«È una canzone che guarda alle sfide che il mondo deve affrontare, e cerca una risposta per tutti; spera di trasmettere la positività, la speranza e la determinazione necessarie a ogni squadra per vincere».
Probabilmente questo comunicato denso di slanci idealistici e pucciosi viene riciclato da 30 anni dai magliari della UEFA e dai filibustieri della FIFA per ogni Europeo o Mondiale di calcio. E la prima avrebbe perlomeno potuto omettere la positività, in questo periodo – oppure la parte conclusiva, che dopo il tentativo di scissione interna della Superlega si espone un po’ alle #ironiedelweb continentali: «La canzone intende comunicare un messaggio di coesione che ben si adatta a quello di UEFA Euro 2020: l’unità». Sì, come no.
E tuttavia forse, come chi scrive, anche voi alla fine vi fate trattare volentieri come scemi dal circo del calcio (perché forse ce n’è di peggiori). Di conseguenza potreste anche essere ben disposti nei confronti delle canzoni ufficiali dei megaeventi calcistici, quasi sempre affidate ad artisti che non hanno mai visto una partita, che si sforzano di rappresentare in modo romantico i muscolari strapagati che dall’11 giugno inizieranno a buttarsi per terra in area di rigore (ma anche fuori: il fine giustifica i mezzi, come diceva un antico allenatore). Non a caso siamo stati noi italiani a inaugurare l’era moderna delle canzoni ufficiali per gli Europei e i Mondiali, con le “notti magiche” escogitate da Giorgio Moroder, Gianna Nannini ed Edoardo Bennato per Italia ’90, quando Un’estate italiana (To Be Number One) sbancò le classifiche e non solo da noi, e fece da modello per molti degli inni calciosi successivi.
Ma le canzoni dei Mondiali sono le parenti ricche di quelle per gli Europei: ogni tanto diventano hit globali come La copa de la vida di Ricky Martin e Waka Waka di Shakira (certo, se sono delle baracconate malconsigliate, decisamente no: parliamo di te, Pitbull). Alle canzoni commissionate dalla UEFA per trasmettere la positività e la speranza e tutto il cucuzzaro non arrise egual gloria. Nel 2021, cioè nel 2020, si sono giocati Martin Garrix, Bono e The Edge. Può funzionare? E per quanto riguarda i pezzi precedenti, cosa non ha funzionato? Indaghiamo.
“More Than a Game” Towe Jaarnek & Peter Jöback (Svezia 1992)
CHI ERANO? Lei (Towe) era arrivata seconda al Melodifestivalen del 1991: nel 1992 incise il suo primo album, contenente questo pezzo. Per dieci anni non incise più niente. Nel 2002 ritornò col singolo Back Again. Non una grande rentrée: rimase ferma altri sei anni. Nel 2008 è uscito il suo secondo album. Beh, passiamo a lui: attore e cantante, interpretò una parte in uno dei musical scritti dai due ABBA maschi (quindi se siete giornalisti di altre testate e ci state leggendo, siete autorizzati a titolare che era “il quinto ABBA”, come viene scritto di qualunque svedese). Diciamo che non vennero scelti per meriti acquisiti sul campo, ma solamente perché qualcuno vide in loro la fiamma del talento. Chissà chi era.
COSA È ANDATO STORTO: Malgrado l’alto tasso di nottimagicheria, non convinse nemmeno i connazionali dei due cantanti, peraltro non molto noti in patria. Sarebbe stato il caso di bussare ai Roxette, ma sicuramente costavano troppo (in effetti, per la UEFA, 30 euro = troppo). Se pensate che sia inascoltabile perché troppo anni ’90, sbagliate: era inascoltabile anche negli anni ’90. Però il testo era particolarmente significativo: “Tutti cercano sempre di essere la squadra vincente, ma il premio più importante sarà portare gioia nella vita di qualcuno”. Urgh.
“We’re In This Together” Simply Red (Inghilterra 1996)
CHI ERA? Beh, dai: Mick Hucknall, uno dei re delle classifiche mondiali degli anni ’80 e ’90, ancor oggi in grado di riempire un’Arena di Verona, se gli gira. Tra l’altro, era anche un buon amico del primo ministro laburista Tony Blair, e a quanto si dice, un buonissimo amicissimo di sua cognata, sicché nessuno si meravigliò troppo quando fu scelto per esaltare la Cool Britannia propagandata appunto dal piacione che piaceva alla sinistra di tutta Europa. O perlomeno, alla Cool Sinistra.
