I contributi di David Bowie al mondo del cinema sono importanti e ben documentati (date un’occhiata alla lista dei suoi ruoli migliori sul grande schermo), ma la sua presenza nella cultura pop è talmente immensa da non potersi unicamente circoscrivere ai film in cui è apparso. Ziggy Stardust, Thin White Duke, Aladdin Sane e gli altri frammenti della sua grande personalità hanno rappresentato la colonna sonora della nostra vita per più di quaranta anni, e per altrettanto tempo hanno sporadicamente fatto parte delle colonne sonore dei nostri film. Le canzoni di Bowie non sono mai risultate fuori posto, non in una space opera e nemmeno in una pellicola sui tornei medievali. È musica malleabile come l’uomo che l’ha scritta e i suoi brani migliori non perderanno mai la misteriosa capacità di far sembrare ordinario ciò che è alieno, e viceversa.
Pochissimi film non guadagnerebbero punti includendo la giusta canzone di Bowie, come pure quella sbagliata. Tuttavia, per gran parte della carriera, Bowie è stato purtroppo riluttante (anche comprensibilmente) a prestare la sua musica ad altri artisti. È solo negli anni ’90, quando trova anche il modo migliore per venderne i diritti, che Bowie si ammorbidisce. Prevedendo un rimodellamento definitivo dell’industria musicale dettato dalla tecnologia, che cambia le leggi sul copyright, Bowie si rende conto che «gli autori e la proprietà intellettuale subiranno un brutto colpo» e decide di non opporsi. Di conseguenza, negli ultimi due decenni c’è stato un netto incremento di film impreziositi dalla sua voce.
Perciò, con una leggera enfasi sugli ultimi 20 anni (ed escludendo le canzoni che ha scritto, ma che non ha cantato – scusaci tanto, Lust for Life), abbiamo stilato i migliori 12 momenti musicali di Bowie nella storia del cinema. Preparatevi al meglio dell’abbinamento fra suoni e visioni.
“Cat People (Putting Out Fire)” in ‘Bastardi senza gloria’
Quentin Tarantino è noto fra le altre cose per l’uso della musica che fa nei suoi film e l’inserimento di Bowie è una delle sue scelte più azzeccate. Nel 2009, il climax incendiario di quest’opera revisionista sulla Seconda guerra mondiale viene innescato dai tamburi e dai sintetizzatori di Cat People (Putting Out Fire), traccia a sua volta commissionata per la colonna sonora de Il bacio della pantera, thriller animalista di Paul Schrader del 1982. Accompagna la scena in cui Shoshanna (Mélanie Laurent), proprietaria di un cinema ebreo, guarda fuori dalla finestra mentre cala il crepuscolo sulla notte finale della Germania nazista. Il testo della canzone (“Ho spento il fuoco, con la benzina!”) fornisce un indizio su quel che la ragazza ha in serbo per Hitler. Conoscendo la storia, ci aspetteremmo un fiasco totale. E invece Shoshanna, esattamente come Bowie, costruisce il futuro che lei stessa ha architettato.
“Life on Mars” in ‘Le avventure acquatiche di Steve Zissou’
Il quarto, acquoso film di Wes Anderson sguazza completamente tra le melodie di David Bowie, quasi tutte filtrate attraverso la voce del musicista brasiliano Seu Jorge. Anderson sostituisce le cover acustiche di Jorge con le versioni originali soltanto in due occasioni e si assicura che entrambi i momenti godano di sufficiente importanza per guadagnarsi i diritti d’autore. Aggiungendo Queen Bitch sulla trionfante inquadratura finale, il film si conclude in bellezza, ma Life on Mars, usata quando l’oceanografo Steve Zissou (Bill Murray) se ne sta fumato sulla prua della nave, assorbendo silenziosamente la rivelazione bomba di essere padre, illustra perfettamente i sentimenti del protagonista.
