L’eco del featuring di Iggy Pop in I Wanna Be Your Slave dei Måneskin ancora rimbalza tra addetti ai lavori e pubblico, soprattutto spaccando gli estimatori del vecchio rocker. Alcuni vogliono per forza fare i gggiovani plaudendo all’operazione e comprando addirittura il vinile, altri pensano che l’operazione gridi vendetta, altri ancora cercano a mente fredda di analizzare il fenomeno. Fenomeno, quello dei featuring internazionali, che in Italia c’è sempre stato. A volte con alchimie incredibili dovute a incontri imprevisti e spontanei, a volte per una telefonata di produttori, a volte per la semplice legge del portafoglio che, diciamocelo, tutto può.
Ecco 10 esempi di come spesso cose inconciliabili possano, se non andare a nozze, se non altro lasciare di stucco positivamente o negativamente, motivo per cui comunque si resta nella storia.
1Zucchero & Miles Davis
La collaborazione più controversa della musica italiana è avvolta nella leggenda. Pare che Zucchero, prima del megasuccesso del disco Blue’s che lo consacrerà alle masse, fosse in una profonda crisi coniugale. Nel tentativo di ricucire i rapporti, la coppia si prese un periodo di vacanza alle Maldive. Una notte il telefono in camera dei piccioncini squilla. È il produttore di Zucchero, il quale gli comunica che Miles Davis ha sentito per caso la sua Dune mosse in un ristorante italiano e vuole suonarci sopra. Zucchero pensa a uno scherzo e lo manda a cagare, ma il produttore insiste a telefonargli, dandogli subito appuntamento il giorno seguente a New York per le registrazioni. A questo punto Zucchero lascia la moglie al mare e vola di punto in bianco per NY. Il rapporto tra Miles e Fornaciari sarà complesso. Il trombettista parte subito in quarta dicendo che il brano è suonato nella tonalità sbagliata, infastidendo non poco Zucchero. Si scoprirà che Davis aveva ascoltato il pezzo da un registratore scarico e quindi si era abbassato il pitch. Dietro questa storia sicuro c’è senza dubbio un discorso prettamente economico, ma forse anche qualcosa di vero. Davis dimostrò grande stima anche per la musica di Nino D’Angelo, che ascoltò in un taxi a Napoli, ma probabilmente al management di Nino mancava la proverbiale faccia di bronzo di quello del Fornaciari. Fatto sta che la registrazione fece capolino solo nella raccolta ZU & Co del 2004, molto lontano dalla data di incisione. Rimane un mistero il perché di tanta attesa: forse lo stesso Miles, pentito, mise il veto?
2Hi-Fi Bros & Arto Lindsay
Se parliamo di no wave italiana, la partita si giocava tra due squadre: la Italian Records e il Great Complotto. C’erano poi dei cani sciolti come i Bisca, ma tale genere in Italia è sempre stato mescolato e confuso con il post punk e la new wave. Fatto sta che gli Hi-Fi Bros, che incidevano per la Italian, erano la famosa mosca bianca e forse i più filologi di tutti. Massacrando i classici della canzone crooner come Stranger in the Night e Magic Moments nel 12” I fratelli Hi-Fi, chiesero aiuto nientepopodimeno che ad Arto Lindsay, all’epoca in pieno periodo DNA. Della band si portò dietro la batterista Ikue Mori, dando al disco dei fratelli Hi-Fi quella assoluta abrasività iconoclasta che mancava a molte band del periodo e rendendolo unico. Sfruttando il fatto che l’Italian Records stava appunto lavorando con i DNA per questioni di produzione e distribuzione, i nostri si fregiano di un primato surclassando anche i Krisma, che collaboreranno anni dopo con Lindsay per l’album Fido. Curioso fu poi, però, la trasformazione della band in un complesso Italo disco.
3Antonello Venditti & Gato Barbieri
Come è possibile che uno dei sax tenori più caustici del free jazz (che oltre alla colonna sonora di Ultimo tango a Parigi vanta collaborazioni con gente come Carla Bley e Don Cherry) faccia comunella con un cantautore romano? Innanzitutto quello che ha unito i due è la passione politica: si incontrano alla Festa dell’Unità di Modena, del 1977, dove a tutti gli effetti iniziò il fattaccio del compromesso storico. Per i due è una specie di pugno nello stomaco, soprattutto per Venditti che scrisse una delle sue canzoni più accorate e tormentate, ovvero Modena, descrizione di un’ideale oramai calpestato da una resa travestita da cambiamento. Il brano è contenuto nel best seller Buona domenica che vedrà la luce nel 1980. Gato Barbieri partecipa alle registrazioni senza esitazione e lacera col suo sassofono tenore la tela quasi rassegnata della canzone di Venditti, con bordate free, barriti, grugniti che sanno di rumorismo puro, rendendola una gemma preziosa della musica italiana. Nel 1992 ne faranno una versione dal vivo in cui Gato è semplicemente strepitoso, dimostrando un grande affiatamento con Venditti, tanto che parteciperà col suo sax di carta vetrata a due brani di Che fantastica storia è la vita del 2003, tra cui la title track. In realtà la prima volta in assoluto in cui i due si incontrarono fu al Folkstudio nei primi anni ’70, essendo Gato sposato con un’italiana e oramai di residenza romana e bazzicando quindi il fermento romano dell’epoca che non era certo robetta tra l’altro il nostro era di padre italiano, per cui la vita è tutto sommato davvero una fantastica storia…).
