Dopo la maratona da incubo di mercoledì sera, ecco la serata extralarge dedicata alle cover. In poche parole: la puntata è interminabile, ma almeno le canzoni originali sono buone. E sono tantissime, vista la fissa collettiva per il medley. Per il resto è il solito Sanremo, un frullatone di gag ai confini della realtà, semi-improvvisazioni di Fiorello, esibizioni sorprendenti e problemi tecnici, con una spruzzata di Achille Lauro che dice di essere il pop e Ibra e Mihajlović che vanno controvoglia al karaoke aziendale. Come ogni sera, ecco i nostri giudizi.
Noemi con Neffa “Prima di andare via”
Cos’era: uno dei pezzi chiave del repertorio di Neffa, un funk all’italiana col giusto senso dello stile.
Cos’è: con tutto il rispetto per Nuovemi, è l’occasione di rivedere Neffa su un palco. Lei Trump, lui Melania: prima di scendere le scale, lei cerca la mano di lui, che però la ignora. Bello solido l’arrangiamento, solo che le voci sono slegate, pare ci siano problemi coi microfoni, è un pasticcio. Veronica, Giovanni, tranquilli: l’anno scorso Elettra Lamborghini e Myss Keta hanno cantato come hanno cantato e non hanno fatto neanche un giorno di galera.
Fulminacci con Valerio Lundini e Roy Paci “Penso positivo”
Cos’era: l’inno del presobenismo e dell’ecumenismo pop, anche nei passaggi più discussi, come quello sulla grande chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa. Lo strumentale era micidiale, i fiati erano di Demo Morselli.
Cos’è: non la puoi fare come la faceva la band di Jovanotti, ma è comunque una delle cose migliori della serata. Fulminacci si sdoppia, nel senso che il controcanto glielo fa il suo gemello Lundini che si prende la scena inventandosi un rap balordo sulla chiesa che unisce Che Guevara a Madre Teresa. E poi il finale: “La musica… la pandemia” al posto della “fantasia”. “Sono stati fantastici” twitta Jovanotti chiamato in causa.
Francesco Renga con Casadilego “Una ragione in più”
Cos’era: un pezzone del 1969 della Vanoni firmato fra gli altri da Franco Califano e Mino Reitano. Molto, ma molto vintage.
Cos’è: il momento di down dopo la botta di entusiasmo dei gemelli Fulminacci.
Extraliscio feat Davide Toffolo con Peter Pichler “Medley: Rosamunda”
Cos’era: l’inno della Romagna, la cover di Dori Ghezzi di una melodia russa, una vecchia polka rifatta in Italia fra gli altri da Gabriella Ferri. Incongruente? C’è un motivo e ha un tenore alcolico di appena 8°.
Cos’è: Romagna mia in versione fantasmatica grazie a Peter Pichler che suona il trautonium, una sorta di sintetizzatore ante litteram, e poi via col ballo della steppa e Rosamunda, felicità d’altri tempi, sfrenata e paesana. È il momento in cui al matrimonio gli zii perdono la trebisonda dopo il quindicesimo bicchiere di Lambrusco e si mettono a ballare. Mirco Mariani fa ruotare la chitarra: definitivamente pronto per gli ZZ Top. Si va tutti a Rimini, Texas.
Fasma con Nesli “La fine”
Cos’era: il pezzo più recente fra quelli della serata, “appena” del 2009, una confessione di Nesli quasi recitata su base pianistica che Tiziano Ferro ha riletto quattro anni dopo con voce tremante e piglio melodrammatico.
Cos’è: il momento di riflessione dopo la baraonda alcolica, seduti sfatti sulla sedia, con la cintura allentata. Solo che a Fasma non va il microfono, Amadeus interviene, si riparte dopo la pubblicità. Non è che alla fine han deciso di fare il Fyre Festival in riviera?
Bugo con i Pinguini Tattici Nucleari “Un’avventura”
Cos’era: uno dei superclassici di Battisti e Mogol, presentato a Sanremo nel 1969 dove la cantò anche Wilson Pickett, perché alla fine è un pezzo r&b. Basta lamentarsi delle giurie di oggi: Un’avventura arrivò nona.
Cos’è: Battisti rifatto da una cover band dei Coldplay. Viva la vida avventurosa.
Francesca Michielin e Fedez “Medley: E allora felicità”
Cos’era: la Voglio andare a vivere in campagna di Calcutta (Del verde), il pezzo di Silvestri sulle affinità elettive vere e inventate solo per ficcare (Le cose in comune), Felicità, i Jalisse, Non amarmi di Aleandro Baldi e Francesca Alotta.
