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Richard Wright in 12 canzoni


Il tastierista scomparso nel 2008 nasceva il 28 luglio 1943. Ricordiamolo riascoltando i principali contributi ai Pink Floyd e non solo. «Scriveva canzoni piene di speranza, come i Beatles», ha detto Nick Mason

Foto: Michael Ochs Archives/Getty Images

Nel corso della loro storia trentennale, i Pink Floyd hanno avuto solo cinque membri. Tre di questi hanno avuto la loro occasione per gestire il gruppo, e ognuno di loro l’ha fatto con uno stile unico. Syd Barrett ha guidato l’era surreale e space rock; Roger Waters la fase introspettiva dei concept album; David Gilmour il finale atmosferico e spesso strumentale. Con Barrett, Waters e Gilmour al centro della scena sia nella band che con la stampa, è facile sottovalutare il contributo degli altri due membri, il batterista Nick Mason e il tastierista Richard Wright.

Wright, che ha co-fondato i Floyd nel 1965 e suonato in tutti gli album tranne uno della loro discografia, è morto nel 2008 dopo una battaglia con il cancro. «È difficile sopravvalutare l’importanza della sua voce nei Pink Floyd degli anni ’60 e ’70», ha detto Waters all’epoca. Il pianoforte jazz e le linee di organo, le prime canzoni che ha firmato e le sue performance vocali erano tutti elementi fondamentali del suono dei Pink Floyd. «Era il mio partner musicale e un vero amico», ha detto Gilmour. «Nel caos delle discussioni su chi o cosa fossero i Pink Floyd, il contributo di Rick è stato spesso dimenticato». Ecco, quindi, 12 momenti straordinari della carriera del tastierista.

“Pow R. Toc H.” (1967)

Era il 1967 e i Pink Floyd erano rinchiusi ad Abbey Road per registrare il debutto The Piper at the Gates of Dawn. Nello studio vicino c’erano i Beatles, al lavoro su Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. «Erano divinità per noi», ha detto Mason dei Fab Four, che li avevano invitati ad assistere alla registrazione di Lovely Rita. Anche Barrett & Co. erano interessati alla sperimentazione come mostra il primo dei due strumentali di Piper, Pow R. Tok H. Il brano contiene uno dei primi esempi di beat-boxing e altri effetti vocali particolari, ma la melodia principale arriva tutta dalle improvvisazioni al pianoforte di Wright, che poi si lascia andare a una grande parte di organo.

“Paintbox” (1967)

Paintbox è un raro sguardo musicale all’interno della personalità di un uomo che i colleghi della band descrivevano come «silenzioso e introverso». Il brano, originariamente pubblicato come lato B di Apples and Oranges e poi uscito nella compilation Relics, è una composizione semplice e psichedelica, in cui Wright racconta una serata in cui era ubriaco e si sentiva fuori posto.

“See-Saw” (1968)

Wright è stato accreditato come autore in solo 10 delle 217 canzoni dei Pink Floyd. Nei primi anni della band preferiva scrivere quelli che Mason ha definito «brani pieni di speranza, molto nella tradizione dei Beatles». Due di questi pezzi appaiono in A Saucerful of Secrets, il secondo album in studio della band e l’ultimo con Syd Barrett. See-Saw, in particolare, è una ballata sognante che parla della fine dell’infanzia. Wright canta la voce principale e suona pianoforte, Farfisa, organo, xilofono e mellotron, mentre Gilmour e il produttore Norman Smith si occupano dei cori.