“Under Pressure” in ‘L’ultimo contratto’
Per la maggior parte delle persone, la pressione più grande nella vita è quella inflitta a sé stessi. Per chi di lavoro fa il sicario e si ritrova nel bel mezzo di una crisi morale provocata dalla riunione decennale con i vecchi compagni delle superiori, tale pressione è insostenibile. È quanto accade a Martin Blank (John Cusack), la cui vita da killer professionista si capovolge quando guarda negli occhi il figlio neonato di un ex compagno di classe, mentre la voce di David Bowie (e di Freddie Mercury) gli parla tramite l’impianto stereo: “È il terrore di sapere come è fatto il mondo, guardo alcuni cari amici che gridano: tirami fuori!”. Bowie si è sempre contraddistinto per uno stile unico nel comunicare con le persone, perciò non c’è da stupirsi di come Martin si ritrovi a salvare vite umane, anziché terminarle.
“Modern Love” in ‘Rosso sangue’
Il presupposto del film del regista francese Leos Carax del 1986 sembra preso in prestito da uno dei concept album di Bowie: in una bizzarra Parigi del futuro, una nuova malattia mortale uccide i giovani che fanno sesso senza legami emotivi. Una sera, Alex (Denis Lavant) e la fidanzata del suo capo, Anna (Juliette Binoche), sono rintanati in un minuscolo appartamento, quando lui accende la radio. Quando il DJ annuncia la canzone successiva, Modern Love, Alex si lancia in una delle scene più prorompenti della storia del cinema, mentre il corpo di Levant che si agita esprime l’effetto che fa la musica di Bowie. La scena racconta in maniera talmente perfetta la forza di essere giovani e vitali che Noah Baumbach e Greta Gerwig la copieranno in tutto e per tutto in Frances Ha, quasi trent’anni dopo. La definizione di amore è in continua evoluzione. Bowie, tuttavia, rimane eterno.
“Young Americans” in ‘Dogville’
Lars von Trier ha sempre avuto un debole per David Bowie. Life on Mars ad esempio introduce lo splendido capitolo finale di Le onde del destino. Il suo miglior momento-Bowie arriva quando meno te lo aspetti. Dogville è un’allegoria di tre ore sulle radici dell’ingiustizia americana, ed è ambientato in un set scarno, dove il gesso sul pavimento rappresenta di tutto, dalle case agli animali domestici. Cresce d’intensità, giungendo a un’esplosione di violenza che lascia perplessi, fin quando (appena prima che il pubblico inizi a commentare) non irrompono i sassofoni levigati di Young Americans, il loro vivace ritmo soul contrapposto alle immagini di un’America al suo peggio. Proprio così, il severo minimalismo del film ti svela infine la burla, costringendoti a sorridere e sfidandoti a ridere. Quanti musicisti hanno avuto il potere di trasformare del tutto una pellicola, anche dopo il finale?
“Heroes” in ‘Noi siamo infinito’
Quale film non farebbe di tutto per sfoderare Heroes al momento giusto? Nell’era del cinema Marvel, non si fatica a immaginare quanti blockbuster trarrebbero beneficio sovrapponendo il singolo di Bowie alle scene che culminano in battaglie epiche. Ma lasciate che questa tormentata storia di formazione del 2012 strappi via le virgolette dal titolo della canzone ed estragga da un simile classico la sincerità nella quale il cantante non è stato disposto a indulgere. Dimenticate l’ironia: questi disadattati della periferia di Pittsburgh non hanno nemmeno mai sentito tale brano immortale prima di ascoltarlo in radio durante un fatidico viaggio notturno, con la voce di Bowie a cavalcare un muro di suono tanto forte da superare le macerie del muro di Berlino, e raggiungere una nuova generazione di teenager emarginati che lo attendono dal lato opposto.
“That’s Motivation” in ‘Absolute Beginners’
In quest’ode del 1986 di Julien Temple alla cultura giovanile del Regno Unito, Bowie (nel ruolo del pubblicitario Vendice Partners), è in parte Don Draper e in parte Willy Wonka. “Ti innamori della realtà”, rinfaccia al culmine della sua performance in That’s Motivation, che permette a Bowie di danzare su qualsiasi cosa, dai tasti di una massiccia macchina da scrivere fino alla cima di un mappamondo. È la messa in scena perfetta per un uomo che è sempre stato fuori dall’ordinario. “Perché sono così eccitante?”, canta. “Cosa mi rende così istrionico?”. Cerchiamo ancora di capirlo.
