È il disco perfetto per questo strano Natale. Pinocchio! contiene le musiche scritte da Fiorenzo Carpi per lo sceneggiato di Luigi Comencini interpretate dagli Esecutori di Metallo su Carta, il gruppo di musica anti-classica di Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro. È un miscuglio di alto e basso, suggestioni colte e popolari. Le esecuzioni sono inframmezzate dalla lettura di stralci del libro di Carlo Collodi da parte di Francesco Bianconi dei Baustelle, che interpreta anche la sigla dello sceneggiato, Storia di Pinocchio.
Il disco è disponibile su CD come parte dell’abbonamento a 19’40”, collana discografica di Gabrielli, De Gennaro e Francesco Fusaro che ogni quattro mesi pubblica una nuova opera caratterizzata da un approccio antiaccademico alla musica scritta. Pinocchio! è disponibile anche in vinile in edizione limitata, fuori abbonamento. Ecco che cosa scrive Bianconi nel libretto del disco.
Me lo ricordo il ragazzino, incollato a bocca aperta davanti al Brionvega come se dal televisore sgorgasse la manna o lo zucchero filato. Me lo ricordo bene, anche se lievemente deformato. Come dietro a un vetro appannato che ne sfoca i contorni.
Non avevamo ancora visto niente, noi della nostra generazione. Da un’altra dimensione, alla fine degli anni Settanta, ci mandarono i robot giapponesi, e ci invasero l’anima per sempre. La guerra mondiale, quella vera, scoppiò però nel 1982 quando la Rai Rete 1 ripropose le cinque puntate del Pinocchio di Comencini. È naturale che il Ragazzino Sfocato avesse letto il libro di Collodi, perché in fondo chi è che non l’ha letto, e soprattutto perché, dato che distrazioni digitali non ce n’erano, i libri e i fumetti a quei tempi ancora si leggevano parecchio.
Su di lui però la versione sceneggiato della storia del burattino ebbe un impatto inaspettato. Certo, come succede sempre con le trasposizioni cinematografiche, anche quella versione di Pinocchio conteneva “figurine” che era bello riconoscere sullo schermo e confrontare con ciò che dalla lettura del libro si era immaginato, interpretate da attori simpatici che noi ragazzi già conoscevamo (Manfredi, Franco e Ciccio) e gente sconosciuta e meravigliosa (i bambini, vogliamo parlare dei bambini? Di Andrea Balestri, di Domenico Santoro? Che casting geniale…), ma colpiva duro il Ragazzino Sfocato con ben altre micidiali armi. C’erano infatti un’aria marrone, grigiastra, e una muffa costante, un fango misterioso – neanche troppo simbolico – che impregnavano ogni scena. C’era un inedito realismo triste, marcio e malinconico a sostituire quasi del tutto l’elemento fantastico del libro. Che poi al fantastico ci si arrivava pure, ma attraverso stradine di stoffa logora, pellicola andata a male, rivoli di acqua di scolo e piscio. E c’era la musica: santo cielo, che musica.
Il Ragazzino Sfocato davanti al Brionvega è steso al suolo per la prima volta nella sua vita da una colonna sonora. È knockout per effetto di una musica che, al pari delle immagini, evoca la fiaba e l’incanto sporcandosi di terra, incrociando i codici linguistici della nobiltà con quelli della servitù, in un tripudio pop(olare) di contaminazione: classico/sinfonico e folkloristico, sala da concerto e osteria, café chantant e postribolo. Pianoforti e ocarine, fisarmoniche e chitarre acustiche, Mozart e wah wah, Giuseppe Verdi e canto di lavoro. La musica di Fiorenzo Carpi per Pinocchio, insieme al liscio ascoltato alle feste dei paesini di campagna in cui sono cresciuto, è stata la musica più importante della mia vita. La prima musica sentita, la prima emozione misteriosa scoppiata dentro al mio cuore. Sono quello che sono, un ragazzino più a fuoco, forse, ogni volta che ancora parte, nel giradischi della mia testa, il Tema di Lucignolo.