Unire il suono e lo spirito del punk alle radici irlandesi per creare una delle band più originali degli ultimi quarant’anni. L’ha fatto Shane MacGowan coi Pogues. I loro album Rum, Sodomy & the Lash e If I Should Fall from Grace with God sono dei classici e le loro canzoni migliori (sia originali che cover) erano piene di cuore, di poesia e d’una bellezza straziata. È stato anche un ottimo partner nei duetti come dimostrano gli highlight della sua carriera.
King of the Bop
The Nipple Erectors
1978Prima di immergersi fino al collo nella musica tradizionale irlandese, MacGowan bazzicava la scena punk. Nel documentario di Julien Temple Crock of Gold si dice che MacGowan ha assistito a talmente tanti concerti dei Sex Pistols che avrebbe potuto entrare nella band invece di Sid Vicious (ok, chiunque avrebbe potuto farlo). MacGowan ha fondato il suo gruppo punk, i Nipple Erectors (poi Nips) e con loro nel 1978 ha pubblicato King of the Bop, un pezzo ispirato al rock degli anni ’50. Il suo ringhio abbinato a una chitarra alla Duane Eddy potrebbe essere il rave-up rockabilly più casinista e rozzo dai tempi di Red Hot di Billy Lee Riley, se solo i Cramps non avessero fatto uscire Surfin’ Bird lo stesso anno. Fortunatamente, MacGowan è poi andato in cerca delle proprie radici. (K.G.)
Dark Streets of London
The Pogues
1984Il singolo d’esordio dei Pogues del 1984, scritto da MacGowan, è il modello di tutto ciò che verrà. È al contempo leggero e depresso, allegro e livido, un mix perfetto di punk-rock e folk tradizionale irlandese. MacGowan sembra un ragazzo che fa casino nel giorno di paga, con quella sua voce che gracchia e sputa parole con un compiacimento da vero perdente anche quando dice di essere “condannato alla dannazione e senza un penny” nelle strade buie di Londra che ha reso vive come nessun altro autore. La canzone è inclusa nel grande debutto dei Pogues Red Roses for Me. (J.D.)
Waxies’ Dargle
The Pogues
1984“Says my aul’ wan to your aul’ wan, will ye go to the Waxies’ dargle?”: è l’inizio di un brano irlandese del XIX secolo che MacGowan e i Pogues hanno trasformato in un pezzo punk nell’esordio del 1984. Traduzione: “Mia mamma chiede alla tua: ti va di venire a una festa organizzata dai calzolai di queste parti?”. Che alla fine del Novecento significava: “Andiamo tutti al pub e sbronziamoci di brutto”, cosa che si può intuire quando MacGowan canta “Cosa prendi? Io mi faccio una pinta”. È una celebrazione gloriosa ed esilarante, che ha indicato il tono di tutto ciò che i Pogues avrebbero fatto nel decennio successivo. (K.G.)
The Band Played Waltzing Matilda
The Pogues
1985Inciso originariamente dal folksinger australiano Eric Bogle, che il critico Robert Christgau ha definito “uno dei cantanti più scarsi di qualsiasi emisfero vi venga in mente”, è uno dei ritratti più crudi mai scritti sulla natura della guerra. La versione della canzone di 8 minuti, stile marcia funebre, che conclude Rum, Sodomy, & the Lash è devastante. MacGowan la fa veramente sua, masticando ogni parola mentre affonda i denti storti nel racconto dei “senza gambe, senza braccia, ciechi e pazzi” che si consideravano fortunati per essere sopravvissuti alla battaglia di Gallipoli, nella Prima guerra mondiale. Un brano che colpisce per il realismo tremendo ogni volta che lo si ascolta. (J.D.)
Dirty Old Town
The Pogues
1985Scritta da Ewan MacColl (cantautore, drammaturgo e attore inglese), Dirty Old Town aveva già più di 30 anni quando i Pogues l’hanno fatta loro. Dopo essere stata utilizzata per la prima volta in un’opera teatrale di MacColl intitolata Landscape with Chimneys, era diventata uno standard nel Regno Unito. Mentre MacColl cantava Dirty Old Town con un certo distacco da purista del folk, MacGowan si è calato totalmente nello spirito della canzone. I postumi di una sbornia e una vita senza via d’uscita, suggeriti dalla voce di MacGowan, rendevano più vive le immagini delle stazioni di servizio, dei treni e dei gatti randagi, impregnando la canzone di un senso di rassegnazione perfettamente tangibile per chi la ascoltava negli anni ’80. (D.B.)