“Sysyphus (Parts 1-4)” (1969)

I Pink Floyd erano particolarmente ispirati alla fine degli anni ’60, e pochi mesi dopo More hanno pubblicato Ummagumma. Era un doppio costruito intorno a un concept interessante: il primo LP era un live album, mentre nel secondo, su suggerimento di Wright, i quattro musicisti si sono divisi lo spazio per elaborare brani da solisti. Ummagumma si apre con una versione memorabile di Astronomy Domine, il brano che due anni prima apriva il debutto. In Piper Barrett canta la voce principale e Wright si occupa dell’armonizzazione; qui, invece, è il tastierista a prendere il posto dell’ex frontman. Sysyphus, il suo brano solista del lotto, è una suite in quattro parti «piuttosto pretenziosa», come dirà Wright più avanti. Si apre con l’orchestra e poi lascia spazio a un passaggio di pianoforte impressionista che sembra arrivare dal repertorio di Debussy. Il pezzo poi cambia volto e si trasforma in una composizione caotica in stile Stockhausen, ma è nella quiete prima della tempesta che Wright mette in mostra quanto fosse bravo a mescolare suoni foschi e nostalgici.

“Summer ’68” (1970)

Pubblicato nella seconda parte di Atom Heart Mother, Summer ’68 è il brano più ambizioso e di successo di Wright. La prima parte del disco era tutta dedicata alla title track, una suite di 23 minuti, mentre la seconda era più nello stile di Ummagumma, con Wright, Gilmour e Wright a firmare i propri brani. Quello di Wright è un pezzo barocco in cui la sezione di fiati e il pianoforte ballano sopra la melodia. È musica gioiosa, e nel testo Wright riflette sulla vita on the road: “I miei amici sono stesi al sole / Vorrei essere lì / Domani ci sarà un’altra città / Un’altra ragazza come te”.

“Echoes” (1971)

Nella recensione originale di Meddle pubblicata da Rolling Stone, Jean-Charles Costa scriveva che Echoes era «un brano stravagante e spirituale che occupa tutta la seconda parte e ripropone, attraverso una nuova cornice musicale, temi e melodie dei dischi precedenti». Il brano si apre con un suono subacqueo – generato dal pianoforte di Wright amplificato da un Leslie – e resta strumentale fino al terzo minuto, quando il tastierista e Gilmour iniziano a cantare armonizzando. Echoes è diventata l’apertura e la chiusura del famoso Live at Pompeii del 1972, e nel 2016, quando Gilmour è tornato a suonare nell’anfiteatro, ha detto: «Sarebbe bello fare Echoes, ma non potrei senza Rick. C’è qualcosa di speciale nel modo in cui la suoniamo».

“The Great Gig in the Sky” (1973)

Il contributo di Wright a Dark Side of the Moon consiste nella voce di Time e nella musica di Us and Them. Ma il suo momento chiave in questo disco leggendario è rappresentato dall’interludio The Great Gig in the Sky, che ha scritto lui. Clare Torry, che solo in un secondo tempo è stata inserita nei crediti per la sua parte vocale, aggiunge un elemento essenziale all’arrangiamento. Wright ha sempre parlato del pezzo con umiltà: «Sono io che suono alcuni accordi in studio, a Dave o Roger è piaciuto e hanno deciso di usarli nel disco». Waters, invece, è molto più lusinghiero: «È una grande sequenza di accordi. Per me The Great Gig in the Sky e il pianoforte di Us and Them sono le cose migliori che Rick abbia mai scritto. Sono meravigliose».

“Us and Them” (1973)

All’inizio della loro carriera i Pink Floyd erano specializzati in colonne sonore: The Committee (1968), More (1969) e La Vallée (1972), con quest’ultimo che ha ispirato il disco Obscured by Clouds. La band aveva anche presentato alcune canzoni a Michelangelo Antonioni, che voleva inserire la loro musica in Zabriskie Point (1969). Tra queste c’era The Violent Sequence, scritta da Wright, che il regista aveva scartato. Secondo Waters, Antonioni ha detto: «È bellissima, ma così triste. Mi fa pensare a una chiesa». Il brano è stato messo da parte fino alle session di Dark Side of the Moon, quando Waters ha aggiunto il testo e dato vita a Us and Them. Il ritornello, in cui Wright si occupa dei cori, è una botta emotiva travolgente.

