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David Bowie, la leggenda di ‘Heroes’

Trasferitosi all'ombra del Muro di Berlino insieme all'amico Iggy Pop, il Duca Bianco compose un album leggendario nato per migliorare il mondo ispirandosi alla musica elettronica della capitale tedesca

Foto di Andrew Kent

Stabilitosi a Berlino, con un modo di lavorare avviato e in una situazione emotiva e fisica migliore, Bowie completò il secondo capitolo della sua Trilogia Berlinese molto in fretta. Iniziò immediatamente dopo aver chiuso Lust for Life, la sua seconda collaborazione con Iggy Pop. Anche Brian Eno, il suo compagno di nuovi linguaggi musicali, era rimasto sedotto dalla Kosmische Musik con i Cluster e stava lavorando al suo disco in uscita, Before and After Science.

Heroes fu registrato agli Hansa Studio, ex cupa sala da ballo della Repubblica di Weimar che ospitava i party nazisti e ora era adiacente al Muro. La città contribuì profondamente a dare forma all’album, con brani strumentali che riflettevano il suo multiculturalismo: Bowie suonò un koto giapponese su Moss Garden e una melodia mediorientale al sax in Neuköln. V-2 Schneider si riferisce ai Kraftwerk.

L’influenza di Berlino esplode nella title track, probabilmente la più incredibile prova vocale di Bowie, dove si racconta la storia di due amanti che si incontrano all’ombra del Muro – ispirato, come poi si scoprirà, dagli abbracci che Bowie scorse tra Tony Visconti e la sua ragazza. Il tutto è sostenuto dal sound ultraterreno della chitarra di Robert Fripp: «Arrivai con una Les Paul al collo e un grande Marshall stack, il suono della chitarra fu prodotto semplicemente dai feedback», ricordò.

Eno dichiara di aver saputo che Heroes sarebbe stata una grande canzone «fin dal primo momento in cui iniziarono a suonarla». Registrando le sue parti vocali una volta che le musiche furono impostate, Bowie confermò che «il lamento della chitarra di Fripp innescò qualcosa di davvero forte emotivamente». Heroes è forse la canzone di Bowie più amata. Quando gli si domandava come mai continuasse ad avere un impatto così forte sul pubblico, Fripp rispondeva: “Perché Bowie stava parlando a ciò che c’è di supremo in noi”.

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