Se dovessimo giudicare Sanremo 2023 solo in base alle canzoni che si sono sentite, diremmo che non è stato un Festival memorabile. Guidato ancora una volta dall’idea di fare una manifestazione ecumenica, in grado di soddisfare gusti e inclinazioni d’ogni fascia d’età, Amadeus ha azzeccato il cast, un po’ meno le canzoni. E ha sbagliato imbarcando nell’impresa tanti “giovani” scialbi. Ovviamente ha ragione lui, lo dicono i numeri. A noi restano queste canzoni e di molte non sappiamo che farcene. Le abbiamo messe in fila per l’ultima volta, giudicandole non solo in base all’esibizione nella finale, ma anche alla resa dei cantanti nelle cinque serate del Festival.
Elodie
Due
7,5
L’unica ad avere portato sul palco dell’Ariston un minimo di star power, variante ragazza del popolo, e una canzone che percorre una terza via tra il tormentone svaccato e il pop alla Dua Lipa. Non schiaccia fino in fondo l’acceleratore, ma può andare ad occhi chiusi. Paradossalmente, aveva fatto più clamore con le esibizioni fuori gara a Sanremo 2021, ma uno dei pezzi buoni di questo Festival è il suo. Ha apprezzato anche il tizio che in sala ha urlato «Elodie, mi vuoi sposare?».
Colla Zio
Non mi va
4
Sono tra i meno peggio della pattuglia dei giovani, ma il punto più alto del loro Festival rimane la cover di Salirò di Daniele Silvestri con Ditonellapiaga. Non mi va potrebbe essere colonna sonora di uno spot di telefonia di una quindicina di anni fa. Pieni d’entusiasmo, ma acerbi per un palco del genere.
Mara Sattei
Duemilaminuti
5
Una delle piccole delusioni del Festival. Non tanto per il diciannovesimo posto in classifica, ma perché speravamo riuscisse a essere sì pop, ma in modo più contemporaneo. Un paradosso: forse ha portato a Sanremo una canzone troppo sanremese e anche quando poteva osare (la cover di Gigi D’Agostino) ha giocato in difesa. Vorrà mica diventare una Noemi?
Tananai
Tango
7
Due rose in mano, una gialla e una blu come la bandiera dell’Ucraina, decisamente più misurato (in tutti i sensi) rispetto al 2022, Tananai ha scompigliato le carte pubblicando il video di Tango (“lacrimuccia” è la parola che ricorre su Twitter quando ne scrivono) sui ragazzi ucraini divisi dalla guerra, uno col fucile in mano, un’altra in Viale Tunisia, al confine con la casbah milanese. Lì s’è capito che le “palazzine a fuoco” del testo erano da intendersi anche in senso letterale. Non sempre è stato all’altezza della sua canzone, ma ha portato una storia e un’eleganza scanzonata che ci piacciono.
Colapesce Dimartino
Splash
10
I nostri vincitori ideali. Perché al Festival della canzone italiana hanno portato una grande canzone italiana. Che ha tutto: la costruzione musicale, il testo, il non detto che accende la fantasia, l’interpretazione sul palco dei due, impagabili facce da schiaffi. E poi c’è “io lavoro per non stare con te”, verso folgorante. Nel Sanremo in cui ci hanno ripetuto allo sfinimento «sii te stesso», loro ci hanno detto tra le altre cose: guarda che a forza di essere te stesso ti stai rovinando la vita.
Giorgia
Parole dette male
7
Poteva fare un gran Festival e invece è rimasta un po’ ai margini. Almeno fino a quando ha portato sul palco Elisa, ieri, per celebrare l’una il repertorio dell’altra e il loro Sanremo 2001. Stasera ha cantato meglio rispetto alle serate precedenti. Ne è uscita bene nonostante il pezzo non sia all’altezza della sua voce.
Modà
Lasciami
4
Cosa si potrebbe dire dell’ultima esibizione dei Modà a Sanremo 2023? Che rappresentano la canzone italiana retriva che non muore mai. Che ci eravamo dimenticati ci fossero. Che poi sono arrivati i Depeche Mode.
Ultimo
Alba
3
Il suo stile melenso, sentimentale, sempre serissimo e urlato è il pop italiano che preferiremmo non ascoltare, nemmeno fatto da uno che un talento ce l’ha e riempie gli stadi.
