Rolling Stone Italia

I prezzi dei biglietti per i concerti sono diventati folli: che cosa si può fare?

Magari non paghereste 5000 dollari per vedere Springsteen o 40 mila per sedere in prima fila di fronte ad Adele, ma l’aumento dei pezzi riguarda anche voi. Che cosa sta accadendo? Gli artisti hanno colpe?

Foto: Don Arnold/WireImage/Getty Images

Sono quarant’anni che la fanzine Backstreets racconta il mondo di Bruce Springsteen. L’editor Christopher Phillips è un megafan e ogni album, pubblicazione d’archivio o concerto è trattato con devozione. Eppure il 24 luglio, pochi giorni dopo l’inizio della vendita al pubblico dei biglietti dell’attesissimo tour di Springsteen con la E Street Band, con tagliandi fino a 5000 dollari, Phillips e i suoi hanno dovuto criticare il loro eroe.

«Nell’ultima settimana troppi fan di Springsteen sono stati mandati allo sbaraglio e ignorati in modo tanto inspiegabile quanto evitabile», hanno scritto. «L’artista dice di capire che il suo pubblico ha un ruolo fondamentale. Come mai, allora, ci siamo trovati di fronte, in troppi casi, a prezzi anomali e irreali?».

I fan di Springsteen sono in buona compagnia. Suppergiù negli stessi giorni, i fan di Adele in cerca di biglietti per gli show a Las Vegas si sono imbattuti su StubHub in prezzi come 670 dollari per i posti più lontani e 40 mila dollari per quelli in prima fila. Andando sul sito di Ticketmaster si scopre che i posti con “visione laterale” per Lady Gaga al MetLife Stadium costano 445,80 dollari, quelli per il pit 923,40. Vedere lo show dei Mötley Crüe, dei Def Leppard e dei Poison nei posti davanti al PNC Park di Pittsburgh può costare quasi 1000 dollari.

Prezzi del genere danno origine a editoriali e post infuocati e portano a pensare che all’origine di tutto ciò vi sia l’avidità di questa o quella star. La realtà è più complicata. Se i prezzi sono quelli che sono è a causa di una combinazione di fattori che vanno dal quasi monopolio di Live Nation sulla musica dal vivo engli Stati Uniti alla crescente dipendenza degli artisti dalle tournée per i loro introiti, passando per la tecnologia che offre ai bagarini modo di alzare i prezzi e la mancanza di un intervento pubblico per controllare il mercato.

Un problema: il monopolio di Live Nation

Frustrati dal ricarico di Ticketmaster sui biglietti venduti, nel 1995 i Pearl Jam fecero il tentativo di suonare solo in posti che utilizzavano altri servizi di biglietteria. Quando sono tornati a fare concerti nel 1998 si sono semplicemente arresi all’evidenza che fare tour su larga scala facendo a meno di Ticketmaster era sostanzialmente impossibile.

Da allora la situazione è solo peggiorata. Aziende come SeatGeek hanno stretto accordi con venue importanti come il Barclays Center di Brooklyn, ma Ticketmaster continua a controllare l’80% e passa delle sale da concerto americane. «Sono un monopolio», ha detto il senatore dello Stato di New York James Skoufis, «e quindi non c’è competizione di mercato. Possono imporre i prezzi senza alcuna conseguenza».

La fusione del 2010 tra Ticketmaster e Live Nation ha reso i due colossi ancora più forti. Live Nation ha venduto nel 2021 oltre 13 milioni di biglietti, per un ricavo lordo pari a oltre un miliardo di dollari. Il suo principale competitor, AEG, ha venduto tre milioni di biglietti, per 281 milioni di dollari. Detto chiaro e semplice: Live Nation spadroneggerebbe nel settore degli eventi dal vivo anche senza Ticketmaster. Dopo la fusione, però, le due società sono diventate la forza principale dell’industria musicale.

Una forza che ha permesso di imporre commissioni di servizio che spesso fanno lievitare il prezzo anche del 30% ed eventi in cui la vendita secondaria dei biglietti è la regola. Invece di trovare modi innovativi per eliminare la piaga dei bagarini, Ticketmaster ha deciso di partecipare al loro business e facilitarne il lavoro.

