Quest’anno sono scoccati i 40 anni dalla pubblicazione del suo primo album solista (che poi tanto solista non è) ed è venuto spontaneo fare un poco il punto su Nick Mason. Il celebratissimo batterista dei Pink Floyd infatti è tutto meno ciò che sembra. Diciamoci la verità, cosa appare oggi Mason se non un multimilionario appagato, assai più sensibile alla sua collezione di auto di lusso che alla musica? Certo, negli ultimi anni ci sono stati i Saucerful of Secrets che sono stati un bel batticuore per i nostalgici dei Floyd d’annata (quelli del periodo ’67-71), ma di nuova carne al fuoco nemmeno a parlarne. Il buon Nick è da tempo seduto sugli allori del suo glorioso passato nel quale ha dimostrato che si può raggiungere un successo spropositato non essendo nemmeno dei musicisti dotati di tecnica straordinaria.
In questo frangente però non è il Nick Mason batterista dei Pink Floyd a interessarci bensì il personaggio che nel corso degli anni ’70 stupì non pochi appassionati. Se analizziamo i progetti nei quali viene coinvolto in quel periodo scopriremo infatti un artista sempre in movimento che dà il suo contributo ad alcuni dischi destinati a lasciare tracce indelebili. Ancora prima di azzeccare con loro il colpaccio di The Dark Side of the Moon Nick si distingue dai suoi compari per la voglia di misurarsi con un sacco di esperienze diverse, dalla produzione di altri artisti alle joint venture con musicisti ben più preparati di lui. Quanti hanno notato il fondamentale coinvolgimento di Mason all’interno di certi essenziali dischi canterburiani? E quanti avrebbero realizzato un album “solista” come Fictitious Sports facendo un passo indietro e concedendo tutta la ribalta ad alcuni mostri sacri del jazz più avanguardista? Chi glielo faceva fare a mettersi insieme ai fricchettoni Gong quando avrebbe potuto passare il suo tempo nella lussuosa magione acquistata con i proventi di Dark Side? Perché mischiarsi con il punk in epoca di “I hate Pink Floyd”? Perché tirare fuori dall’anonimato i misconosciuti Principal Edwards Magic Theatre?
È una questione di curiosità, coraggio, voglia di mettersi in gioco, volontà di esplorare nuovi territori. Anche un grande senso di amicizia nei confronti di colleghi meno fortunati di lui. Certo, in seguito Mason comincerà a pensare più alle Ferrari che alle collaborazioni innovative, ma intanto ci siamo resi conto di avere un bel mucchietto di dischi da tramandare ai posteri, alcuni veri e propri capisaldi. Ne abbiamo raggruppati otto in ordine di uscita, tra solisti, produzioni e collaborazioni. I più rappresentativi per mostrarvi cosa è stato in grado di combinare l’insospettabile Nick.
“The Asmoto Running Band” Principal Edwards Magic Theatre (1971)
Ensemble dedito a varie arti performative, il Principal Edwards Magic Theatre ha più volte occasione di dividere i palchi con i Pink Floyd tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70. Da qui il coinvolgimento di Nick Mason nella produzione di due album, questo e il successivo Round One (1974). Trattasi di musica che prende tanto dal folk acido della Incredible String Band quanto da certo prog dalle ascendenze teatrali. Nick in studio consiglia, elargisce dritte, aiuta a trovare i giusti suoni. Nulla a che fare con i Pink Floyd, ma un bel concentrato di creatività ad ampio raggio.
“Rock Bottom” Robert Wyatt (1974)
Beh, qui non c’è molto da dire se non levarsi il cappello e ringraziare Mason di avere prodotto questo album e aiutato Robert Wyatt a realizzare uno dei capolavori assoluti della musica moderna. Già compagni di palco dei Soft Machine durante l’epoca Barrett, i Pink Floyd saranno sempre vicini a Wyatt (David Gilmour lo inviterà a suonare con lui anche in tempi recenti), tanto da organizzare un concerto di beneficenza per sostenere le spese mediche e di sopravvivenza dopo il tragico incidente che lo costrinse alla sedia a rotelle. Di Rock Bottom dovreste sapere già tutto, chi non sa corra ai ripari e si sia tutti grati a Nick Mason per essere stato il migliore amico che Robert potesse avere accanto nel momento più difficile della sua vita.
