Chiamo io chiami tu
Gaia
7
Siccome con i pezzi di Sanremo i cantanti ci campano da qui all’estate, Gaia s’è giustamente portata avanti portando all’Ariston un potenziale tormentone, munendosi di un piccolo corpo di ballo, presenza oramai obbligatoria per popstar italiane e aspiranti tali. Avrebbe giovato un’interpretazione più forte e dinamica.
Viva la vita
Francesco Gabbani
3
Se vuoi scrivere una specie di inno alla gioia di vivere e non vuoi risultare oratoriale, devi tirare fuori musica e parole sorprendenti. Il “viva la vita così com’è” di Gabbani e questo arrangiamento non lo sono.
Il ritmo delle cose
Rkomi
6,5
Bella l’idea del violento decrescendo del testo, ma almeno in questa prima serata l’esecuzione non ha il carattere viscerale che uno vorrebbe. Ci vuole altro affinché il Sanremo 2022 di Rkomi non resti Insuperabile, ma restano altre due esecuzioni, potrebbe crescere.
Se t’innamori muori
Noemi
7,5
La musica italiana è cambiata e il Festival si è “spotifyzzato”. Noemi ha scelto di rimanere ferma, almeno qui a Sanremo 2025. La canzone non è sorprendente nonostante le firme di Mahmood, Blanco e Michelangelo, ma col suo modo interpretare e graffiare il giusto sui crescendo Noemi dimostra che se sai veramente cantare, te la cavi quasi sempre.
Lentamente
Irama
7
Interpretata da qualcun altro, anche da Blanco ad esempio che è tra gli autori, sarebbe stata una canzone con una sua delicatezza. Irama invece spinge, spinge e spinge, trasformandola in una specie di gospel tamarro fatto di sentimenti esposti in modo esagerato. Un punto in più perché potrebbe vincere.
Cuoricini
Coma_Cose
5
Dopo i “fottuti sentimenti” di Irama questa canzone so 80s, spensierata e paraculissima, da Ricchi e Poveri del 2025, suona fresca, leggera, spensierata e onestamente un po’ vacua. Sul palco però funziona per la presenza dei due.
Quando sarai piccola
Simone Cristicchi
6
Cristicchi sceglie d’interpretare in modo misurato, e fa bene, questa canzone che è già di per sé carica raccontando la storia vera della madre colpita da emorragia cerebrale che le lascia danni irreversibili. In platea si piange e ci si commuove. Ci arrendiamo ai buoni sentimenti.
Pelle diamante
Marcella Bella
6
Marcella Bella in versione “forte, tosta, indipendente”, o come si usa dire oggi empowered. Un po’ fa gridare al kitsch e un po’ suscita simpatia.
Incoscienti giovani
Achille Lauro
7,5
Le esibizioni di Achille Lauro sono sempre talmente artefatte che non ha senso chiedersi se sono credibili. Il suo scopo del resto è essere incredibile, evocare mondi e dopo una stagione passare oltre. Incoscienti giovani è una sintesi di certe vecchie canzoni d’amore lievemente disperato, con dentro il senso di Lauro per le storie periferiche e un verso, “ti chiamerò da un autogrill”, che ti s’appiccica in testa. Anche l’assolo di sax è un residuo d’altri tempi. Scopriremo nelle prossime serate se è troppo furba per essere vera.
La cura per me
Giorgia
9
Forse davvero Blanco, tra i protagonisti occulti di questo Festival, ha un’anima antica come dice Giorgia e riesce, con Michelangelo, a scrivere per lei, così come ha fatto per Mina, un pezzo che non è Come saprei e nemmeno E poi, ma porta quel tipo di canzone nel 2025 senza farla risultare forzosamente moderna e nemmeno sgradevolmente ammuffita. Il resto lo fa Giorgia, basta il nome.
Grazie ma no grazie
Willie Peyote
6
In una serata in cui l’attualità l’hanno portata Noa e Mira Awad cantando Imagine, il che è tutto dire, Willie Peyote dovrebbe rappresentare la quota intelligente e progressista. Solo che questa canzone, in cui pare di sentire echi di Pino D’Angiò, stenta ad essere tagliente, a dare la scossa che servirebbe.
Fuorilegge
Rose Villain
8
La formula di Click Boom! potenziata dopo un anno in cui Rose Villain ha consolidato il suo ruolo (e sviluppato la propria consapevolezza) nell’urban italiano. La Rose di rossa vestita entra con mosse da popstar e sfoggia un’intonazione da killer (termine che apprezzerà): fuorilegge.
Balorda nostalgia
Olly
6,5
Il tono colloquiale piace o non piace, la mise è da camallo che fa serata in disco, la scrittura convenzionale. L’interpretazione però è convinta. I bookmaker lo danno tra i favoriti.