A Pair of Brown Eyes
The Pogues
1985Il genio di MacGowan, il modo in cui riusciva a soffiare via la polvere da tradizioni musicali secolari, raramente si è manifestato in modo altrettanto grandioso e struggente. Di primo acchito, A Pair of Brown Eyes è una di quelle ballate celtiche marinate nella birra che tutti cantano assieme alla fine di una lunga nottata al pub. Dietro a MacGowan, la band fila magnificamente, con il banjo e la fisarmonica che evocano immagini di dolci colline irlandesi. Ma il testo è tutt’altro che allegro: un reduce di guerra ascolta canzoni country al jukebox di un bar, mentre ricorda ciò che ha patito (“Le braccia e le gambe degli uomini erano sparpagliate ovunque”) e ciò che non potrà mai riavere indietro. Quando finalmente esce, sente gli uccelli e il vento, ma il suo peregrinare in cerca della serenità non finirà mai. (D.B.)
The Body of an American
The Pogues
1985La storia migliore di MacGowan, capace di scatenare l’inferno con fisarmoniche, cornamuse e tin whistle, è contenuta nel grande classico del folk-punk celtico ribelle firmato dai Pogues: Rum, Sodomy, and the Lash. The Body of an American è stata in un certo senso penalizzata dall’utilizzo in tutte quelle scene di The Wire con i tizi irlandesi che ballano, ma questa è una delle canzoni più vere mai scritte sull’immigrazione. È anche uno dei migliori pezzi per funerali e sbronze. È anche la canzone più autentica che parla di lasciare casa e riderci su, pur sapendo che non ci tornerai più, che non riuscirai a dimenticare il vero amore che ti sei lasciato alle spalle, che non avrai mai più una vera casa. (R.S.)
A Rainy Night in Soho
The Pogues
1986In una delle ballate più tenere dei Pogues, MacGowan canta che “mi sono riparato da un acquazzone e sono finito tra le tue braccia in una notte di pioggia a Soho”. È un omaggio all’amore della sua vita, quello che gli ha rubato il cuore in giovane età, che ha trasformato la sua vita in meglio e/o in peggio: e non si capisce se quell’amore sia una donna o il whisky. Probabilmente entrambe le cose. È questa ambiguità che ha fatto di MacGowan uno dei più grandi poeti del rock irlandese, e lui lo sapeva bene, visto che il pezzo è uscito in origine in un EP intitolato in modo sprezzante Poguetry in Motion. Mentre MacGowan brinda agli amici che non ci sono più, alcuni finiti in Paradiso e altri caduti all’inferno, i suoi grandi amori si fondono insieme, ma non importa, anzi, è proprio questo il punto: “Ora questa canzone è quasi finita, forse non scopriremo mai cosa significa / C’è ancora una luce che tengo davanti a me, e tu sei la misura dei miei sogni”. Quella “misura”, ovviamente, è un jigger e simboleggia sia il bicchierino per dosare il whisky che la donna che danza nei suoi sogni. (K.G.)
Fairytale of New York
The Pogues
1988La migliore canzone di Natale di tutti i tempi? I Pogues hanno coinvolto la grande cantante Kirsty MacColl per un pezzo che racconta di una coppia di immigrati irlandesi: arrivano a New York pieni di sogni e finiscono per odiarsi per i loro sogni sprecati e per i ragazzi del coro della polizia di New York che ancora cantano Galway Bay. MacGowan e MacColl (morta tragicamente nel 2000) hanno una chimica che supera persino quella di uno shot e una birra dopo la messa della vigilia di Natale. Quando Shane la definisce “una vecchia troia fatta di eroina”, Kirsty risponde con un insulto omofobo che fa rabbrividire, per gli standard odierni: “Brutto stronzo, verme / Frocio schifoso da quattro soldi / Buon Natale un cazzo / Prego Dio che sia l’ultimo insieme” (quando ha riregistrato il pezzo nel 2020 Jon Bon Jovi ha cambiato la parola in “sbruffone”). Accompagnata da archi alla Sinatra, la disperazione ti strappa il cuore. E in qualche modo la canzone è anche diventata una hit su MTV. (J.D.)
If I Should Fall from Grace with God
The Pogues
1988Uno dei migliori esempi del talento di Shane MacGowan nel punkizzare il folk irlandese. Title track del terzo album dei Pogues, il pezzo affronta il tema della morte, dell’annegamento e forse di politica irlandese. “Questa terra è sempre stata nostra / Era la terra orgogliosa dei nostri padri”, canta MacGowan prima di lanciare un urlo lancinante. Ma l’accenno al “risalire per tre volte” è un’immagine potentissima che deriva dal gergo marinaro: secondo la tradizione, infatti, prima di annegare si riemerge in superficie tre volte. Nel momento in cui MacGowan lo dice, in un ritornello così accattivante da finire in una pubblicità della Subaru, è in pace con la fine che lo aspetta: “Lasciatemi andare, ragazzi”. (J.H.)
