La musica non è solo qualcosa di bellissimo che riempie le nostre giornate. Per molti giovani artisti è qualcosa di più: è un sogno, un’ambizione, magari un lavoro. A volte è una fuga da una realtà, altre invece un modo unico per riuscire a comunicare, ad esprimere senza filtri la propria persona. La musica parla di amore e di rivalsa, di possibilità e futuro, ed è sempre un rapporto tra persone, tra chi la musica la compone e chi la ascolta, in un continuo scambio emotivo.
Oggi, più che mai, creare spazi e dare la possibilità ai giovani artisti di farsi sentire è fondamentale. Per questo Café Unplugged di Moak, azienda leader nel settore della torrefazione e distribuzione del caffè, è diventato in breve tempo un punto di riferimento dei contest musicali italiani, coinvolgendo giovani musicisti di tutta Italia nelle categorie Soul, Funk, Jazz, Classic e Rock.Anche quest’anno, dopo una mole di candidature, si è arrivata ad una rosa di dieci finalisti (due per categoria) dopo un’attenta selezione fatta da una giuria composta da Moak, Betty Senatore di Radio Capital, Shorty e noi di Rolling Stone. A scegliere i vincitori, però, siete stati voi del pubblico, segnalandoci i vostri artisti preferiti tra quelli in gara.
Ecco quindi i vincitori: a conquistare la categoria funk è stato DD Chic con il suo brano Guarda la realtà, mentre per il soul ha trionfato Avex con The End. Il pianoforte di Jnz ha vinto per quanto riguarda la classic, mentre ai lati opposti del suono, nel rock, hanno prevalso i Nobody. Infine nella categoria l’ha spuntata Michele Marchi con Gennaio.
Per conoscere meglio gli artisti vincitori, li abbiamo intervistati per farci raccontare la propria storia e l’emozione per il successo.
Vincitore categoria Funk: DD Chic
Come ti sei avvicinato alla musica?
La musica mi ha sempre accompagnato dalla nascita, avendo una mamma cantante e un papà ballerino. La svolta però vero è stata a 11 anni, ascoltando il repertorio che stava provando mia madre per un matrimonio e c’è stata la folgorazione: Michael Jackson!
Qual è il tuo artista di riferimento? Quale artista ti ha fatto innamorare della musica o di quale vorresti ripercorrere le orme?
Bruno Mars e Anderson Paak e di conseguenza il loro progetto collaborativo, i Silk Sonic, che hanno rispolverato il genere funk anni ‘70, attualizzandolo.
Cosa ti spinge a fare musica? Che ruolo ha nella tua vita?
Faccio musica per dare un messaggio di speranza, di follia e di spensieratezza. Sento che la mia missione è quella di riportare gioia vera nell’ascoltatore e di conseguenza far tornare la voglia di vivere la musica e non solo di fruirla come se tutto fosse una grande playlist. Il funk per me è terapeutico, ti svolta la giornata in positivo e di questi tempi penso che di positività ne serva molta.
Qual è il ricordo più bello che hai legato alla musica?
A Montebelluna (paesino nel Veneto), tre anni fa, ho avuto la possibilità di esibirmi cantando e ballando in un grande palco molto attrezzato e ho potuto il pubblico che festeggiava e ballava con me con una partecipazione incredibile. È stato bellissimo vedere centinaia di persone stare bene insieme grazie all’atmosfera che avevo creato.
Cosa significa per te aver vinto Café Unplugged di Moak nella categoria?
È sinonimo di conferma: il lavoro, i sacrifici, le porte chiuse in faccia per far sentire la mia musica finalmente hanno un senso. Sento che la strada è quella giusta. Voglio che questo sia un punto di partenza perché voglio porta la mia musica ovunque. Voglio portarvi tutti nella mia Astronave Viola e portarvi tra polvere di stelle in nuovi universi.
Vincitore categoria Soul: Avex
Come ti sei avvicinato alla musica?