“Sheep” (1977)

A questo punto della storia dei Pink Floyd, Wright contribuiva sempre meno e tutti i dischi fino alla sua uscita dal gruppo – prima di The Final Cut del 1983 – avevano tutta l’aria di essere progetti solisti di Waters. Quasi tutte le tracce di Animals sono firmate dal bassista, ma gli altri membri del gruppo riescono comunque a lasciare un segno della loro presenza. Sheep si apre con un solo di Wright al Fender Rhodes. L’improvvisazione, un po’ nello stile dei Supertramp, rappresenta una delle performance più virtuose della carriera del tastierista, e uno degli ultimi grandi momenti della formazione classica della band. Da questo punto in poi il contributo di Wright diventerà sempre più raro, e Animals è il primo disco in cui non ha firmato neanche un pezzo.

“Against the Odds” (1978)

Durante il tour del 1977 le tensioni interne alla band continuavano ad aumentare. Waters arrivava nelle location dei concerti da solo e andava via subito dopo lo show. Le royalties erano suddivise canzone per canzone e causavano altri conflitti. Wright ha minacciato di andarsene dopo il tour e ha iniziato a lavorare su quello che sarebbe diventato il suo esordio solista, Wet Dream (1978). «Scrivere questo disco mi ha aiutato a ritrovare le energie creative per il prossimo album dei Floyd», diceva all’epoca. Il brano più commovente del disco è Against the Odds, co-firmato dalla moglie dell’epoca Juliette Gale, che aveva cantato in una delle band da cui poi sarebbero discesi i Pink Floyd. Against the Odds è una canzone adulta sulla crisi di una relazione. “Io non lo so / Perché continuiamo così / Non voglio litigare stasera”, canta Wright. La coppia ha divorziato nel 1982.

“Wearing the Inside Out” (1994)

Durante le session di The Wall, Wright era apparentemente dipendente dalla cocaina ed è stato allontanato dal gruppo da Waters, che si rifiutava di pubblicare l’album con il tastierista nella formazione. «Credo che Roger abbia grandi idee, ma è estremamente difficile lavorare con lui», ha detto il tastierista nel 1987. Dopo l’abbandono di Waters nel 1985, e a seguito di una dura battaglia legale per usare il nome Pink Floyd, Wright è rientrato nel gruppo per gli ultimi due album che inciderà nella sua vita. Il primo è The Division Bell, in cui canta la voce principale in Dark Side (non succedeva da Time). Wearing the Inside Out, invece, è un lento crescendo scritto da Wright con testo di Anthony Moore, ed è cantato dal tastierista in duetto con Gilmour. I cori e gli assolo di sassofono completano l’arrangiamento. Nonostante Wright non abbia scritto le parole, la sua performance vocale è convincente, e il primo verso sembra davvero autobiografico: “Da mattina a sera sono rimasto in disparte / Non mi sono accorto che ero diventato / Poco più che vivo / Sopravvivevo a stento”.

“Autumn ’68” (2014)

Secondo quanto ha raccontato Wright, durante le session di The Division Bell i Pink Floyd hanno registrato cinque o sei ore di materiale inedito. Vent’anni dopo, Gilmour e Mason hanno usato quelle tracce come ispirazione per The Endless River, l’ultimo album dei Pink Floyd e un tributo a Wright. «Credo che questo disco sia un bel modo per riconoscere quello che ha fatto Rick, e perché il suo modo di suonare era il cuore del sound dei Pink Floyd», ha detto Mason. «Riascoltare quelle session mi ha ricordato che era un musicista speciale». Wright appare nel brano postumo Autumn ’68 grazie a una registrazione – fatta nel 1968 – in cui suona l’organo della Royal Albert Hall. È un addio adeguato: uno strumentale meraviglioso e rilassante che mostra quanto il tastierista abbia influenzato gli altri musicisti durante tutta la storia della band.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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