COSA È ANDATO STORTO: Il fatto è che Hucknall, di carattere, è sempre stato tutt’altro che piacione, quindi nel momento in cui tutti da lui si aspettavano un brano ritmato e samboso tipo Fairground (n. 1 nel Regno Unito nel 1995), lui gli tirò in faccia questo brano che sembra nato per consolare le vittime di un uragano – o le nazionali eliminate dalla Repubblica Ceca ai quarti di finale. Per questo, ancor oggi molti suoi connazionali scrivono che l’inno ufficiale degli Europei di Londra era Three Lions di Lightning Seeds e dei comici Baddiel e Skinner, con le previste dosi di euforia, ironia e cori delle curve, che fu intonata almeno finché in semifinale la Germania giustamente rimandò l’Inghilterra a casa. Ok, già c’era – è un modo di dire.
“Campione 2000” E-Type (Belgio & Olanda 2000)
CHI ERA? Bo Martin Erikson, leader di una formazione dance svedese. Ma che c’entra con Belgio e Olanda? Niente, ma pur di non litigare su chi scegliere tra Hooverphonic e Anouk, l’incarico venne affidato a questi outsider dell’eurodance che nessuno conosceva, forti di un n. 53 in UK sei anni prima. Pensando: «Sì, nel 1992 con due cantanti svedesi è andata male però, ehi: non può piovere per sempre».
COSA È ANDATO STORTO: Gli E-Type ricorsero all’astuzia di mettere su una base dance ad alto tasso di bpm un famosissimo ritornello olandese del quale nessuno sa che è olandese: quello che dice “Campione, campione, ohé, ohé, ohé!”. Detto così non suona familiare, ma se volete sentire Oranje Boven, canto tradizionale che inneggia alla famiglia reale dei Paesi Bassi, scoprirete che avete sempre pensato che quel coro un po’ scemone fosse italiano, o spagnolo, o inglese, o tedesco. Ma non francese, toh. Così, nessuno trovò il pezzo molto originale, e non infuse nei popoli quel senso di meravigliosa unità che può dare, per esempio, il perdere con la Francia. Che vinse quell’edizione (golden goal di Trezeguet nella porta di Toldo) e si limitò a mandare la canzone al n. 66 nelle classifiche francesi. Il fatto che avesse un titolo italiano forse divertì i non numerosissimi acquirenti.
“Força” Nelly Furtado (Portogallo 2004)
CHI ERA? Canadese di origine portoghese, è stata una popstar mondiale negli anni Zero, e tuttora con quattro pezzi sopra i 150 milioni di ascolti su Spotify può darsi legittimamente un po’ di arie. Tra questi brani ci sono I’m Like a Bird (Grammy Award come canzone dell’anno nel 2002, top 10 in USA e UK) e Promiscuous, prodotta da Timbaland, n. 1 in USA e in top ten persino da noi. E cosa c’è a metà tra il 2002 e il 2006? Ehm, questo pezzo. Che di ascolti su Spotify ne ha 6 milioni.
COSA È ANDATO STORTO: In realtà il pezzo non è così male, e va tenuto conto che il rischio col Portogallo era beccarsi dei deprimentissimi interpreti di fado. Ma forse per quel funesto bacio della morte che stronca ogni canzone ufficiale degli Europei, forse per le maglie della nazionale di casa ostentate nel video, o forse per il fatto che a ripetere “Forsa, forsa” ci si sente più davanti a un tiro alla fune in Veneto che in una finale a Lisbona – sta di fatto che l’unico mercato un po’ robusto a regalare un ingresso in top ten a Força fu quello tedesco (n. 9).
“Can You Hear Me” Enrique Iglesias (Austria & Svizzera 2008)
CHI ERA? Il figlio del portiere di riserva del Real Madrid, Julio Iglesias – che poi, finita la carriera di calciatore, ha venduto 300 milioni di dischi in tutto il mondo, un piano che sicuramente Raiola sta già studiando per Donnarumma (una cover di Se mi lasci non vale sicuramente piacerà ai milanisti). Enrique ha cercato di ripetere la carriera del padre, ma non è stata una buona idea: di dischi ne ha venduti solamente 180 milioni: epic fail! E questo pezzo certamente non lo ha aiutato a colmare il devastante gap.
COSA È ANDATO STORTO: Anche in questo caso, invece di puntare su una storica collaborazione tra Yello e Kruder & Dorfmeister, la joint venture portò a un artista neutrale. Ed Enrique Iglesias sembrava aver le carte in regola per un bel pezzo di latineria incarognita – invece spiazzò tutti con questa pop-dance raffinata in odore di Madonna (forse è un’espressione un po’ forte), scritta con Steve Morales e Frankie Storm e ovviamente incisa nella sua Miami. La Spagna vinse gli Europei ma non adottò la canzone, troppo chic per lei. Il testo era incentrato sulla necessità di ballare (che sorpresa, Enrique) e del tutto privo di allusioni al progresso sociale e civico che arride a una nazione quando la sua squadra di calcio vince un torneo. Chissà se fu per questo tipo di disillusione agnostica che piacque agli olandesi, unici a mandarla al n. 1 in classifica.