“Shamal” Gong (1976)
Una volta che il sommo David Allen (insieme a Gilli Smyth) ha abbandonato la navicella Gong ecco che i restanti componenti (capitanati dal nuovo leader, il batterista Pierre Moerlen) si mettono di buzzo buono e realizzano quello che si rivelerà il loro maggior successo commerciale. Qui Nick, ancora alla produzione, si occupa di tirare fuori dalla band l’aspetto meno zappiano e più orientato verso il jazz-rock. L’afflato freak-cosmico non se ne è ancora andato del tutto ma si respira un’aria nuova e frizzante, anche se chiaramente distante dai capolavori della trilogia di Radio Gnome.
“The Hapless Child” Michael Mantler (1976)
Nel 1976 Mason aiuta l’amico trombettista e compositore Michael Mantler a realizzare il suo The Hapless Child, con dentro personaggi del calibro di Terje Rypdal, Jack DeJohnette e l’eterno amico Robert Wyatt. Il tutto per un’opera tra jazz, avanguardia e teatro dell’assurdo che prende spunto da una serie di testi dello scrittore e illustratore statunitense Edward Gorey. Nick qui si reinventa sound engineer negli studi pinkfloydiani Britannia Row, mixando cinque brani su sei. La collaborazione tra Mason e Mantler non finirà qui, tra il 1982 e il 2008 Nick parteciperà infatti (anche come strumentista) ad altri quattro lavori del compositore austriaco.
“Music for Pleasure” The Damned (1977)
In questo periodo Mason è irrefrenabile, porta ai Britannia Row i Damned e fa incidere loro il secondo album Music for Pleasure, celebrando il matrimonio impossibile tra il punk e i Pink Floyd, proprio quella band che i rappresentanti della nuova leva musicale dicono di odiare più visceralmente. Dentro ci piazza addirittura Lol Coxill, altro vecchio amico canterburiano, e il disco cerca di fare evolvere il sound grezzo della band di Rat Scabies, Brian James e Captain Sensible verso strutture più avventurose. Rimarrà un caposaldo.
“Green” Steve Hillage (1978)
Fuoriuscito dai Gong, Steve Hillage si dà da fare per costruire una carriera solista che si rivelerà sempre più tentacolare. Green è il suo quarto album, con Mason alla produzione che stimola il chitarrista ad abbandonare le freakerie del passato e lanciarsi con decisione verso la new wave e un’elettronica spesso danzabile, in una sorta di space-concept. Al di là della buona riuscita di Green i consigli daranno ottimi frutti, col tempo Hillage diverrà infatti uno dei protagonisti della scena ambient/techno con i suoi System 7.
“Fictitious Sports” Nick Mason (1981)
Seguendo l’esempio di David Gilmour e di Rick Wright che nel 1978 hanno dato alle stampe i loro album solisti, Mason prende la palla al balzo per creare un disco utile a dare una mano ai suoi amici Carla Bley, Michael Mantler e, ancora, Robert Wyatt. Il risultato si chiama Fictitious Sports e non è un normale lavoro solista quanto più un pretesto per presentare tutta una serie di teste geniali e spesso misconosciute allo sterminato pubblico floydiano. Il disco contiene una serie di composizioni firmate da Carla Bley, sorta di folli ibridi tra jazz d’avanguardia e Pink Floyd, con Mason a portare il suo classico 4/4 su un tessuto spesso aspro e dissonante e il sacro canto di Wyatt a impreziosire il tutto. Eccezione al resto la bellissima Hot River, scheggia floydiana al 100% con il chitarrista Chris Speddig a fare il verso a Gilmour e la possibilità di capire cosa sarebbero stati i Pink Floyd con Robert Wyatt alla voce.
“Profiles” Mason + Fenn (1985)
Il secondo parto solista di Nick esce nell’85 e vede una nuova collaborazione, quella con il chitarrista dei 10cc Rick Fenn. Profiles è distante anni luce dal sound avventuroso di Fictitious Sports ma si fa ricordare per la sua piacevolezza che si dipana in tutta una serie di brani quasi tutti strumentali che rimandano al suono di Mike Oldfield. Il compositore di Tubular Bells è evocato anche dalla presenza della sua vocalist favorita Maggie Reilly, che duetta con l’altro ospite, David Gilmour, nella simpatica Lie for a Lie.