Yeah Yeah Yeah Yeah Yeah
The Pogues
1988Anticipando le armonie superpositive del Brit pop prima ancora che Blur e Oasis si formassero, Yeah Yeah Yeah Yeah Yeah era un concentrato di buoni propositi (con un video musicale stile Top of the Pops che precorreva In Bloom dei Nirvana). Il testo è un unico grande atto di scusa in cui MacGowan ammette di essersi comportato da vero idiota con la ragazza che gli piaceva fin dai tempi della scuola (con alcune digressioni di cattivo gusto), poi promette che sarà l’uomo che lei sperava, ne è sicuro. “Adesso tutto quello che posso fare è sperare e pregare che tu mi perdoni prima che sia troppo tardi. C’è solo una cosa che posso dirti, sai che ti amerò, sai che è vero”. È stata la prima hit della band negli Stati Uniti (godetevi la extended version per una dose supplementare di “yeah”). Yeah! (K.G.)
The Sunnyside of the Street
The Pogues
1990L’inno agli immigrati The Sunnyside of the Street contiene uno dei ritornelli più riusciti di MacGowan: “Ho visto quel treno e ci sono salito / Con il cuore pieno d’odio e di voglia di vomitare / Ora cammino sul lato al sole della strada”. Con la melodia di Spider Stacy al tin whistle e l’ottima mandola del co-autore Jem Finer, la canzone tratteggia un quadro realistico della speranza e dell’angoscia che si provano nel lasciare la propria terra natale per andare in cerca di fortuna. Grazie alla produzione di Joe Strummer dei Clash (che ha anche sostituito brevemente MacGowan quando i Pogues l’hanno cacciato, dopo questo album), il ringhio di MacGowan si adagia dolcemente nella sunny side del mix. “Quel giorno ho capito che sarei rimasto proprio dove sono”, canta, “sul lato al sole della strada”. (K.G.)
What a Wonderful World
Nick Cave & Shane MacGowan
1992È possibile cantare What a Wonderful World come Louis Armstrong? No, ma se esiste qualcuno che si può avvicinare alla sua magnificenza gutturale è MacGowan, che ha inciso questa cover con Nick Cave nel 1992, poco dopo la sua cacciata dai Pogues. Nel video, MacGowan chiude gli occhi immerso nei suoi pensieri e quasi si perde nel testo, mentre lui e Cave si prendono per mano durante il verso che recita “gli amici si stringono la mano”. Era un’immagine ironica di pace offerta, e questo è strano, da due delle più grandi teste calde dell’epoca. La canzone è stata una piccola hit nel Regno Unito. (K.G.)
Haunted
Shane MacGowan with Sinead O’Connor
1995MacGowan potrebbe sembrare inadatto al ruolo di protagonista maschile, ma in questo duetto malinconico con Sinéad O’Connor (incluso nella colonna sonora di Ladri per amore del 1995) si cala con disinvoltura nella parte. Le note in falsetto di O’Connor nei versi iniziali (“Ricordi quel giorno di sole / Da qualche parte a Londra, nel bel mezzo del nulla”) sono controbilanciate dalle dichiarazioni d’amore burbere di MacGowan, che conferiscono alla canzone un’atmosfera irresistibile. I Pogues avevano registrato Haunted un decennio prima per la colonna sonora di Sid and Nancy, con MacGowan che cantava insieme a Cait O’Riordan. È stata però l’intesa con O’Connor a rendere il pezzo una hit minore, giunta fino al numero 30 della classifica inglese. I due sono rimasti amici, ma nel 2000 hanno litigato, quando O’Connor ha mandato la polizia da MacGowan nella speranza che la cosa lo aiutasse a smettere di farsi di eroina. Alla fine la loro amicizia si è rinsaldata, ma è questa canzone, una ballata spettrale sull’amore che non si spegne, rappresenterà per sempre la loro grandezza insieme. (E.G.P.)
My Way
Shane MacGowan
1996Se mai qualcuno, oltre a Frank Sinatra, si è conquistato il diritto di cantare questa ode alla cocciutaggine, quello è MacGowan. A metà degli anni ’90, quando ha trasformato la canzone in una rissa celtic punk, aveva già superato i 40 anni. Tutto questo emergeva chiaramente nella sua interpretazione, che non era né stucchevole né kitsch: era una dichiarazione di intenti sfrontata. “Sia messo a verbale, ho incassato tutti i colpi / E ho fatto a modo mio”, non solo diceva sul serio, ma ne era orgoglioso. L’ultimo momento di gloria di MacGowan si conclude, naturalmente, con un accenno di musica irlandese elettrificata, per ricordarci dove sono le sue radici. Speriamo che lui e Frank, da qualche parte, si stiano bevendo un bicchiere insieme. (D.B.)
Da Rolling Stone US.