aiuto del leggendario session man Pete Drake, mago della pedal steel, il batterista è andato a registrare il secondo album solista Beaucoups of Blues a Nashville, dove non era mai stato prima. C’è un po’ di Elvis in queste session. Scotty Moore, celebre primo chitarrista di Presley, lavorava al Music City Recorders e i Jordanaires forniscono le loro eleganti armonie vocali.

It Don’t Come Easy

1971

Quasi un’anticipazione del soft rock che si sarebbe imposto nel corso del decennio, It Don’t Come Easy è forse il pezzo più noto di Starr. Greil Marcus l’ha messo allo stesso livello di God di John Lennon e prima di George Harrison. In I Wanna Be Sedated: Pop Music in the Seventies Phil Dellio e Scott Woods hanno definito It Don’t Come Easy e Photograph «forse i due migliori singoli post-Beatles in assoluto». Non male per un pezzo alla Phil Spector di tre minuti, arricchito con ottoni, piatti e un coro in stile gospel fornito da due membri dei Badfinger.

Early 1970

1971

«Coi Beatles tutto bene», diceva rassicurante Starr nel marzo 1970. Un mese dopo è stato ufficializzato lo scioglimento. Sei mesi dopo ha inciso questo pezzo inizialmente relegato a lato B di It Don’t Come Easy. È una specie di rap in cui fa autoironia sulle sue capacità strumentali (“Non suono il basso perché lo trovo troppo difficile”) mentre si chiede quali dei suoi ex compagni (o “Knights”, come nella prima versione del titolo) suoneranno con lui quando passeranno in città. Paul forse, John di sicuro, George già presente e difatti alla slide e al piano c’è proprio lui.

Back Off Boogaloo

1972

Ringo Starr - Back Off Boogaloo

Nel 1972 il glam era la next big thing in Inghilterra e a Starr lo stile dei T-Rex piaceva come a tutti. Ha diretto il documentario Born to Boogie basato su un concerto della band allo Stadio di Wembley e si è fatto influenzare da Marc Bolan in questo pezzo che amava a tal punto da riregistrarlo una decina d’anni dopo con le armonie vocali Harry Nilsson e l’aggiunta di citazioni varie dei Beatles.

Photograph

1973

Mentre passava il tempo su uno yacht al largo della Francia, tra il matrimonio di Mick Jagger e il Festival di Cannes (ah, gli anni ’70), Starr iniziò a collaborare con George Harrison per quello che sarebbe diventato il suo primo numero uno negli Stati Uniti. È Jack Nitzsche, in passato complice di Phil Spector, a creare il wall of sound su cui irrompe un assolo del grande sassofonista Bobby Keys.

I’m the Greatest

1973

John Lennon che l’aveva scritta si rese conto che il testo vanaglorioso della canzone lo avrebbe fatto sembrare (di nuovo) un idiota. In bocca a Ringo, che per l’occasione ritira fuori il suo alter ego di Sgt. Pepper’s Billy Shears suona invece ironica. È l’unica registrazione in cui compaiono tutti e quattro i membri dei Ladders, mitico gruppo post Beatles che si diceva comprendesse John, George, Ringo e Klaus Voorman al basso al posto di Paul McCartney.

You’re Sixteen You’re Beautiful (And You’re Mine)

1973

Ringo Starr - You're Sixteen You're Beautiful (And You're Mine)

Al di là della differenza di età con la protagonista (Starr all’epoca aveva 33 anni), perché mai un ex teddy boy come lui avrebbe dovuto riproporre la canzone con cui la star del rockabilly Johnny Burnette, quello di Train Kept A-Rollin’, era diventato un teen idol nel lontano 1960? Forse perché l’originale di Burnette, più breve di quasi un minuto, era apparso nel film American Graffiti pochi mesi prima. La versione di Ringo, il suo secondo e ultimo singolo ad andare al numero uno negli Stati Uniti, ha un piano più ragtime, cori doo-wop offerti a quanto pare da Harry Nilsson, McCartney che suona un kazoo o forse ne imita il suono, e una citazione del canto marinaresco What Shall We Do With A Drunken Sailor?.

Oh My My

1974

È il 1974 e Starr ha avuto negli Stati Uniti lo stesso successo degli altri ex Beatles. Oh My My è il suo quinto singolo ad entrare nella top 10 americana. Al piano c’è Billy Preston, i cori soul sono forniti da Merry Clayton e Martha Reeves. È stata rifatta da Ike & Tina Turner e da Bette Midler.

Snookeroo

1974

Scritta da Elton John e Bernie Taupin pensando alla giovinezza di Ringo nel Merseyside, Snookeroo è un pezzo pianistico nel filone di Social Disease o Saturday Night’s Alright for Fighting. Ringo canta con entusiasmo di essere cresciuto in una città operaia dell’Inghilterra settentrionale, di aver infranto le regole , di aver desiderato un’operaia e di aver visto la mamma distrutta dall’alcol e la loro piccola casa demolita.

No-No Song

1974

Nella canzone offrono a Ringo erba dalla Colombia, coca da Maiorca (si sente anche il naso che tira su) e alcolici di contrabbando dal Tennessee. Lui rifiuta tutto. L’autore è Hoyt Axton, quello di Joy to the World e Greenback Dolla. La sua versione più in stile mariachi uscì poco dopo quella di Starr. L’ispirazione pare nega da un pezzo della Rodesia registrato per la prima volta nel 1947 chiamato Skokiaan, titolo che viene effettivamente riportato su alcune stampe dei dischi di Ringo.

(It’s All Down to) Goodnight Vienna

1975

[It's All Down To] Goodnight Vienna

Un rock’n’roll in stile New Orleans scritto da Lennon, il suo titolo significa “è tutto finito”. E per Ringo tutto finisce sul fronte delle hit dopo questo successo minore. Nemmeno il suo carisma riesce a ravvivare il rock un po’ troppo patinato dei suoi ultimi due album anni ’70.

Wrack My Brain

1981

Ringo Starr - Wrack My Brain - Clip - 1981

Nel 1980 Ringo spera di tornare con forza sulle scene grazie a due pezzi di Lennon e a uno di Harrison. I primi due diventano off limits dopo l’omicidio del Beatle. La demo di Nobody Told Me viene accantonata e poi recuperata nella versione di Lennon in Milk and Honey, mentre la giocosa melodia country di Life Begins at 40 suonava quasi macabra da tanto era inappropriata. In quanto a Harrison, decide di tenersi All Those Years Ago come tributo a Lennon e a Ringo dà in cambio la divertente Wrack My Brain. È l’ultima volta che entra con un singolo nella classifica americana, al numero 38.

Weight of the World

1992

Ringo Starr - Weight Of The World - Clip - 1992

Tornato in forma dopo i tour con la All-Starr Band, Starr registra il suo primo album dopo quasi un decennio. Si intitola Time Takes Time ed esce nel 1992. Il singolo di lancio è la sua canzone migliore dagli anni ’70. Il produttore Don Was la arrangia con chitarre 12 corde alla George Harrison, facendola sembrare un pezzo dei Traveling Wilburys.

Walk with You (con Paul McCartney)

2009

Ringo Starr and Paul McCartney - Walk with you

L’idea iniziale di Ringo era scrivere un pezzo su Dio dal sapore gospel. Il co-autore Van Dyke Parks lo trasforma in un brano più laico sull’amicizia che dura negli anni. È il tema perfetto per una collaborazione tra i due Beatles superstiti, all’epoca ormai prossimi ai 70 anni d’età.

Da Rolling Stone US.