Ho sempre avuto una forte passione per la cultura hip hop e soul, anche grazie a mio fratello e mia sorella che ascoltavano quei generi quando ero piccolo. In adolescenza, a 16/17 anni riscrivevo i testi dei rapper americani ad orecchio mettendoli poi a confronto con ciò che realmente dicevano; questo, oltre a guardare film in lingue originale mi ha aiutato a perfezionare il mio inglese, il mio flow, la mia cadenza. Poco dopo ho conosciuto un ragazzo, Yodin August, che mi ha motivato a comporre i miei brani.
Qual è il tuo artista di riferimento? Quale artista ti ha fatto innamorare della musica o di quale vorresti ripercorrere le orme?
A livello di liricismo, senza dubbio, Eminem. E poi Kendrick LAmar e J Cole oltre a Tupac, Biggie, NWE, Outkast in particolar modo Andre 3000, Anderson Paak, Asap Rocky.
Cosa ti spinge a fare musica? Che ruolo ha nella tua vita?
Ciò che mi spinge a fare musica è l’ispirazione, una cosa su cui molto raramente ho il pieno controllo. La musica è terapeutica, è una valvola di sfoga: l’unico momento in cui posso scappare da me stesso o da tutti i problemi che ho nella vita è quando scrivo, registro o sono su un palco a fare un live davanti ad un pubblico. Riesco ad esprimere concetti che magari in una conversazione normale non riuscirei ad esprimere.
Qual è il ricordo più bello che hai legato alla musica?
Quando ho vinto il mio primo talent show a scuola a 18 anni e ho visto che i miei compagni non se lo aspettavano minimamente. È stato il momento in cui mi sono detto «mi piace questo feeling, mi fa stare bene, questa è la roba per me».
Cosa significa per te aver vinto Café Unplugged di Moak nella categoria?
Sono molto felice di aver vinto. Ringrazio tutti quelli che hanno creduto in me e mi hanno votato- Spero che questa vittoria sia l’inizio di tante belle cose e che mi possa aprire porte che fino ad ora erano chiuse.
Vincitore categoria Classic: Jnz
Come ti sei avvicinato alla musica?
Mio nonno è stato una delle figure più importanti nel mio avvicinamento alla musica. Da piccolo lo guardavo suonare i suoi molteplici strumenti che, tutte le volte che andavo a trovarlo, non vedeva l’ora di suonare insieme a me, anche se io ero ancora troppo piccolo per saperne di musica. Eppure, stavo lì a guardarlo con emozione e ammirazione. A sei anni ho iniziato a prendere lezioni di pianoforte e pian piano, tutto quel mondo che fino a quel momento avevo ammirato con i soli occhi, iniziavo a maneggiarlo con le mie stesse mani.
Qual è il tuo artista di riferimento? Quale artista ti ha fatto innamorare della musica o di quale vorresti ripercorrere le orme?
Ci sono degli artisti che mi hanno rapito più di altri, penso a Benjamin Clementine, conosciuto ai suoi albori e diventato “anima e core” di quella voce e quella musica che risuonava dentro di me, ma che non ero ancora stato capace di esprimere. Francesco Tristano è sicuramente un altro esempio di come il pianoforte classico e la musica elettronica/sperimentale possano incontrarsi creando magiche combinazioni di due volti della stessa medaglia. I nomi continuerebbero per giorni: dal pianoforte di Eric Satie, a quello di Freddy Mercury, dal romanticismo di Chopin alla trascendenza di Wim Mertens, dagli improvvisi sognanti di Keith Jarrett ai reali sogni di Battiato.
Cosa ti spinge a fare musica? Che ruolo ha nella tua vita?
Tutto mi spinge a farla, niente l’opposto. Provo solo vuoto al pensiero di trascorrere anche solo un giorno senza della musica intorno o dentro di me.
Qual è il ricordo più bello che hai legato alla musica?