Cos’è: ehi Google, suona una selezione di canzoni d’amore, meglio se duetti. Avanspettacolino divertente, con momento extra LOL su Felicità a cui viene succhiata fuori ogni traccia di felicità.
Irama “Cirano”
Cos’era: uno dei tanti virtuosismi di Guccini, è lui il Cirano (con la i all’italiana, non Cyrano con l’accento sulla o) che infilza con le parole arrivisti, qualunquisti, portaborse, preti e cantanti alla moda.
Cos’è: la versione di un millennial del dissing di uno della generazione silenziosa. Non poteva andare benissimo, ma ci rincuora sapere che Irama è un fan di Guccini, il quale ha riregistrato l’intro proprio per lui. Performance tratta dalle prove, ovviamente.
Måneskin con Manuel Agnelli “Amandoti”
Cos’era: una specie di tango dei CCCP di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni troppo largo e melodico per restare nell’underground. E difatti nel 2004 Gianna Nannini l’ha reso mainstream.
Cos’è: il duetto omoerotico fra un corsaro col corsetto rosa e un samurai rock. La canzone era intensa e assieme delicata, diventa lievemente crudele, ambigua e teatrale. Perché non si sono baciati come Madonna e Britney?
Random con The Kolors “Ragazzo fortunato”
Cos’era: la confessione spudoratamente sincera ed euforica di Jovanotti. Era il 1992.
Cos’è: la simpatica performance di un cantante che non ce la fa accompagnato da un gruppo che ci crede tanto. Onore comunque a Random. Pensavamo: oggi nessuno lo canterebbe un testo che dice “sono un ragazzo fortunato”, siamo diventati una nazione di lamentosi. E invece.
Willie Peyote con Samuele Bersani “Giudizi universali”
Cos’era: il capolavoro di Bersani, che nel 1997 ha reinventato il linguaggio della canzone d’amore. “Sei solo la copia di mille riassunti” frase chiave della contemporaneità.
Cos’è: chiudete gli occhi, pensate alla canzone, a Willie Peyote, a Bersani: esatto, è proprio così. Niente di sorprendente, tutto giusto.
Orietta Berti con Le Deva “Io che amo solo te”
Cos’era: uno dei capolavori di Endrigo. All’inizio il pezzo gli sembrava tanto, troppo facile. Ha poi capito che a volte le cose più semplici sono le più efficaci. Orietta Berti l’ha già inciso.
Cos’è: la versione da girl band del 1962. Tu pensa, si può cantare anche senza strafare.
Gio Evan con i cantanti di The Voice Senior “Gli anni”
Cos’era: un attacco di nostalgia prematura uscito a metà anni ’90, una specie di pagina Facebook “Sei della generazione X se…” prima che esistessero Facebook e Internet.
Cos’è: la triste realizzazione che nel 2021 se sei della generazione X la sera non esci più e guardi in tv The Voice Senior. Rispetto all’inedito, un passo avanti.
Ghemon con I Neri per Caso “Medley: L’essere infinito (L.E.I.)”
Cos’era: canzoni di Neri per Caso (Le ragazze), Zucchero (Donne), Battisti (La canzone del sole), Stadio (Acqua e sapone).
Cos’è: gente che si diverte un mondo a cantare e lo sa fare (mica come altri qui sopra) e pensa che, massì, Radio Italia in fondo non è tanto male. Giudizio di Rocco Tanica: Ghemon e Neri per Caso patrimonio vocale dell’Unesco.
La Rappresentante di Lista con Donatella Rettore “Splendido splendente”
Cos’era: super brano pop con un testo per niente scontato sul culto del corpo e la chirurgia estetica. Ed era il 1979, mica l’altro ieri. Ha anche un “parapappa pararà” memorabile.
Cos’è: un’idea fluida per l’Eurovision Song Contest. Siamo italiani, il sotterfugio ci sta, spacciamola per inedita e portiamola a Rotterdam.
Arisa con Michele Bravi “Quando”
Cos’era: trent’anni fa esatti, la colonna sonora di Pensavo fosse amore… invece era un calesse di Massimo Troisi. Su YouTube c’è un filmato in cui Daniele la canta a Troisi, lui seduto sul letto con la chitarra, l’altro spaparanzato su un orrido divanetto. Non piangete.
Cos’è: una versione delicata, meno struggente dell’originale ma ci sta. Meglio Arisa di Bravi, meglio senza che con la rosa bianca.
Madame “Prisencolinensinainciusol”
Cos’era: una genialata di Celentano, un rap ante litteram cantato in inglese immaginario, che pure gli anglofoni hanno riscoperto di recente.
