Alice rappresenta un caso raro nella storia del pop italiano: una cantante dedita alla musica leggera, quando non leggerissima, che a un certo punto prende in mano la sua carriera e si trasforma in cantautrice di alta nobiltà sonora. Pochi tra quelli che negli anni ’70 avevano adocchiato la giovanissima Carla Bissi, alla quale in seguito era stato affibbiato lo pseudonimo di Alice Visconti, avrebbero scommesso sulle sue peculiarità. Cantante melodica di bell’aspetto, aveva all’attivo una partecipazione a Sanremo 1972 e due album (La mia poca grande età del 1975 e Cosa resta… un fiore del 1978) che non lasciavano presagire le scelte future. Brani melodici, buoni sentimenti, arrangiamenti sontuosi di scuola Pooh (Giancarlo Lucariello era il produttore, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli tra gli autori) e poco altro.
Nei primissimi anni ’80 Alice si rompe le scatole di quel mondo. Vuole creare la sua musica, le sue canzoni, mettere in campo a tutti i livelli un’immagine diversa di sé. Ci vuole coraggio e lei ne ha da vendere, anche perché ha da poco incontrato tal Franco Battiato, uno che è da poco passato dalla sperimentazione più ardita al pop di classe. Bissi, che nel pop ha ampiamente fatto esperienza, vuole offrire qualcosa di nuovo, di inaudito. Così sia Franco che Carla si buttano, lei prende coraggio e tira fuori le unghie. Smessi i panni dell’interprete cuore-amore, la sua voce acquista personalità, la sua presenza scenica si fa impattante, con un fascino algido ma penetrante. Quando si esibisce assume un’atteggiamento che lascia trapelare un carattere indomito, non si mette mai nei panni dell’innamorata che si strugge. È una donna che sa il fatto suo, forte, consapevole, moderna.
Una volta decurtato il Visconti dallo pseudonimo e trovata la giusta chiave, il successo arriva: Il vento caldo dell’estate la impone, Per Elisa la consacra portandosi a casa una vittoria a Sanremo 1981 totalmente inaspettata e fuori dai canoni festivalieri. È una piccola grande rivoluzione che impone Alice come autrice o interprete mai doma nel mettersi in gioco. Dimostra altro coraggio nel momento in cui si stacca da Battiato e continua da sola, facendo a meno del positivo influsso del siciliano per esplorare se stessa e la sua musica, per capire con quali mezzi avrebbe potuto condurre la propria carriera. Presto arriva a comprendere che le canzoni di successo non sfamano la sua voglia di sperimentare, bisogna compiere passi azzardati, andare in direzioni inaspettate, non ripetersi. Circondata da musicisti e collaboratori di alta caratura a livello internazionale, dà alle stampe una serie di album che si pongono come perfetta enciclopedia delle possibilità del pop.
Eccoli quindi i capitoli di questa esaltante avventura, sistemati in classifica. Per focalizzarci al meglio sulle sue opere più personali, si è deciso di non prendere in considerazione i lavori degli anni ’70, poco rappresentativi, e i dischi nei quali Alice ha rivisitato i propri successi (Elisir) o si è fatta (eccelsa) interprete di materiale altrui: il mistico God Is My DJ, gli album con brani di Battiato, Viaggio in Italia in cui omaggia diversi storici cantautori, e Mélodie passagère nel quale riprende Satie, Ravel e Fauré.
Samsara
2012Dopo una pausa discografica protrattasi per ben nove anni, Alice ritorna con un album pop elegante, ma deludente. Nonostante la produzione di Steve Jansen (fratello di David Sylvian, anche lui in forza nei Japan) il disco non decolla. I pezzi migliori sono Un mondo a parte, Morire d’amore scritta da Mino Di Martino (ex Giganti) e la reinterpretazione di Al mattino dei Califfi. Samsara vede inoltre una nuova collaborazione con Battiato per Eri con me e una joint venture con Tiziano Ferro. Non basta a non far pensare a una opportunità sprecata.
Exit
1998Rispecchia un momento di crisi creativa da parte di Alice, che neppure il duetto con Skye dei Morcheeba in Open Your Eyes (firmata con Francesco Messina, Juri Camisasca e Peter Hammill) riesce a risollevare. Exit offre un pop elettronico vagamente sbiadito, sostando in una zona intermedia: né abbastanza accattivante per il grande pubblico, né sufficientemente ricercato. Canzoni come la title track e Dimmi di sì non offrono novità, così come i testi.
Charade
1995Definito «una riflessione sulla vita, che è rebus, enigma, mistero», Charade vanta la collaborazione di Trey Gunn (King Crimson) e del California Guitar Trio di frippiana memoria. Il risultato è un album brillante e vivace, caratterizzato da testi profondi e melodie essenziali, con l’aggiunta di ritmi più decisi e pulsazioni quasi dance, senza rinunciare a screzi etno-ambientali e acustici. Tuttavia, nonostante alcuni brani interessanti, Charade resta un album di transizione.
Falsi allarmi
1983Per la prima volta da quando è esplosa, Alice decide di fare totalmente a meno della collaborazione con Battiato. Il risultato è Falsi allarmi, che esplora nuove vie senza una direzione precisa. Si distinguono le melodie anni ’60 di Solo un’idea, il mix di percussioni per Notte a Roma, gli arrangiamenti piano e synth per La canzone più bella e l’atmosfera rarefatta de Il profumo del silenzio. Battiato invece torna a far capolino come (inevitabile) influenza in Osanna. Sicuramente un disco maturo che però non maschera alcune incertezze.
