Nell’anno appena trascorso ci sono stati molti inattesi ritorni discografici, alcuni dei quali avvenuti dopo pause lunghissime. Gli MC5, ad esempio, sono tornati con l’album Heavy Lifting a ben 53 anni di distanza da High Time, stabilendo il primato di band con l’intervallo più lungo tra due dischi. Un risultato purtroppo segnato dalla scomparsa degli ultimi membri originali, Wayne Kramer e Dennis Thompson, venuti a mancare nei mesi precedenti alla pubblicazione. Artisti anni ’80 come Lone Justice, Jesus Lizard e The The hanno interrotto lunghi silenzi, pubblicando nuovi album dopo un quarto di secolo. Tra i ritorni spiccano anche Bruce Dickinson solista, Manu Chao, Black Crowes, Slash, Gossip, LL Cool J e addirittura i redivivi New Kids on the Block. Ma la parte del leone in questo squadrone di “numeri ritardatari” l’hanno fatta i Cure, che a 16 anni dal deludente 4:13 Dream hanno conquistato pubblico e critica con Songs of a Lost World.
Ispirati da questi e altri comeback records, abbiamo selezionato alcune delle opere più significative. Per orientarci tra la vasta gamma di potenziali candidati, abbiamo seguito criteri precisi: ci siamo concentrati esclusivamente su artisti solisti, evitando le band per le quali il tema risulta più complesso, tra reunion e nuove formazioni. Inoltre, abbiamo preso in considerazione solo titoli pubblicati circa un decennio dopo l’album precedente.
Alla fine, resta sempre la domanda: ne è valsa la pena? Perché, si sa, quando si torna in studio dopo tanti anni, il rischio di un autogol è sempre dietro l’angolo.
Up
Peter Gabriel
2002 (10 anni dopo Us)Peter Gabriel è il campione indiscusso della tregua discografica. Dopo un avvio fulminante della carriera solista, con quattro album in cinque anni, a partire da So ha cominciato a dilatare i tempi in studio e a diradare le pubblicazioni. Avremmo potuto scegliere i/o, uscito a fine 2023 a ben 21 anni di distanza dall’ultimo album di canzoni originali, Up. Quest’ultimo, spesso sottovalutato, ha sofferto il confronto con una delle discografie più solide tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90, ma a ben vedere risulta più interessante – duole ammetterlo, dopo l’attesa – di i/o, attorno al quale si era ormai creata una disagevole aura di disco da leggenda metropolitana. L’album del 2002, ricco di beat accattivanti (Growing Up) e pulsioni profonde (Darkness), contiene anche More Than This, Signal to Noise e The Drop, canzoni che non sfigurano di fronte al glorioso passato di Gabriel. Pur non essendo un’opera completamente riuscita, Up rappresenta l’ultimo disco davvero emozionante del musicista britannico.
Is This the Life We Really Want?
Roger Waters
2017 (25 anni dopo Amused to Death)Abbiamo scelto il lato scomodo della luna. Perché David Gilmour era altrettanto papabile quanto il suo ex sodale – e ormai acerrimo rivale – per questa lista, con On a Island pubblicato nel 2006, 22 anni dopo About Face, ma anche sul filo del rasoio con Luck and Strange, uscito l’anno scorso. Il ritorno di Waters, inizialmente bloccato dai tribunali italiani a causa della querelle con Emilio Isgrò per sospetto plagio delle iconiche cancellature dell’artista siciliano sulla copertina (poi risolta con stima reciproca), è un efficace vademecum watersiano. Modulato dalla produzione di Nigel Godrich, affabula ma non sorprende, ripetendo stilemi poetici e musicali di un’era consolidata. Il disco del 1992, Amused to Death, è più attuale e riflette in modo più significativo il genio creativo di Waters.
Ten New Songs
Leonard Cohen
2001 (9 anni dopo The Future)A un mese dagli attentati dell’11 settembre escono i nuovi brani di Leonard Cohen. C’è la parola canzoni nel titolo come nei suoi album più classici, c’è il suo inconfondibile timbro baritonale. Il mondo fuori è in fiamme, ma la calma che permea l’album è figlia del prolungato ritiro dell’artista canadese al Mount Baldy Zen Center, dove Cohen passa cinque anni in compagnia del suo Maestro Roshi. Coadiuvato da Sharon Robinson, già co-autrice di Everybody Knows e Waiting for the Miracle, il cantante di Montréal si affaccia sul nuovo millennio con una ritrovata sobrietà dopo anni di alcolismo e depressione. Lo ritroviamo avvolto da una musica discreta, soffusa, con accenni di R&B, sostenuta dalla voce della Robinson e da un’onnipresente tastiera Casio. All’epoca fu un disco, per così dire, di conforto, ma paragonarlo ai giganti che l’avevano preceduto resta tuttora un esercizio sterile.