Ricordo le mie piccole dita sul pianoforte, e le mie prime soddisfazioni dopo esser stato ore e ore su un brano che non riuscivo a suonare, ricordo i pianti e le frustrazioni, e poi la luce, qualcosa che usciva, il riuscire a farcela! Voglio dare il massimo che posso, col massimo che ho dentro di me. Tutta la mia vita è costellata da eventi che richiamano la musica: dal mio bisnonno artigiano e costruttore di fisarmoniche, al nonno, ai primi passi col pianoforte, ai miei primi saggi di pianoforte, poi i concerti, le mie prime composizioni, l’avvicinamento all’elettronica e alle mie parti più nascoste da illuminare e sperimentare.
Cosa significa per te aver vinto Café Unplugged di Moak nella categoria?
Mi dà l’opportunità di mettermi in campo, riassaporare il gusto di salire su un palco, con le farfalle che si muovono dentro, quella fame di mangiare il mondo, sorridere agli occhi di chi ti guarda, condividere qualcosa che solo tu possiedi e che solo condividendolo può realmente metterti in contatto con ciò che hai dentro e con ciò che è intorno a te.
Vincitore categoria Jazz: Michele Marchi
Come ti sei avvicinato alla musica?
Ho passato buona parte della mia infanzia nel ristorante dei miei genitori in Sardegna e mi ricordo che a Capodanno si organizzavano sempre delle grandi cene con musica dal vivo, suonata da bravissimi musicisti della zona. Credo sia stato proprio in una di quelle occasioni che per la prima volta ho provato qualcosa di forte con la musica, quando uno dei musicisti mi piazzò davanti al microfono e mi fece cantare. Qualcosa di Celentano credo! La mia voce mi sembrò leggerissima. Svolazzava per il locale in quell’aria di festa, tra la gente che mangiava, che canticchiava. Che era felice. In adolescenza poi ho preso lezioni di pianoforte e chitarra e ho iniziato a suonare con il mio primo gruppo nei bar. Più tardi ho seguito dei seminari di canto jazz alla Scuola Civica di Nuoro diretta da Paolo Fresu e lì ho realizzato che, senza accorgermene, la musica stava diventando per me molto importante.
Qual è il tuo artista di riferimento? Quale artista ti ha fatto innamorare della musica o di quale vorresti ripercorrere le orme?
Fabrizio De Andrè. Il cantautorato italiano per me è una bibbia fondamentale da consultare ciclicamente. Un sussidiario imprescindibile che ti insegna a pensare, a leggere e a scrivere. Amo molto le visioni e la letteratura che Paolo Conte riesce a fare in musica, ad esempio. O Capossela anche. Ma se proprio devo cercare di mettere a fuoco un percorso mio credo di sentirmi più vicino ai cantautori trasversali e “contaminati”, quelli considerati crossover, come Dalla, Bersani, Gazzè. O Beck, che è capace di scrivere ballad intimiste incredibili e poi di virare su atmosfere decisamente più eclettiche. Mi piace la contaminazione, soprattutto quella interdisciplinare, diciamo, che viene anche dal cinema, dalla letteratura, dal teatro. Buona parte della musica che mi ha influenzato ad esempio viene dalle colonne sonore dei film che ho amato. Impazzisco per il modo in cui Thomas Newman o Joe Hisaishi scrivono le partiture per gli archi ad esempio.
Cosa ti spinge a fare musica? Che ruolo ha nella tua vita?