Dimenticarsi alle 7
Elodie
7
Messa da parte la sua tipica, esibita irruenza working class, Elodie si ripropone in versione diva disco chic, più adulta e rétro, un po’ meno audace di quanto ci si aspetta da lei.
La mia parola
Shablo feat Guè, Joshua, Tormento
8,5
Il sogno bagnato delle teste hip hop della golden age: Shablo, Guè e Tormento (con la nuova generazione rappresentata da Joshua) arrivano all’Ariston, se ne fregano di ogni regola da Spotify e fanno la loro cosa aka, come si dice nel genere, i cazzi propri. Vibe.
Tra le mani un cuore
Massimo Ranieri
6
Il testo è giocato sul futuro, la musica sul passato, la voce è presente. Tra gli autori c’è il suo erede Tiziano Ferro e un po’ si sente. Il ruolo del fantasma dei Sanremi passati quest’anno lo interpreta lui.
Damme ’na mano
Tony Effe
3
Nell’operazione di pulizia dell’immagine di Tony Effe rientra anche questa canzone romanissima con citazioni di Lando Fiorini e Franco Califano, e omaggio alla mamma. È un pasticcio. Non è il suo. Meglio quando canta di schiaffi e reggiseni che volano.
Anema e core
Serena Brancale
6
La parte mancante di Parthenope, che ora con Netflix arriva in 190 Paesi nel mondo. E anche questa Sud Side Story, dal neomelodico alla pizzica, è roba che all’Eurovision spaccherebbe, nel bene e nel male. Non conta tanto il pezzo quanto l’onestà, la performance e la cazzimma: e qui ci sono tutte. Accattatevill’ (se volete).
L’albero delle noci
Brunori Sas
7,5
Antonella Clerici lo presenta come «raffinato cantautore», che suona un po’ come un premio alla carriera e un po’ come una condanna alla marginalità. Di canzoni ne ha scritte tante e di migliori, ma dopo Tony Effe e Serena Brancale sembra un gigante nonostante il tema, la figlia e gli affetti famigliari, su cui sono scivolati tanti grandi. Qui si gioca il Premio della critica, al Circo Massimo a giugno la possibilità di passare da Sas a Spa.
Non ti dimentico
Modà
4
Fanno il loro, ma pensavamo che questo modo di urlare i sentimenti in modo enfatico appartenesse al passato.
Febbre
Clara
7
Clara ha studiato: torna all’Ariston facendo sempre più o meno quella roba lì, ma quest’anno ha messo il turbo: 8 all’impegno (e occhio all’australiana).
Volevo essere un duro
Lucio Corsi
8
Dietro all’aspetto da freak e al trucco da glam rocker c’è un autore che concepisce la canzone come mezzo non tanto per fuggire dalla realtà, ma per immaginarne una migliore. E la sua confessione di debolezza ha il pregio di andare controcorrente quest’epoca di duri autocertificati.
Battito
Fedez
6,5
Anche quando canta di cose drammatiche, come la depressione-fatta-donna di Battito, mantiene una certa distanza dal suo stesso repertorio per puntare invece sulla spettacolarizzazione dell’ansia. Funziona.
La tana del granchio
Bresh
6,5
La canzone d’autore (o d’autori, che qui sono quattro) oggi suona così: un po’ dolceamara, un po’ slabbrata. Al di là del canto non sempre intelligibile, la resa è buona, giusto un filo tiepida.
Amarcord
Sarah Toscano
5
“È tutto così amarcord” è un verso giusto anche per descrivere questa canzone, che ne contiene molte altre del passato. Lei ci mette del suo, è la più giovane del Festival e la canta convinta, ma dopo tre minuti e mezzo di questa giostrina pop resta poco.
Eco
Joan Thiele
9
I suoni di chitarra twangy arrivano, l’eco (appunto) degli anni ’60 ripensati nei ’90 pure, il testo meno e su un palco come quello dell’Ariston è una mancanza. La canzone però c’è, eccome, lo stile pure.
Mille vote ancora
Rocco Hunt
6
Rocco Hunt fa Rocco Hunt. Molti lo odieranno, molti (incredibilmente) lo ameranno. Scegliete la vostra squadra. La somma per ora è 6. Il verdetto definitivo è rimandato prossime esibizioni.
Fango in paradiso
Francesca Michielin
5,5
Ci sono echi dell’amatissima Taylor Swift, ma anche tanto michielismo in questa canzone d’amore e disagio, come ha detto lei con una certa autoironia. Non spicca. Crescerà?
Tu con chi fai l’amore
The Kolors
5
Campioni di passaggi radiofonici, dai network alle radio locali, cercano di mantenere sul primato con un pezzo che s’avvicina perciolosamente al grado zero del tormentonismo formato Sanremo. Se è stato divertente, ora non lo è più.