The Next Day
David Bowie
2013 (10 anni dopo Reality)Uno degli assiomi del rock è che David Bowie (come i Beatles) non si può discutere. Vale anche per chi ha scambiato o venduto nei negozi dell’usato i CD di Never Let Me Down e Black Tie White Noise, chi non ascolta Outside dal 1995 e – Tin Machine a parte – ha sorvolato su gran parte della meno remota discografia del Venerato Maestro. Dopo l’angioplastica del 2004, come un mago che ha esaurito trucchi e colpi di scena, umano troppo umano, Bowie si inabissa nei suoi mari stellati, riemergendo qua e là. The Next Day – complice Tony Visconti – è un sussulto ricco dei suoi migliori echi che scuote chiunque dal disincanto della “sparizione” del Duca Bianco. La magia, anche riascoltandolo oggi, è nell’aria. Accanto alla perdita. Lou Reed docet.
Oh Yes I Can
David Crosby
1989 (18 anni dopo If I Could Only Remember My Name)Nel decennio degli yuppie, tra tossicodipendenze, paranoie, armi detenute illegalmente e cinque mesi di galera, per Croz si è messa davvero male. Passata la nuttata, il fondatore dei Byrds si dà una ripulita e torna con un disco solista che, sin dal titolo (un richiamo, forse, all’autobiografia best seller di Sammy Davis Jr. uscita nel 1965), si riallaccia simbolicamente a If I Could Only Remember My Name, capolavoro del 1971 che non ha mai avuto un seguito (né una risposta). Ma la distanza da quell’opera, figlia dell’epoca d’oro del sound della West Coast, si dimostra incolmabile. Doti vocali indiscutibili e discrete canzoni di ripartenza sono messe a dura prova da arrangiamenti in salsa 80s sparsi qua e là.
Aerial
Kate Bush
2005 (12 anni dopo The Red Shoes)Negli anni ’90, a causa della sua vita appartata (in realtà aveva avuto un figlio e non voleva che la notizia diventasse di dominio pubblico), i tabloid britannici iniziano prendere di mira la cantante del Kent, etichettandola come una sorta di eccentrica reclusa in stile Greta Garbo e arrivando addirittura a paragonarla a Miss Havisham, l’indimenticabile e malinconico personaggio di Grandi speranze di Dickens. La risposta artistica all’infondato gossip arriva con il suo primo doppio album, strutturato in due parti sulla scia di Hounds of Love. Un disco ricco di sfaccettature (dal reggae alla musica rinascimentale), che non sfigura fra i suoi classici e in cui, in Prologue, declama anche qualche verso in un italiano incerto, tanto singolare quanto quasi comico. Ma la vera rivincita della Regina dei Fish People – nome della sua etichetta – è arrivata inaspettatamente nel 2022 grazie a Stranger Things.
Tilt
Scott Walker
1995 (11 anni dopo Climate of Hunter)Una delle rentrée più apprezzate dalla critica è quella di Noel Scott Engel, ovvero Scott Walker, ex golden boy della premiata ditta Walker Brothers. Dopo aver interpretato perle di prelibato pop con i suoi due pseudo-fratelli John Maus e Gary Leeds (Walker era il “cognome di scena” del trio) e aver realizzato dischi in proprio con esiti alterni, si schianta commercialmente con l’ultimo album del gruppo, lo sperimentale e completamente autografo Nite Flights (la cui title track viene ripresa da Bowie in Black Tie White Noise), e con una prova solista, Climate Hunter, che pare uno dei dischi meno venduti della storia della Virgin. Smarrito sul piano personale e incompreso sul piano artistico, il crooner dalla voce baritonale, così particolare e poco incline all’ortodossia del bel canto, sembra giunto al capolinea, nonostante una schiera di cultori di pregio (Julian Cope, Brian Eno, e in seguito Jarvis Cocker, Nick Cave e altri). Nel 1995 arriva Tilt, capolavoro di avanguardia modernista che cita Pier Paolo Pasolini e archivia definitivamente melodie, armonie e fregi orchestrali. I ferri del mestiere del passato non sono più utili alla sua seconda giovinezza.