4Rettore & Elton John
Fra le collaborazioni storiche tra italiani e star straniere pochi ricordano della alleanza tra la Rettore e Elton John. Una grande amicizia (anzi, la Rettore ne era pure innamorata ma come dire, viste le tendenze di Elton non v’era trippa per gatti) nata negli studi televisivi europei, dove la Rettore era solita promuovere la sua musica, e probabilmente per le stesse passioni glam. Ma intesa talmente solida da fare in modo che Elton la porti a frequentare la scuola di mimo di Peter Brook. Cosa più importante, regalò a Donatella un brano inedito, con i testi del fido Bernie Taupin: Remember. Il brano era stato in realtà scritto per Frank Sinatra, che non lo inciderà mai ufficialmente poiché non soddisfatto: lo canterà comunque dal vivo un po’ di volte. Sicuro è che l’incisione di Remember della Rettore è l’unica ufficiale ed è una medaglia al valore per la nostra rocker.
5Teresa De Sio & Brian Eno
Un altro binomio a prima vista inusuale è quello tra la De Sio e Eno, i quali vengono in contatto per caso in uno studio di registrazione, quelli che spesso vengono condivisi da artisti internazionali. I due si trovano subito in sintonia e Eno si offre per fare qualcosa insieme. Gli produrrà in parte delle tracce in un paio di dischi, Africana e Sindarella Suite, suonando piano e sintetizzatori. Entrambi fanno parte della svolta digitale della De Sio, che inizia a cantare anche e soprattutto in italiano e che non disdegna inserti ad alta definizione con campionamenti e atmosfere ambient (Veneno e vanno, appunto con Eno, ne è la prova). L’ incontro dei due dà vita a una curiosa folktronica ante litteram, caratterizzata dalla pulizia sonora e da quel suond freddo che però sa ancora scaldare l’anima come ghiaccio bollente.
6Gianna Nannini & Annie Lennox
La Nannini è famosa per avere geniali intuizioni su produttori e collaborazioni: soprattutto in quello che è il suo picco creativo, ovvero Latin Lover del 1982. In quel disco alla produzione c’è Conny Plank, già vate dei Kraftwerk, il quale si porta dietro grandi nomi del suo entourage kraut, come ad esempio il batterista dei Can. L’ospitata più interessante è quella di… Annie Lennox, all’epoca ancora nella fase uno degli Eurythmics, che da band di nicchia diventeranno un fenomeno di successo mondiale. Le accomuna non tanto il fatto che Plank fosse il loro produttore, ma che entrambe vivevano nello stesso squat a Berlino dove si erano rifugiate seguendo il mito del Bowie berlinese e della sempre più emergente Neue Deutsche Welle (ma anche per semplici motivi economici, visto che Berlino all’epoca era l’oasi dei “desperados”). Nasce un sodalizio che porta Annie a suonare i synth su un po’ di pezzi di Latin Lover, tra le quali l’ ipnotica Wagon-Lits e la canzone manifesto/anthem di tutti i dissidenti della Guerra fredda, ovvero Ragazzo dell’Europa. Più avanti, quando la Lennox sarà oramai una star, la Nannini godrà anche della collaborazione dell’altro Eurythmics, Dave Stewart. Nella versione dell’album Malafemmina il musicista si prodiga infatti in una delle sue chitarre malate e suadenti per la canzone Voglio fare l’amore.
