Siamo ancora vivi. Abbiamo visto Fiorello vestito da Achille Lauro e Achille Lauro vestito da Cavaliere dello Zodiaco. Abbiamo ascoltato Diodato ricantare Fai rumore di fronte a un teatro vuoto. Abbiamo visto Ibra con una spilla grossa quanto un pentolino e i tempi comici perfetti. Siamo sopravvissuti a gag surreali, applausi registrati e ai quattro giovani-vecchi, ma soprattutto abbiamo ascoltato 13 tra le canzoni in gara.
La prima serata del Festival è appena finita, e anche se in zona gialla arancione rossa non siamo più abituati a fare le ore piccole, eccoci qui con i giudizi sul Sanremo «della spensieratezza».
Arisa “Potevi fare di più”
Forse per Arisa sentirsi bene (vedi Sanremo 2019) non ha funzionato. E allora torna a cantare il sentirsi male: per amore, ovviamente. La canzone è classica e drammatica, interpretata con aria sofferente. Nel testo di Gigi D’Alessio lei si trucca si sbatte si sbiotta e lui manco la guarda. Torna a casa e le fa festa solo il cane. Forse lui non è un uomo, ma il lockdown. Comunque Arisa è meglio della canzone.
Colapesce e Dimartino “Musica leggerissima”
Disco-pop in minore, interpretata da due facce da schiaffi (che sia ben chiaro: è un complimento). Loro sembrano usciti da Ciao 2020, ma la canzone è larga e leggera, anzi leggerissima come dice il titolo. È una metafora della vita attraverso i suoni di quella società ideale che è un’orchestra (la definizione è di Ezio Bosso) con un ritornello che fa molto anni ’70, subito canticchiabile anche se, scommettiamo, la versione in studio è più forte. La pattinatrice sul palco è in quota scimmia/vecchia che balla, ma è un’idea solo accennata. Musica leggerissima è una Se mi lasci non vale per depressi e un po’ incarna lo spirito di Sanremo 2021, il primo Festival col Covid: ascoltiamo musica leggerissima “per non cadere dentro al buco nero che sta a un passo da noi”.
Aiello “Ora”
Forse Aiello è il Marco Masini Meridionale di Sanremo 2021: uno che le cose non te le canta, te le sbatte in faccia. Al posto di prendersela con una Bella stronza a cui ha dato troppo amore, dice che lo stronzo è stato lui: per terrore. Grida che è un “drago nel letto” come farebbe un brutto imitatore di Cocciante e finisce pure peggio, sbraitando “sesso ibuprofene” come un esaltato durante una rissa fuori da una discoteca. Ancora un paio di tweet e “Aiello anche meno” entrava nei trend.
Francesca Michielin e Fedez “Chiamami per nome”
Non è un pezzo Magnifico nonostante sia firmato da una mezza squadra di calcio che comprende fra gli altri Mahmood e Dargen D’Amico. I due, con le aste dei microfoni uniti da un nastro bianco, non cantano il Cigno nero della crisi, ma due persone che si trovano e si salvano. Sulla carta sono possibili vincitori, ma la canzone stasera è sembrata tiepida e l’interpretazione emozionata, ma non molto incisiva. Fedez canta, non esagera, ce la fa – e ha un Mini-Me pazzesco. In quota Sanremo carina, anche perché poi arriva la Bertè con le sue canzoni belle pazze disperate (i classici, non Figlia di un playback) e li fa sembrare ancora più pucciosi.
Max Gazzè e la Trifluoperazina Monstery Band “Il farmacista”
Questa canzone è tutta una fantasia di principi attivi veri e inventati, di rimedi cialtroneschi, di pozioni magiche da vecchio cartoon Disney. Vestito da Leonardo, ma anche un po’ da Gandalf e Albus Silente, circondato da una band di cartonati di Baronciani (Elisabetta, Marilyn, Hendrix, McCartney, Igor) usa il “si può fare!” del Frankenstein Junior per raccontare a modo suo il nostro presente, la medicalizzazione, i rimedi al virus, la vendita in saldo di soluzioni salvifiche. È Gazzè che fa Gazzè, anche se l’interpretazione di stasera non è stata delle migliori. Fa un po’ La vita com’è, ma non lo è.
Noemi “Glicine”
Un amore finito, voglia di ricominciare, un cambio di look: la parabola di metamorfosi femminile in chiave sanremese ha una sua eleganza pop, lei canta bene, forse il tutto è un po’ prevedibile. Sanremese, sì, ma di cinque anni fa. Noemi, anzi Nuovemi in D&G ricoperto di Swarovski canta in sostituzione di Irama, la cui partecipazione è congelata in attesa del risultato del tampone molecolare del suo assistente. Nel caso risultasse positivo, Irama sarebbe costretto all’isolamento per 15 giorni e quindi a lasciare il festival. Lo sapremo mercoledì mattina.