Di mestiere faccio altro, sono sceneggiatore, e questo può sembrare strano ma forse mi permette di riservare alla musica la parte migliore di me, quella più pura intendo. Nel senso che non ho bisogno di forzare la penna per produrre canzoni in quantità, per fare mercato, diciamo. Scrivo una canzone quando sento un’urgenza, altrimenti mi dedico ad altro. Per ora è una condizione che mi rassicura molto. Spero col tempo di conservare questo pensiero come una bussola interiore, che mi indichi la rotta anche nel caso non dovessi più pensare da artista indipendente. A volte scrivo per organizzare i pensieri e per renderli fisici. È un buon modo per fare sintesi. Amo la gioia intatta che provo quando creo qualcosa dal nulla, qualcosa che prima proprio non esisteva. Mi dà sollievo, mi fa pensare di riconnettermi a qualcosa di grande e di integro, di spirituale forse. Mi sembra che scrivere dia valore al tempo che ho, in qualche modo lo scandisce e gli dà un senso. Se non scrivo niente di buono sento di perdere qualcosa che non potrò più recuperare.
Qual è il ricordo più bello che hai legato alla musica?
Il Premio De Andrè. Qualche anno fa arrivai in finale a quel concorso e devo dire che salire su un palco che porta quel cognome e cantare davanti a Dori Ghezzi, Morgan e altri artisti di quel calibro fu un’emozione pazzesca.
Cosa significa per te aver vinto Café Unplugged di Moak nella categoria?
È una bellissima opportunità. Spero possa significare qualcosa in termini di costruzione di un percorso, di creazione di un pubblico ideale magari. Sono cose che si conquistano col tempo ma spero che questo possa essere un piccolo inizio. Voglio inoltre ringraziare la giuria e tutte le persone che mi hanno votato, ci tengo molto perché ho sentito molto calore da parte loro e spero di onorare questa vittoria facendo un buon live.
Vincitore categoria Rock: Nobody
Come ti sei avvicinata alla musica?
È sempre stata parte della mia vita, non c’è stato un momento preciso in cui mi sono appassionata, è sempre stata una costante. Ho iniziato a suonare da bambina il piano e poi la chitarra. In seguito, ho approcciato il mondo del songwriting e ho iniziato i miei primi progetti. Dopo aver deciso di scrivere in inglese mi sono trasferita in Inghilterra per essere più consapevole e credibile nella scrittura.
Qual è il tuo artista di riferimento? Quale artista ti ha fatto innamorare della musica o di quale vorresti ripercorrere le orme?
L’artista che mi ha fatto innamorare della musica è stato Bruce Springsteen. Il suo modo di scrivere e la sua autenticità mi hanno insegnato come fare questo mestiere. Stilisticamente non mi rifaccio a nessun artista in particolare, le influenze sono molteplici. Sono affascinata dalla nuova scena britannica e nord europea, ma sto lavorando a costruire un linguaggio estremamente personale e riconoscibile.
Cosa ti spinge a fare musica? Che ruolo ha nella tua vita?
È per me un modo di esprimermi, un mezzo di comunicazione. Cerco di vivere la musica ogni giorno, focalizzandomi sul mio percorso da artista e lavorando per crescere. La musica mi ha portato in un altro paese, mi ha dato la voglia di mettermi in gioco e la volontà di lavorare duro. Oltre alla crescita artistica, per me la musica è anche uno stimolo per il mio arricchimento personale, le conoscenze, i viaggi, gli scambi sono tutte esperienze che arricchiscono il mio bagaglio personale.
Qual è il ricordo più bello che hai legato alla musica?
Nel 2019, suonavo abbastanza regolarmente a Londra e ho fatto il mio primo sold out al Notting Hill Club di West London. Credo che le più belle soddisfazioni debbano ancora venire, in ogni caso secondo me la sensazione di ascoltare per la prima volta il master di un nuovo brano credo sia difficilmente eguagliabile.
Cosa significa per te aver vinto Café Unplugged di Moak nella categoria?
L’idea del contest è molto originale, sono felice di essere stata scelta e di essere stata votata. Mi ha anche reso felice il fatto che l’altra band in finale nella mia categoria, i Banana Joe, formata per 2/3 dal mio produttore e dal mio batterista, siano della mia stessa etichetta (Dischi Bastardi), quindi è stata una finale tra amici!