“Golden Years” in ‘Il destino di un cavaliere’
Ambientata nel XIV secolo, ma piena zeppa di canzoni rock scritte 600 anni dopo, questa pellicola incentrata su un torneo medievale con Heath Ledger protagonista non funziona granché, almeno fino a quando arriva la musica di Bowie. Ledger interpreta uno scudiero che finge di essere nobile e rischia di essere smascherato quando prende parte a un noioso ballo di corte senza conoscere le mosse giuste. Fortunatamente per lui, per qualche ragione il dj di corte dispone di una copia di Station to Station e quando Golden Years comincia a diffondersi dalle antiche mura della sala la notte si scioglie in un funk che scalda l’atmosfera. Non passa molto tempo prima che il nostro eroe e la sua bella di nobili origini si sintonizzino sul groove perfetto: che si tratti del 1975 o del 1375, Bowie rappresenta il suono di una nuova generazione che impara a prendere l’iniziativa.
“Magic Dance” in ‘Labyrinth’
Chi altro avrebbe potuto entrare a far parte del mondo di Jim Henson tanto facilmente quanto David Bowie? È gioia pura vedere il suo Joreth, il Re dei Goblin, arrivare in un regno di mostri fantoccio e salire immediatamente sul trono. In una ben nota sequenza del film, in cui Bowie coinvolge i suoi svitati tirapiedi in una canzone incentrata sulla gioia di vederli cantare, Joreth rievoca la forza di Ziggy Stardust. Strana, minacciosa e profondamente amabile, Magic Dance fa dimenticare l’ossessione del Re dei Goblin nel voler trasformare una Jennifer Connelly pubescente nella sua Regina.
“I’m Deranged” in ‘Strade perdute’
In qualità di artista inconsueto, Bowie era un collaboratore affidabile e brillante, dotato di un raro talento nell’aiutare gli altri a dare un senso alle proprie ispirazioni. Non c’è dunque da stupirsi di come David Lynch (che in precedenza aveva già scelto Bowie come attore in Twin Peaks: Fuoco cammina con me) abbia usato una delle canzoni del musicista nei titoli di testa del suo noir rompicapo. I’m Deranged del 1995 mette in connessione il mondo cosciente e l’immaginazione cupa di Lynch. Chi meglio di Bowie può guidarci in luoghi dove altrimenti avremmo paura di addentrarci?
“Moonage Daydream” in ‘I guardiani della galassia’
Secondo James Gunn, il regista della più sfacciata avventura intergalattica dell’universo cinematografico Marvel, “non può esistere un film sci-fi ispirato agli anni ’70 che non include Ziggy Stardust“. Gunn ha ragione. Della saga di supereroi più redditizia di sempre, Guardiani della galassia è stato forse il capitolo più rischioso. Il film ha il compito di vendere al grande pubblico Marvel una storia di fantascienza i cui eroi protagonisti sono un procione geneticamente modificato e un albero alieno monosillabico. Ma ecco arrivare David Bowie, che ha colmato il divario tra l’uomo medio e gli extraterrestri meglio di chiunque altro. La canzone prende il via nel momento in cui i Guardiani si preparano a entrare in un luogo chiamato Knowhere e il film è sul punto di svelare tutta la sua stranezza. Quando la voce di Bowie ci invita ad andare fuori di testa “in a moonage daydream, oh yeah”, è come se ci autorizzasse a metterci comodi e goderci il viaggio.
“Starman” in ‘Sopravvissuto – The Martian’
A volte, il modo migliore di utilizzare una canzone è includerla in un film nella maniera più didascalica possibile. La tattica funziona a meraviglia nel blockbuster sci-fi di Ridley Scott incentrato sull’astronauta Matt Damon, bloccato su Marte con poco più di qualche canzone degli ABBA e una manciata di patate fertilizzate con le sue stesse feci. Perché, allora, il film è così divertente da guardare? In parte perché Scott si affida alla musica per dimostrare come la scienza moderna stia iniziando a realizzare i nostri sogni. Per validare la teoria, arruola l’alieno più amato sulla faccia della terra, facendolo cantare in un montaggio in cui la NASA si accinge a salvare un uomo su un pianeta lontano: “C’è un uomo delle stelle che attende in cielo / Ci ha detto di non distruggerlo / Perché sa che ne vale la pena”. Un po’ troppo esplicito? Forse. Comunque efficace? Sì.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.