Lazza
Cenere
8
C’è spesso uno che arriva al Festival, cambia qualcosa nel suo stile ma non in chiave sanremese, coglie una tendenza in atto (di solito non in Italia) e ne esce vincente. Quest’anno quel cantante è Lazza, che ha portato a Sanremo il trend del recupero della house nel rap e nel pop. Reduce da un 2022 strepitoso, era chiamato a confermarsi in una grande vetrina come Sanremo e l’ha fatto. Non è arrivato primo? Honestly, nevermind.
Marco Mengoni
Due vite
7
Premiato dalla sala stampa, dal pubblico, da tutti. È il pop che la nazione sta celebrando. Bravo è bravo, ma nella sua canzone non c’è granché di rilevante per chi intende il pop come racconto della contemporaneità e nel suo stile vocale troppe pose affinché da queste parti ci si entusiasmi.
Rosa Chemical
Made in Italy
7
Esce Gino Paoli, entra Rosa Chemical, che stacco. È un generatore di meme, ieri il plug, oggi il limone con Fedez. Va in platea, gli si struscia contro, lo porta sul palco e lo slingua. Il pezzo è cazzone, furbetto e innocuo. Però Rosa Chemical è stato bravo a giocare con le polemiche. È anche riuscito a mettersi alle spalle l’ombra di Achille Lauro, che arriva subito dopo in collegamento da Piazza Colombo e a cui è stato spesso paragonato, anche a ragione. Anzi, lo supera. Lauro è diventato via via più serioso nel tentativo di fare arte pop, Rosa sgambetta allegramente coi capezzoli all’aria slinguando cantanti pop.
Cugini di Campagna
Lettera 22
7
Senza la loro assurda campagna mediatica sui Måneskin e Lady Gaga che li hanno copiati forse i Cugini di Campagna non sarebbero arrivati a Sanremo 2023. Se la sono giocata benissimo. Al posto di trasformarsi definitivamente in una macchietta, hanno scelto la misura di un pezzo d’amore (della Rappresentante di Lista) vecchio stile, con richiami all’epoca di ABBA e Bee Gees, però malinconico e senza spingere su camp e dintorni.
Madame
Il bene nel male
8,5
Madame riesce nella grande impresa di lasciare le polemiche al di fuori dell’Ariston con un Festival coerente e ben pensato (si veda il legame tra il brano in concorso e la cover di De André). Meno forte dell’esordio di qualche anno fa, ma dimostra di essere artisticamente maturata e di sapere qual è la sua strada. Finisce in lacrime tra le braccia di Amadeus.
Ariete
Mare di guai
6
Un inizio così così, una seconda esibizione più convincente, la cover di Centro di gravità permanente in cui le intenzioni superano la realizzazione. Stasera finalmente Ariete ha trovato l’anima tenera della canzone. Quelle come lei non sono fatte per arrivare a tutti. Però quelli a cui arrivano le premiano con un affetto sincero.
Mr. Rain
Supereroi
3
La variabile impazzita del Festival, dov’è entrato da underdog ed è uscito terzo, praticamente un percorso meloniano. Per dire: a fine dicembre i bookmaker gli davano le stesse possibilità di Shari. Bella storia, se non fosse per una canzone tremendamente conservatrice, col coro di bambini, le frasi sugli angeli, i buoni sentimenti esibiti. Questa sì che è roba pornografica, mica Rosa Chemical.
Paola & Chiara
Furore
8
Le sciurette dell’Eurovision potevano sbagliare tutto, hanno sbagliato poco. Nel Festival in cui tanti hanno messo in scena la loro sofferenza come in un grande Instagram cantato, loro hanno fatto ballare con divertimento e leggerezza. Peccato per l’inciampo nella serata delle cover.
Levante
Vivo
6,5
Se Levante ci provasse di meno – a farci vedere che è brava, che sa cantare, che ha una forte emotività, che vive “il digitale, l’uomo e l’animale” – potrebbe fare il salto di qualità. Ha tutte le carte in regola, ma non le gioca benissimo, ci mette troppa foga e Vivo funziona meglio nella versione in studio che all’Ariston.
LDA
Se poi domani
3
La canzone è esile, il testo incolore, lui troppo conservatore (musicalmente) per i nostri gusti. LDA ci è parso un Marco Carta (o un qualunque cantante pop generico) che rifà Ed Sheeran. Il problema non è il padre, sono i gusti del figlio.