Weekend
2014È a oggi l’ultimo album di inediti della cantante forlivese. Un disco che rilancia la collaborazione con Battiato in Veleni e nel duetto de La realtà non esiste, intenso tributo allo scomparso Claudio Rocchi. Si fanno notare anche gli interventi di Luca Carboni in Da lontano, elevata dalla tromba di Paolo Fresu, le atmosfere care ai Blue Nile (dei quali Alice rilegge Christmas) e nuovi positivi sviluppi a livello di scrittura. Tirando le somme, Weekend segna un ritorno elegante e rinverdisce l’interesse per Alice presso il pubblico.
Mezzogiorno sulle Alpi
1992Con Mezzogiorno sulle Alpi, ispirato dalla passione per la montagna come rifugio dalle nevrosi urbane, Alice crea una sorta di suono zen nel quale entrano in campo anche influenze musical-letterarie che vanno da Hesse ad Handke passando per Pasolini. Con richiami a Tim Buckley e i Roxy Music, il disco spazia positivamente tra ambient, blues e jazz, impreziosito dalle ospitate di Paolo Fresu, Dave Gregory (XTC), Richard Barbieri (Japan, Porcupine Tree) e Jakko Jakszyk (King Crimson).
Azimut
1982Anticipato dal singolo Messaggio, Azimut dà il via al lento distacco da Battiato. L’album si fa ricordare per lo splendido pianoforte della title track e per un parziale cambio di direzione rispetto al sound wave di Alice, con ritornelli maggiormente orecchiabili e un uso ricorrente del sax. Spiccano le collaborazioni con Eugenio Finardi per La mano e Laura degli specchi, mentre Chanson egocentrique è il primo (indimenticabile) duetto con Franco.
Alice
1981A seguito dell’exploit sanremese di Per Elisa, l’album che porta il nome della cantante è un successo che mixa new wave e sperimentazione pop. Battiato supervisiona e, insieme a Giusto Pio, affianca Bissi nella scrittura. Il risultato si fa eccellente in A te, Non ti confondere amico e Non devi avere paura. Il capolavoro del disco è però Una notte speciale, con un testo esotico e una melodia perfetta, arricchita da arrangiamenti sintetici non dissimili da quelli del coevo La voce del padrone. In Germania il brano stazionerà in classifica per ben due anni, agevolando il primo tour europeo di Alice.
Capo Nord
1980Trainato dal successo de Il vento caldo dell’estate, Capo Nord segna il vero esordio per Alice, anticipando le innovazioni che Battiato apporterà al pop degli anni ’80, dall’uso dell’elettronica di stampo wave, fino ai testi ambiziosi e ai ritornelli maestosi. Alice riesce finalmente a trovare il suo stile manifestando una sensibilità intima attraverso scenari di isolamento e tristezza autunnale, vedi Una sera di novembre nella quale il pianoforte arricchisce una melodia tenue e delicata. Bazar e Sera mostrano invece una raffinata ricerca sui testi e un uso sapiente del nonsense.
Park Hotel
1986Ora Alice è totalmente consapevole delle sue capacità di musicista a 360 gradi e collabora con personaggi del calibro di Tony Levin, Jerry Marotta e Phil Manzanera. Francesco Messina (art director, musicista e compagno della cantante) prende in mano il timone della produzione e insieme a Bissi dà vita a Park Hotel, con un sound arioso dalle connotazioni ambient e world, non dissimile da quello di artisti come Peter Gabriel e Kate Bush (per la quale Alice scrive Luci lontane, duetto mai realizzato con la performer inglese). Park Hotel splende anche per la presenza della Nomadi di Juri Camisasca (in seguito re-interpretata da Battiato), per le eleganti volute synth di Volo di notte e per le raffinate Il senso dei desideri e Viali di solitudine.
Il sole nella pioggia
1989Nel 1989 Alice mette insieme i pezzi delle esperienze accumulate e dà vita un capolavoro nel quale musicisti italiani e stranieri dialogano armonicamente adagiandosi su un suono-mondo che mixa diverse sfumature: c’è un mood malinconico non distante da quello di David Sylvian, echi dell’Eno del quarto mondo (complice la tromba sciamanica di Jon Hassell), sfumature del prog più nobile (il duetto con Peter Hammill dei Van Der Graaf Generator), scampoli di folk onirico, elettronica, il riappropriarsi delle atmosfere “made in Battiato” col tramite del fido Juri Camisasca, le riprese di brani di Finardi e molto altro. Il tutto per Il sole nella pioggia, mai titolo fu più appropriato per descrivere suoni e visioni di un album che ha proprio il profumo dell’aria dopo uno scrosciante acquazzone. Che spiega con poche parole cosa vuole dire trovare una luce per andare oltre i propri affanni. Queste dieci canzoni sono carezze, balsami per l’anima, piccoli anfratti nei quali rifugiarsi quando il temporale imperversa per ritrovare ancora una volta un abbraccio, un luogo che ci appartiene, un riparo da noi stessi.