I’m New Here
Gil Scott-Heron
2010 (16 anni dopo Spirits)Già nel pantheon del rap – Chuck D, per celebrarlo dopo la sua morte nel 2011, scrive il tweet “We do what we do and how we do because of you” – il poeta e attivista di The Revolution Will Not Be Televised, ormai senza etichetta discografica, viene arrestato nel 2001 per possesso di cocaina. Dopo aver scoperto di essere positivo all’HIV, finisce di nuovo in prigione e viene in seguito rilasciato sulla parola. I’m New Here, canzone di Bill Callahan alias Smog, dà il titolo al nuovo album, che si discosta dalle influenze soul-jazz e funk a favore di una produzione minimalista, fra elettronica, post blues e spoken word, marchio di fabbrica di un ancora battagliero Scott-Heron. Il tutto mixato ed elaborato dalla regia acuta di Richard Russell, patron della XL Recordings. Il giornalista e critico Will Hermes chiosa: «I ritorni discografici mi preoccupano sempre, soprattutto quando sono fatti da uno dei miei eroi… Ma questo disco mi ha incantato».
Centerfield
John Fogerty
1985 (10 anni dopo John Fogerty)Dopo aver archiviato l’esperienza con i Creedence Clearwater Revival nel 1972, John Fogerty pubblica solo due dischi e dice addio alla Fantasy Records: una raccolta di cover country & western incisa con lo pseudonimo The Blue Ridge Rangers e l’album omonimo di cui fanno parte Almost Saturday Night e Rockin’ All Over the World, la canzone che, dieci anni più tardi, aprirà il Live Aid nella versione degli Status Quo. Proprio nell’anno del concerto globale orchestrato da Bob Geldof, l’ex frontman dei CCR torna sulle scene. Con Centerfield, Fogerty vola inaspettatamente in vetta delle classifiche, come ai tempi d’oro di Green River e Cosmo’s Factory. Interamente scritto, prodotto e suonato da lui, Centerfield è anche un tributo al baseball, una delle sue grandi passioni. La title track è diventata un classico da stadio, mentre The Old Man Down the Road, che riporta Fogerty nella top 10 dei singoli, e Rock and Roll Girls sono gli altri brani di punta dell’album. Non mancarono le controversie: il brano Zanz Kant Danz, una critica neanche troppo velata – al pari di un altro pezzo, Mr. Greed – a Saul Zaentz, boss della Fantasy (“Vanz can’t dance, but he’ll steal your money”), è oggetto di una causa legale che costrinse Fogerty a modificarne il titolo in Vanz Kant Danz. Inoltre, l’artista fu chiamato a dimostrare che The Old Man Down the Road non fosse un plagio (o meglio, un autoplagio) di Run Through the Jungle dei CCR. Fogerty vinse la causa, sostenendo la sua tesi esibendosi in tribunale, chitarra alla mano.
Mystery Girl
Roy Orbison
1989 (10 anni dopo Laminar Flow)La seconda metà degli ’80 segna la resurrezione artistica di Roy Orbison dopo anni di eclissamento. Nel biennio ’86/’87 esce il disco collettivo Class of ’55: Memphis Rock & Roll Homecoming con Johnny Cash, Jerry Lee Lewis e Carl Perkins e la raccolta In Dreams, una rivisitazione dei suoi classici, ispirata dal successo di Velluto blu di David Lynch, che includeva il brano omonimo. Il punto di svolta è la nascita dei Traveling Wilburys nel 1988, il supergruppo con Bob Dylan, George Harrison, Jeff Lynne e Tom Petty. Il successo ottenuto con i Wilburys rilancia la sua carriera, aprendo la strada alla realizzazione di Mystery Girl, prodotto principalmente da Jeff Lynne, Mike Campbell e T Bone Burnett. L’album è un’ottima raccolta di canzoni, tra cui spicca You Got It, co-scritta con Lynne e Petty, riportando Orbison ai vertici delle classifiche internazionali, come non accadeva dai tempi di Oh, Pretty Woman. Altri momenti clou, She’s a Mystery to Me di Bono e The Edge degli U2 e The Comedians, composta da Elvis Costello sulla falsariga di Running Scared, una delle hit più celebri di Big O. Con Mystery Girl, il Caruso del rock dimostra di non essere passato di moda, pubblicando quello che sarebbe diventato il suo disco più venduto di sempre. Non ebbe però il tempo di godersi questo trionfo, poiché il 6 dicembre 1988 si spegne prematuramente, a soli 52 anni. L’album è stato pubblicato il 31 gennaio 1989 ed è l’unico postumo di questa lista.