“Endless Summer” Oceana (Polonia & Ucraina 2012)
CHI ERA? Oceana Mahlmann, cantante tedesca di origini martinicane, con i suoi brani pop e una partecipazione a Ballando sotto le stelle polacche (ok, non è il vero nome, ma è quello, fidatevi) aveva fatto breccia a Varsavia e dintorni, in particolare con Cry, Cry (2009). I polacchi la proposero agli ucraini, che allargarono le braccia e ammisero che non erano il popolo più indicato per dettare legge in tema di successi pop, persino di fronte ai polacchi.
COSA È ANDATO STORTO: In realtà niente, dal punto di vista della canzone: un brano euro-pacchiano ed euro-caciarone sulla scia di Mr. Saxobeat; andò al n. 2 in Italia e al n. 3 in Germania. Però nessuno di noi la associava al calcio, tutti pensavamo che fosse uno di quei pezzi dance scritti da nove autori diversi che dilagano nelle radio e nei corsi di aerobica. Quando in realtà gli autori erano solamente otto. Difficile ricondurla al calcio, non avendo un testo che incita a sognare di essere tutti uniti e fratelli, o quanto meno a sognare di umiliare le altre tifoserie: il testo afferma che se davvero lo vogliamo, raga, l’estate può durare per sempre. Poi, che una di nome Oceana inneggi al Global Warming ci sta.
“This One’s For You” David Guetta feat. Zara Larsson (Francia 2016)
CHI ERANO? Qui bisogna ammetterlo, i francesi hanno calato l’asso: per un baraccone internazionale, David Guetta è perfetto – lui tra l’altro, essendo uno che si prepara, ha capito che doveva portarsi qualche svedese, perché gli svedesi ci vogliono SEMPRE (la prima a pensarlo è la UEFA, dove hanno tenuto in sella lo svedese Johansson come presidente per ben 17 anni), così fece cantare il pezzo a Zara Larsson.
COSA È ANDATO STORTO: Mmh. No, niente. Quasi mezzo miliardi di ascolti su Spotify, che è un numero da paura per chiunque, anche se non è il massimo che lui o lei abbiano ottenuto. Tra l’altro Guetta ha persino copiato il ritornello “We’re in this together” dai Simply Red del 1992 – e a lui, ha detto bene.
COSA HA FUNZIONATO: In primo luogo, a un certo punto della canzone, i tifosi fanno “oooh”. Che è sempre importante – e guardiamoci in faccia, è la cosa più rilevante che sappiano dire. In secondo luogo, c’è l’Auto-Tune. E con l’Auto-Tune vinci sempre, proprio come quelle squadre e quei popoli veramente uniti dal sogno di superare gli ostacoli credendo in se stessi. E infine, la cosa che ha funzionato più di tutte e ha reso ancora più accattivante questo pezzo è il fatto che la Francia è arrivata in finale a Parigi contro un Portogallo privo del suo bambolotto pregiato, eppure ha perso lo stesso – LOL.
“We Are the People” Martin Garrix feat. Bono & The Edge (Euro 2020)
CHI SONO? Lui è un dj e produttore sved… OLANDESE, enfant prodige al n. 1 nel Regno Unito già a 17 anni con un pezzo-martello strumentale, in cui la melodia era affidata alle tastiere zanzarone che andavano all’epoca (Animals, 2013). Loro sono i due esponenti più in vista di una band irlandese che negli anni ’80 e ’90 era abbastanza al centro del rock. Poi sia loro che il rock hanno iniziato un po’ ad andare a mosche. Come del resto la nazionale irlandese, eliminata ai playoff dalla Slovacchia.
COSA PUÒ FUNZIONARE: Gli U2 sono molto amati. E il pezzo sembra Where the Streets Have No Name, però svegliatasi in un club quattro decenni dopo (facendosi molte domande). Il testo è autenticamente consolatorio, con evidenti richiami alla pandemia ma anche ai tanti guai di un continente abbacchiato (tranne dove è sovranista e orgoglione, lì si divertono): contiene frasi che nessuno scrive e canta più da anni, tipo “We’re the people that we’re waiting for”.
COSA PUÒ ANDARE STORTO: Gli U2 sono anche molto odiati. Già si legge in giro “Si sono venduti per l’ennesima volta!” (laddove l’impresa di portare via soldi alla UEFA dovrebbe farli rivalutare anche dagli hater). E un loro testo consolatorio, che dice per esempio che “dalle strade di Dublino a Notre Dame” la vita può migliorare se ci mettiamo tutti insieme, farà accapponare i denti a parecchia gente. Specie nel caso si venga eliminati dalla Francia.