“Il mio lavoro è divertentissimo, penso a un festival come il Sundance: non c’è niente di meglio per un attore che essere lì con un pubblico che impazzisce per una storia. Momenti del genere ogni cinque anni possono darti energia finché vivi”, ha raccontato Rutger Hauer in un’intervista del 2011. L’attore è morto ieri in Olanda in seguito a una breve malattia.
Carismatico e coraggioso nella scelta dei ruoli, dopo un primo successo nel suo paese d’origine, grazie al sodalizio con Paul Verhoeven (dalla serie tv Floris a Turkish Delight e Soldier of Orange), nel 1981 Hauer ha debuttato a Hollywood nei panni del terrorista Wulfgar in Nighthawks con Sylvester Stallone. Dopo l’iconico ruolo del replicante in Blade Runner, ha vinto un Golden Globe per Escape from Sobibor ed è stato una spia in Confessioni di una mente pericolosa, un cardinale ipocrita in Sin City, l’amministratore delegato della Wayne Enterprises in Batman Begins e uno spadaccino cieco in Blind Fury. Ecco i suoi cinque ruoli più significativi.
Blade Runner (1982) di Ridley Scott
Tutti ricordano il monologo finale di Roy Batty in Blade Runner, ma probabilmente quasi nessuno sa che quel discorso Rutger se lo è praticamente scritto da solo. Nella sua autobiografia, All Those Moments: Stories of Heroes, Villains, Replicants e Blade Runners, Hauer ha ricordato che “non era soddisfatto” delle battute che Ridley Scott aveva pianificato all’inizio. Quindi l’attore si è preso la briga di tagliare 30 righe dal copione e mantenere le due che sentiva più poetiche. Poi ha aggiunto lui stesso la frase più famosa, “E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”. “Quello che adoro della sequenza finale è che Roy compie un atto di gentilezza e compassione, salvando la vita di Decker”, ha scritto Hauer. “Quando Deckard cade, Roy lo afferra. Non ha un motivo per farlo. Roy non è mai stato un eroe, ma per un momento si è comportato come tale”.
La Leggenda del Santo Bevitore (1988) di Ermanno Olmi
Il trionfo artistico di Rutger Hauer parla italiano: Ermanno Olmi lo sceglie per interpretare Andreas, il senzatetto ubriacone de La Leggenda del Santo Bevitore che vince il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Quando un benefattore a sorpresa gli dà abbastanza soldi per lavarsi, radersi, mangiare e – soprattutto – sperare, l’ascesa e la caduta impersonata da Hauer sono una lezione di recitazione. Nelle mani del maestro naturalista Olmi, l’approccio al personaggio è “a togliere”: Hauer interpreta un uomo infuso di fede e bontà, un’anima perduta toccata dalla mano di Dio. La Leggenda del Santo Bevitore è un miracolo cinematografico guidato dalla straordinaria performance dell’attore olandese.
Ladyhawke (1985) di Richard Donner
I cattivi di Hauer sono sempre stati più interessanti e carismatici dei suoi buoni, ma la sua interpretazione del capitano Etienne Navarre al fianco di Michelle Pferiffer in questa favola gotica è senza dubbio l’eccezione. “Credo che Ladyhawke sia venuto meglio con Rutger”, ha dichiarato Kurt Russell, che in origine doveva impersonare il protagonista maschile, ma pensava che il film fosse “troppo medievale” per i suoi gusti. Hauer dall’altra parte era già stata contattato dal regista Richard Donner per la parte del cattivo, poi andata a John Wood, anche perché, dopo Blade Runner, l’attore olandese aveva paura di rimanere intrappolato nei ruoli da villain. Dopo l’addio di Russell, Donner ha chiamato Hauer e lui ha guidato per oltre 1500 km, dall’Olanda all’Italia, con un gigantesco camper personalizzato per arrivare in tempo sul set. Hauer incarna il ritratto perfetto di un’arroganza nobile, tinto dalla sofferenza per l’amore insoddisfatto nei confronti della bella Isabeau e dal dolore di una maledizione eterna.
Turkish Delight (1973) di Paul Verhoeven
Lo psicodramma sessuale di Paul Verhoeven, adattamento del romanzo erotico più venduto di Jan Wolkers, è stato nominato all’Oscar come miglior film straniero nel 1973 ed è diventato uno dei prodotti più redditizi mai generati dall’industria cinematografica olandese. E, indovinate, il protagonista era Rutger Hauer, all’inizio della sua carriera proprio come il regista. Nella visione selvaggia di Verhoeven, l’attore interpreta Eric, un artista di Amsterdam i cui dipinti e sculture hanno una cosa in comune: la perversione. Il personaggio è un latin lover, che però scopriamo essere ancora ossessionato da una relazione disfunzionale del passato con Olga (Monique Van de Ven), una donna mentalmente instabile malata di tumore al cervello. Tra sadismo e abbandono sessuale, pathos e tenerezza, il film funziona soprattutto grazie all’audacia di Hauer e della Van de Ven.
The Hitcher (1986) di Robert Harmon
The Hitcher è un mix tra thriller e road-movie, reso cult dalla presenza di Hauer nei panni dell’autostoppista psicopatico John Ryder, l’unico tizio a cui sicuramente non vorreste mai e poi mai dare un passaggio. La performance di Hauer è agghiacciante fin dalla prima scena con il giovane Jim Holsey (C. Thomas Howell). Le sue battute sono geniali e il ritmo tiene incollati fino all’ultimo secondo. The Hitcher è un horror del miglior tipo, di quelli che ti incasinano la testa e danno immagine ai nostri peggiori incubi. In questo gioco al massacro, è Rutger a rubare la scena. Il suo Ryder è uno dei migliori villain della storia del cinema.