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Ecco perché continuiamo a parlare di Marc Bolan e dei T. Rex

Il gruppo inglese è appena entrato nella Hall of Fame. Bolan è stato lo spirito guida di tanti ‘cosmic dancer’ del rock, da Prince a Harry Styles. E ha avuto il fegato di ingaggiare David Bowie non come cantante, ma come mimo

Foto: Roger Bamber/Shutterstock

Bang a gong, fan dei T. Rex! Gli dei del glam rock britannico entreranno finalmente nella Rock and Roll Hall of Fame, a un anno di distanza dai Roxy Music. C’è da esserne contenti, perché Marc Bolan si è sempre battuto per celebrare l’innocua follia del glam. I T. Rex brillarono per poco tempo: Bolan morì in un incidente stradale nel 1977, due settimane prima del 30esimo compleanno. Scrisse praticamente tutti i suoi pezzi migliori nel giro di tre anni, e da allora è lo spirito guida di ogni cosmic dancer. In Spaceball Ricochet cantava: “Deep in my heart, there’s a house that can hold just about all of youuuus”. E quella casa, selvaggia e invitante, esercita ancora un grande fascino, ed è il motivo per cui oggi continuiamo a parlare dei T. Rex.

La band ha dominato le classifiche britanniche dei primi anni ’70, grazie alla voce incantatrice di Bolan e al suo sfrontato narcisismo. Come spiegava a Rolling Stone nel 1972: “T. Rex è una belva. E io sono il domatore”. Era il ragazzino più grazioso del glam rock, un principe androgino che suonava la Les Paul sotto il “mambo sun” e viveva sogni glitterati e con i denti a sciabola con la sua tribù di “mystic ladies”. Ha scritto due album perfetti, Electric Warrior del 1971 e The Slider del 1972, con una filosofia che potremmo riassumere con “I got stars in my beard and I feel really weird”. E anche se la loro musica è stata spesso liquidata come bubblegum pop, i T. Rex hanno sempre esercitato un certo fascino su personaggi eccentrici. Prince, ad esempio: basta pensare a Raspberry Beret, seconda in classifica nel 1985, o a Cream – dove il richiamo è ancora più ovvio che raggiunge il numero uno. Gli Smiths hanno sgraffignato il riff di Metal Guru per Panic. Bolan ha inventato il look di Slash, la tuba calcata sui capelli crespi; i Guns N’ Roses si sono poi sdebitati inserendo la cover di Buick MacKane nell’album The Spaghetti Incident del 1993. Giusto l’estate scorsa Harry Styles ha deciso di infilare un quartetto d’archi in Treat People with Kindness, dal suo album Fine Line, gioiellino pop estremamente bolanesco. Per far capire ai musicisti che tipo di atmosfera volesse, ha messo su Cosmic Dancer. “Sì, fa molto T. Rex,” ha affermato Harry dopo la prima registrazione. “I migliori archi che abbia mai sentito”.

Parte del fascino di Bolan era dovuto al fatto che possedeva più vanità per centimetro quadro di qualsiasi altra rock star. “Sono sempre stato un tipo irrequieto,” si vantava su Record Mirror nel 1971. “Incarno le mie fantasie. Sono il ‘cosmic dancer’ di Electric Warrior, che esce danzando dall’utero materno ed entra danzando nella tomba. Non mi spaventa salire sul palco e scatenarmi di fronte a sei milioni di persone in TV, perché non mi importa di fare bella figura. Ballo come farei a casa, non la prendo troppo sul serio. La musica, sì, la prendo sul serio. Ma la fantasia no”.


Figlio di un camionista di Hackney, Mark Feld nasce nel 1947 e cresce nella scena mod di Londra. Giovane, vanitoso e squattrinato, cerca di farsi strada nello showbiz, e un giorno viene assunto per ridipingere l’ufficio del suo manager insieme a un altro ragazzo. Marc si presenta come King Mod e aggiunge: “Le tue scarpe fanno schifo”. L’altro ragazzo è David Bowie. I due saranno rivali e si tormenteranno a vicenda negli anni a venire. Nel febbraio del 1969, quando ormai era già noto alle classifiche britanniche, Bolan invita Bowie a partecipare ad alcune date del tour. Come mimo. “Marc era abbastanza crudele riguardo al talento musicale ancora-tutto-da-dimostrare di David,” ricorderà più avanti il produttore Tony Visconti. “Marc ingaggiò David come supporto dei Tyrannosaurus Rex, non nel ruolo di musicista, ma come mimo. Penso che lo fece per puro piacere sadico” (e cosa poteva rendere Bolan ancora più felice? Bowie fu fischiato).