7Claudio Baglioni & Vangelis
A volte certe collaborazioni che non ti aspetti nascono anche e soprattutto in momenti di crisi: ne è esempio lampante la strana coppia Baglioni-Vangelis, che insieme confezioneranno il best seller E tu… Il disco nasce nel 1974, quando Baglioni è letteralmente seppellito dalle critiche del suo pubblico, che non gli perdona il tentativo sperimentale di Gira che ti rigira amore bello, che doveva essere un sequel di Questo piccolo grande amore, ma che a livello di vendite è un flop. Ovviamente non annunciato, ma viste le evidenti citazioni di Berlin di Lou Reed (soprattutto nel finale) forse c’era da aspettarselo. Ragion per cui Baglioni torna in pista spiazzando tutti con un’opera rock sulla scia di Tommy e va a Parigi per sviluppare questa idea incontrando Vangelis, allora agli inizi della sua carriera solista e anche lui abbastanza “fuori centro”, proponendogli di produrre la parte musicale. Vangelis accetta, anche se poi l’opera rock diventerà un semplice LP di canzoni acquistando però una varietà sonora tra elettronica ed effettistica da farne un classico in cui i due artisti si fondono perfettamente senza pestarsi i piedi. Vangelis tra l’altro mette anima e corpo non solo negli arrangiamenti, ma anche suonando praticamente tutti gli strumenti, che – potete controllarlo voi stessi nei credits – sono una miriade. E tu… risulterà un grande successo rimettendo in carreggiata Baglioni e consacrando Vangelis come grande produttore e arrangiatore (Baglioni poi continuerà a inanellare collaborazioni come quella con Peter Gabriel al famigerato concerto per Amnesty e quella con Hans Zimmer, scippato ai Krisma, ne La vita è adesso).
8Alice & Japan
Alice è sempre stata all’ avanguardia anche nelle collaborazioni: mano a mano che il suo stile diventa sempre più raffinato e definito, il suo percorso incrocia nomi altisonanti della musica di ricerca, tra i quali quello dei Japan. A partire da Il sole nella pioggia del 1989 fino a Mezzogiorno sulle Alpi del 1992, la nostra chiama a sé Steve Jansen e Richard Barbieri fino d un mitico tour del 1996 in cui entra in gioco anche Mick Karn che insieme ai compagni di band la seguirà per ben sei mesi serratissimi. Alice stessa racconta che alla fine di quella esperienza si lasciarono a malincuore, essendo legatissimi a lei, tanto è vero che sarebbe dovuto uscire un album di inediti con questa formazione da sogno, ma i soliti magheggi discografici ostacolarono il progetto. A impedire definitivamente la questione ci sarà la brutta malattia che colpirà Mick Karn. Alice parteciperà a moltissime iniziative per raccogliere fondi atti a coprire le spese mediche del bassista, che ahimè ci lascerà nel 2011 lasciandoci con l’amaro in bocca per questa mancata impresa discografica.
9Francesco Guccini & Jon Hassell
Come è possibile che uno come Jon Hassell, compianto pioniere dell’ambient del “quarto mondo” e collaboratore di mezzo pianeta avanguardista, da Terry Riley ai Talking Heads, fosse coinvolto in un disco del burbero e indifferente cantautore bolognese? Meriti del produttore del disco Stanze di vita quotidiana, Pier Farri, all’ epoca in fissa con esotismi e trattamenti post world nei suoni di un disco singolare e altamente sperimentale nella discografia di Guccini. Hassell imprime una marcia in più al lavoro, ad esempio impreziosisce con la tromba una delle poche canzoni che Guccini suona ancora live di questo disco particolarissimo, ovvero Canzone delle osterie di fuori porta. Era il 1974, poco tempo dopo, al ritorno in patria, Hassell collaborerà con gente come La Monte Young, iniziando a tutti gli effetti la sua luminosa carriera: l’ombroso Francesco gli porterà senza dubbio fortuna (infatti, più tardi, collaborerà anche con Alice).
10Jovanotti & Keith Emerson
La collaborazione più imbarazzante del lotto è probabilmente quella di Keith Emerson con Jovanotti. Il tastierista del trio ELP parteciperà infatti con i suoi piano honky tonky e le sue tastiere Hammond nel disco più assurdista di Cherubini, ovvero il neo hippie Giovani Jovanotti. L’album del 1990 vede un altro featuring che non ti aspetti, quello di Billy Preston in Gente della notte, però in quel caso ci si ferma ad una traccia. Emerson no, ne suona ben TRE e la terza, Sceriffo e bandito, lascia davvero interdetti. Che Keith fosse davvero entusiasta del disco di Lorenzo? Non lo sappiamo, sicuramente era entusiasta del cachet e poi comunque lo vediamo divertito a suonare con Jova a Fantastico 11, senza alcun problema etico/estetico. Jovanotti poi ha proseguito in questa “campagna acquisti”: ricordiamo Rick Rubin a produrre il suo ultimo lavoro, Oh, vita!, col risultato di renderlo il suo prodotto peggiore. Probabilmente la questione Måneskin-Iggy Pop ha lo stesso sapore: sta alle nostre orecchie capire quando se ne può fare bellamente a meno oppure no. In ogni caso, materia da raccontare ai nipoti se non altro per farsi due grasse risate alla faccia del music business.