Cos’è: reenactment della scena vista su YouTube, forse una metafora del fatto che i pubblici del festival (semplifichiamo: boomer e generazione Z) quest’anno sembrano parlare lingue diverse, quello che piace a uno è detestato dall’altro. Ma pure un riferimento alla scuola, alla DAD, alla maturità che farà Madame quest’anno.
Cos’era: la canzone più melodiosa nella storia degli Afterhours, all’epoca una mezza svolta per una band nota non per la piacevolezza pop. Frase chiave: “Il tuo diploma in fallimento è una chiave per reagire”.
Cos’è: la versione in giacca e cravatta (letteralmente) con elenco di locali, teatri, cinema, festival italiani chiusi. Ma non sarà per sempre. Certo che il regista poteva inquadrare la spilletta di “I diritti sono uno spettacolo”. Fanelli un po’ sprecata, ha fatto la parte che lei di solito sbertuccia, ma ci sta, il tema è vero ed è la prima volta in tre serate che se ne parla davvero.
Annalisa con Federico Poggipollini “La musica è finita”
Cos’era: un classico, anzi di più, scritto da Umberto Bindi (con Nisa e Califano), interpretato una volta per tutte da Ornella Vanoni. Sinfonismi, drammi e malinconia a manetta. Passò da Sanremo nel 1967. Fun fact: la versione in lingua inglese titolata Our Song la cantò sempre nel 1967 Robert Plant, futuro Led Zeppelin.
Cos’è: la versione 007 di Bindi. Ehi, si sono ricordati che a Sanremo c’è l’orchestra!
Gaia con Lous and the Yakuza “Mi sono innamorato di te”
Cos’era: l’elegantissima e tristissima dichiarazione di Tenco: “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare”. Sembra una canzone d’amore tradizionale, ma non lo è. È cruda e disillusa, eppure morbidissima.
Cos’è: United Colors of Tenco, in chiave omoerotica. Perché non si sono baciate come Achille Lauro e Boss Doms?
Colapesce e Dimartino “Povera patria”
Cos’era: la fotografia formato lied di un Paese “devastato dal dolore”, in attesa che arrivi la primavera e cioè il cambiamento. Era l’anno prima di Mani Pulite. “Gente infame che non sa cos’è il pudore”, “tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni”, “le iene sui giornali”: erano parole che facevano un certo effetto prima che se ne appropriassero quelli che chiamano i politici “lorsignori”.
Cos’è: una versione così così, non è una canzone adatta per Colapesce e Dimartino. L’abbraccio fra i due ci sta: la «traccia vocale inedita di Franco Battiato» è una medaglia.
Coma_Cose con Alberto Radius e Mamakass “Il mio canto libero”
Cos’era: Battisti-Mogol, 1972, serve altro?
Cos’è: i Coma_Cose reclutano Alberto Radius (con chitarra a doppio manico) che all’epoca lavorava con Battisti per dirci: ce la possiamo fare. Loro sono quelli di Anima lattina, è una questione di cuore, la fanno delicata, rispettosa, ma un pezzo così o lo fai clamoroso o non lo fai.
Malika Ayane “Insieme a te non ci sto più”
Cos’era: un classicone di Paolo Conte e Vito Pallavicini interpretato da Caterina Caselli nel 1968, cantato da tanti (Battiato, Vanoni), finito in mille film.
Cos’è: la versione morbida e ariosa, quasi evanescente, il suono delle nubi evocate nel testo, con piccola coreografia.
Max Gazzè con Daniele Silvestri e la Magical Mistery Band “Dal mondo”
Cos’era: lo sguardo di Giovanni Lindo Ferretti e dei C.S.I. sull’Occidente “debole e vecchio”.
Cos’è: Gazzè, Silvestri e la band che debutta ufficialmente stasera ribaltano completamente l’atmosfera giocosa de Il farmacista. È lenta, minacciosa, intensa, scura. Bello l’arrangiamento: ehi, a Sanremo ci sono dei veri musicisti!
Ermal Meta con Napoli Mandolin Orchestra “Caruso”
Cos’era: il capolavoro nazional-popolare di Lucio Dalla, comprato da 8 milioni di persone (8 milioni di persone che sono uscite di casa per andare in un negozio ad acquistare un disco: succedeva). L’unione fra pop, melodramma e canzone napoletana dà risultati per lo più tremendi. Ma questo è Dalla.
Cos’è: la migliore performance della serata per gli orchestrali.
Aiello con Vegas Jones “Gianna”
Cos’era: uno dei pezzi più cantabili e scanzonati di Rino Gaetano, terzo a Sanremo 1978. Presente? Lui con bombetta e chitarrina, il testo che fa intravedere “un mondo diverso, ma fatto di sesso”.
Cos’è: sono quasi le due, è una liberazione.