Coma Cose
L'addio
7
Sono arrivati post litigio, a un passo da L’addio, e ne escono con un matrimonio all’orizzonte. Hanno portato un amore adulto, nel senso che hanno rappresentato crisi, silenzi, cose non dette, scazzi, la sensazione di avere buttato via una relazione importante, ma anche la riconciliazione. Al posto di raccontarlo in modo drammatico, l’hanno fatto con leggerezza e con la loro tenera imprecisione. Una storia d’amore a puntate a cui ci si affeziona.
Olly
Polvere
3
Olly potrà dire di aver cantato a Sanremo La notte vola con Lorella Cuccarini. Un bell’aneddoto da raccontare per i prossimi trenta Natali. Il suo Sanremo, però, è tutto lì.
Articolo 31
Un bel viaggio
6
Hanno portato a Sanremo non solo la loro storia personale di tamarri cazzoni che si perdono e si ritrovano in età adulta, con famiglia a carico, ma anche il trend di riconciliazioni in atto nel pop italiano: da beef a bff. Solo che, al posto di evocare lo stile di certe vecchie canagliate, hanno piazzato un ritornello alla 883 giusto per la loro età ed eventualmente per la nostalgia del loro pubblico, ma che li ha depotenziati. Con le cover di venerdì hanno ribadito il valore del brand.
Will
Stupido
2
Will è probabilmente l’artista più acerbo in gara e non per il visino che ricorda il giovanissimo Frankie Muniz di Malcolm. Il pezzo richiama gli 883, i Sottotono a Sanremo (e quindi di rimbalzo gli NSYNC) e qualsiasi brano di Sanremo Giovani. Ce lo siamo già dimenticati.
Leo Gassmann
Terzo cuore
2
La dimostrazione che la maggior parte dei cantanti che escono da Sanremo Giovani o dalle Nuove Proposte (Gassmann ha vinto la categoria nel 2020) non hanno un’idea, un progetto, una canzone particolarmente interessante. Di nuovo: il futuro è già passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti.
gIANMARIA
Mostro
5
Il problema non è il pezzo, che non è tremendo, e nemmeno la performance. È che di certi sfoghi giovanili resta davvero poco. Si difende, prova a non annegare come i suoi compagni di Sanremo Giovani. Finisce che annaspa, ma non affoga.
Anna Oxa
Sali (Canto dell'anima)
7,5
Lo spirito del Sanremo passato è apparso per ricordarci cos’è stato il pop italiano. Anna Oxa ha fatto musica a modo suo, con una canzone per niente facile, rammentando a tutti che si può e a volte si deve cantare contro il proprio tempo. Anzi, ha fatto tutto a modo suo, come se volesse dimostrare di non avere bisogno di Sanremo. E però Sanremo ha dimostrato di non avere bisogno di lei.
Shari
Egoista
2
L’idea che tutti possano cantare su un grande palco, in questo caso televisivo, dove Shari arriva via Sanremo Giovani, non fa bene a nessuno, nemmeno agli artisti acerbi che rischiano di essere bruciati.
Gianluca Grignani
Quando ti manca il fiato
9
Mercoledì ha iniziato lentamente, giovedì ha giganteggiato da vera rockstar, venerdì ha azzeccato l’ospite (Arisa, un’altra folle talentosa) e ha portato a casa un’esibizione instabile e clamorosa. Stasera ha fatto l’esecuzione più pulita. Grignani ha fatto un gran Festival perché ha portato sul palco dell’Ariston un’idea di musica spudoratamente emotiva, da cercare ogni sera da qualche parte dentro di sé, manco fosse un cantante soul o blues oppure Elvis a Las Vegas. Quando la trova, succede qualcosa che va oltre la canzone stessa e il Festival. Il voto è la media tra 8 (per la canzone, la performance, la personalità) e 10 (perché abbiamo recuperato un talento diverso e indecifrabile, e non era scontato).
Sethu
Cause perse
4
Più che un buon Sanremo, ha fatto un buon Fantasanremo. Sulla carta era uno dei giovani più freschi e sintonizzati col pop in cui viviamo, ma queste cinque serate sono sembrate una delle sue Cause perse. Arriva ultimo: può sempre sperare nell’effetto Tananai.