Madame “Voce”
Amadeus e Fiorello fanno un siparietto sul nome delle dita dei piedi e lei arriva scalza. Simbolo del rinnovamento generazionale e stilistico del festival, veste di specchi e indossa un guanto alla Michael Jackson. Ci si scorda che deve fare ancora la maturità. Vaga per il palco con uno dei pezzi più contemporanei della serata, anche se non sempre si capiscono le parole che canta. Ha pure l’imprimatur del cardinal Ravasi, che twitta: “Sarà la voce ad essere l’unica cosa più viva di me (Voce, Madame) #pensierigiovani #Sanremo2021”. E così sia. Forza Madame, alla prossima esibizione vogliamo più swag.
Måneskin “Zitti e buoni”
Se fossimo Libero, scriveremmo che sono i Gretini Van Fleet. E invece: sono giovanissimi, si rifanno a modelli sani (cioè rocker tossici sfatti morti), suonano una cosa che non è neanche lontanamente di moda, si scrivono i pezzi, sono minoranza e perciò bisogna essere indulgenti con i Måneskin. A questa canzone che ha un riff spudoratamente anni ’90 e che parla di diversità manca un po’ di senso dell’ironia, però va bene il tentativo di fare brutto usando l’immaginario rock al posto di quello trap. “Sono fuori di testa”, canta Damiano David. E non hai visto Aiello.
Ghemon “Momento perfetto”
Meriterebbe un riconoscimento, un premietto minore, la medaglia di Muttley anche solo per la campagna Instagram pre Sanremo in cui telefona alle ex chiedendo loro di votarlo, tipo ferragosto romano di Verdone in Un sacco bello. Il pezzo è un sacco strano per lo standard sanremese, ha una costruzione ritmica interessante, a metà fra swing e progressive r&b. È un pezzo un po’ piacione dedicato a chi aspetta il suo turno nella vita. Pure lui vestito da pappone italo-americano, anzi da Telespalla Bob che fa il pappone.
Coma_Cose “Fiamme negli occhi”
La cantano guardandosi negli occhi, tanto il pubblico non c’è. È una canzone d’amore, solo che sotto c’è un riff vagamente alla Sweet Jane e la melodia appiccicosa e quasi infantile è abbinata a un po’ di sana crudeltà paradossale e vagamente panelliana: “Galleggio in una vasca piena / di risentimento / E tu sei il tostapane che ci cade dentro / Grattugio le tue lacrime / Ci salerò la pasta”. Se sono al Festival per dire «guardateci, siamo originali, diversi, strani e belli a modo nostro», ha funzionato. Il pezzo però è decisamente meglio della performance di stasera.
Annalisa “Dieci”
Dieci è ciò che è stato il pop italiano (anche nel senso che ti sembra di conoscere il pezzo da sempre) e non dovrebbe essere più, è l’eco di un Sanremo vecchiotto che ci si spera di mettere alle spalle. Non c’è niente di sbagliato nel pezzo o in Annalisa, ma è tutto medio e un po’ risaputo: la scrittura, l’interpretazione, l’arrangiamento. L’ha scritto bene Nomfup: «Ad Annalisa manca sempre qualcosina per non mancarle niente».
Francesco Renga “Quando trovo te”
Manuale di canto sanremese: l’inizio parlato, poi l’esplosione. Applaude la figlia della casalinga di Voghera (la mamma è morta tempo fa, poveretta, troppi anni, troppe citazioni). Ma la musica è un fatto anche culturale e questo pezzo ci fa fare un passo indietro. C’è un tentativo di rinnovamento – il pezzo è scritto anche da Dardust, il Toto Cutugno di Sanremo 2021 – ma capiamo chi ha faticato ad arrivare in fondo. Su Twitter abbondano le battute sulla storia della voce maschile più armoniosa e meme col viso di Anna Foglietta. E sono passati due anni.
Fasma “Parlami”
Cantare è d’amore, dice il fantasma dei Sanremi passati, ma alla lunga fa venire lo scorbuto. In gessato ma non ingessato, Fasma mette l’Auto-Tune a manetta e tanto sentimento e intensità. Andrà in radio, sospettiamo. Applausi del pubblico. Ah, no, sono pre-registrati.
Diodato
Il primo ospite, apre il festival dei campioni. È qui per motivi che vanno oltre la musica e persino chi non ha amato Fai rumore ora le riconosce una grande forza. Torna per cantare Fino a farci scomparire e Vita meravigliosa, risarcimento per un Eurovision Song Festival saltato, per un anno maledetto.
Loredana Bertè
Canta i suoi successi e immaginiamo la gente che si alza dal divano per fare una standing ovation casalinga. Poi arriva Figlia di… con un playback spudorato e sbagliato ed è subito estate 2021, abbrutimento latineggiante, sole e mare.
Achille Lauro
Miracolo a Sanremo: Achille Lauro sale sul palco e piange sangue. Non come la Madonnina di Civitavecchia, ma come uno dei Cavalieri dello Zodiaco. Più che un quadro, com’è stato presentato, è l’esecuzione di Solo noi con video introduttivo, ma l’enfasi, si sa, è il forte di Lauro. In quel campo “nun se batte”, come il carciofo alla giudia del ghetto.