Bolan elogia i suoi poteri magici nel singolo di debutto The Wizard del 1965, che passa inosservato. Ma sa vendersi bene e non si vergogna di raccontare ai giornali di Londra quanto è faticoso essere un dio. “L’idea di essere immortale non mi fa impazzire, ma la prospettiva di diventare un idolo materialistico per quattro anni, quella sì che mi attira”, dice a Maureen Cleave dell’Evening Standard. “Io la vita me la voglio gustare. Voglio avere i capelli bianchi come Cary Grant”. Aveva appena 18 anni.

Dopo la breve parentesi con la band mod John’s Children, Bolan forma il duo folk-psichedelico Tyrannosaurus Rex: Marc alla chitarra acustica, Steve Took ai bonghi, e canzoni ispirate a Tolkien. Debuttano nel 1968 con l’album My People Were Fair and Had Sky in Their Hair… But Now They’re Content To Wear Stars on Their Brows. La stampa britannica battezza Bolan “l’elfo danzante”. Mickey Finn prende il posto di Took per il superbo A Beard of Stars. Ma la svolta arriva nel 1970 con il successo di Ride a White Swan: Bolan abbandona l’acustico, attacca il jack della sua Les Paul e celebra maghi, druidi e gatti neri. Il produttore Tony Visconti esagera il riverbero e aggiunge gli archi. Da quel momento, Marc non sbaglierà un colpo e infilerà una serie di hit: Hot Love, Solid Gold Easy Action, Children of the Revolution, Bang a Gong (Get It On), 20th Century Boy.

Visconti e Bolan sono una combo artista-produttore imbattibile e il fatto che Visconti produca anche le hit di Bowie infiamma l’agonismo di Bolan. Dal canto suo, Marc non perde mai occasione di parlare male della sua nemesi glam. “David non è nemmeno lontanamente un mio concorrente. Non è abbastanza bravo”, dice a Cameron Crowe in un’intervista per Creem nel 1973. “David non ha quella marcia in più. Io ce l’ho, ce l’ho sempre avuta. Rod Stewart ce l’ha, pur nella sua follia. Elton John ce l’ha. Mick Jagger ce l’ha. Ma David Bowie, mi dispiace dirlo, proprio no”.


Electric Warrior è, giustamente, l’album più famoso dei T. Rex, e dentro c’è tutto: l’atmosfera spaziale di Planet Queen, il sesso vampiresco di Jeepster, il doo-wop kubrickiano di Monolith, dove Bolan riesce a coniugare atmosfere stile 2001: Odissea nello spazio e Duke of Earl. Un anno dopo arriva The Slider, con la sottovalutata Mystic Lady, una ballata che precorre Sisters of the Moon, e Baby Boomerang, una delle prime canzoni dedicate a Patti Smith (l’abilità di Bolan di buttar giù pezzi sulle donne senza la minima traccia di misoginia o maschilismo, be’. diciamo che lo distingue da molti altri rocker degli anni ’70).

Bolan non sembra stupirsi dell’immensa popolarità che ha nel Regno Unito. “Dentro certi accordi ci sono sfumature magiche”, spiega. “Prendi un do maggiore: io ci sento dentro 25 melodie e sinfonie. Tutto quello che devo fare è tirarne fuori una. Non servono tanti sforzi, vengono fuori da sole”. Sarà protagonista di Born to Boogie, il documentario rock diretto da Ringo Starr, e pubblicherà anche un libro di poesie, Warlock of Love.

Ma non dura per sempre e finisce di colpo. Pur essendo stato praticamente astemio fino a quel momento, dopo The Slider Bolan venne risucchiato in un vortice di alcol e cocaina. È già quasi finito quando scrive Tanx nel 1973 e cade ancora più in basso con Dandy in the UnderworldFuturistic Dragon e Zinc Alloy and the Hidden Riders of Tomorrow, il suo disperato tentativo di risposta a Ziggy Stardust. Ma durante l’ultimo anno di vita, si sta rimettendo in piedi, cresce il figlio Rolan Bolan insieme a Gloria Jones, la compagna americana, cantante r&b degli anni ’60. Presenta uno show televisivo per ragazzi, Marc, e nell’episodio finale ha una toccante riconciliazione con Bowie. Suonano insieme per un minuto, poi Bolan sparisce dal palco.

Muore due settimane dopo in un incidente stradale. Al funerale sono presenti Bowie, Visconti e Rod Stewart. “Sono devastato”, dice Bowie. “Posso solo dire che Marc era il migliore”. Ma per i fan, Bolan non ha fatto altro che entrare danzando dentro la tomba. E dopo tutti questi anni, è questo il motivo per cui lo spirito dei T. Rex vive ancora, dalle sale da ballo di Marte alla Hall of Fame.

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