Tra le altre cose, Ticketmaster ha cominciato a usare il dynamic pricing, un sistema che permette ai prezzi dei biglietti di variare nel tempo, in modo anche folle a volte, in base alla domanda. Nel caso recente di Springsteen, tagliandi da 400 dollari sono passati a costare 5000 dollari. «Sono i promoter e i rappresentanti degli artisti a stabilire la strategia e i parametri dei prezzi dei biglietti, compresi quelli dinamici», spiega a Rolling Stone un portavoce di Ticketmaster. «Noi abbiamo creato strumenti analitici che utilizzano dati storici e in tempo reale per quantificare domanda e offerta e di conseguenza determinare i prezzi».

Dopo le polemiche per i prezzi dei biglietti di Springsteen, Ticketmaster ha spiegato che solo il 12% dei tagliandi è oggetto di dynamic pricing e che il costo medio s’aggira sui 260 dollari. «Qualcuno può essersi fatto un’impressione diversa», dice il portavoce della società a Rolling Stone, «ma il 18% dei biglietti per il tour americano di Springsteen sono stati venduti a cifre inferiori ai 99 dollari e solo l’1% a oltre 1000 dollari».

In una dichiarazione rilasciata al New York Times, il manager di Springsteen Jon Landau non si è discostato da questa narrativa: «Nel fissare i prezzi dei biglietti per il tour abbiamo osservato attentamente ciò che hanno fatto i nostri colleghi. Abbiamo fissato cifre più basse di quelle di alcuni e uguali a quelle di altri». E poi: «A prescindere dai commenti su un numero modesto di biglietti che costano 1000 o più dollari, il prezzo medio è attorno a 200 dollari. Oggigiorno è una cifra equa per vedere un artista considerato tra i più grandi della sua generazione».

E però molti biglietti fra quelli più economici sono immediatamente finiti sulle piattaforme di secondary ticketing come StubHub o in quella di proprietà della stessa Ticketmaster, mettendo i fan di fronte a una scelta: comprare su questi siti a un prezzo aumentato oppure acquistare biglietti per i posti migliori a 1000 e passa dollari. Per molti, comprare un biglietto è diventato complicato, se non stressante, e particolarmente costoso. E le cose non sembrano destinate a migliorare.

La scarsità favorisce gli speculatori

Se non fosse esistito il dynamic pricing, i fan i Springsteen avrebbero comunque trovato biglietti a migliaia di dollari sul mercato secondario. Quando la domanda di biglietti supera di gran lunga l’offerta, si crea infatti il terreno fertile per il bagarinaggio.

«Quel che la gente non comprende» dice un ex dirigente «è che mettere in vendita biglietti a prezzo troppo basso è un invito a nozze per chi traffica nel mercato secondario. Prendete la Sony. Ha fissato un prezzo troppo basso per la PS5, si sono messi di mezzo intermediari e hanno rivenduto le consolle a cifre altissime. È una questione di buon senso: a fronte di una domanda schiacciante, sottoprezzare significa lasciare che qualcuno si metta di mezzo tra venditore e compratore, per trarne profitto».

Nel caso di Springsteen, «avremmo visto prezzi superiori a 10 mila dollari a biglietto. Vista la fama di Bruce, penso che abbiano avuto un atteggiamento relativamente cauto rispetto ad altri artisti», dice ancora il dirigente. «Ma vista la sua fama ed essendo la prima volta che fa una cosa del genere, c’è stata sorpresa da parte dei fan. Nessuno, però, ha finito per pagare più di quanto era disposto a fare. Chi ha acquistato un biglietto particolarmente costoso lo avrebbe preso comunque sul mercato secondario a un prezzo simile».

Per decenni, società come StubHub e SeatGeek hanno fornito le migliori piattaforme possibili ai bagarini, che sono responsabili dell’aumento dei prezzi. I fan possono anche protestare, ma dal punto di vista finanziario i siti di rivendita non hanno alcun incentivo a calmierare il mercato giacché ottengono una percentuale su ogni acquisto effettuato.

«Hanno fatto un gran lavoro nel posizionarsi come soggetti che stanno dalla parte dei fan, quando invece sono stati loro a creare l’economia che ha dato modo ai bagarini di mettersi in mezzo», dice il dirigente a proposito dei siti di secondary ticketing.

Cris Miller, CBO di StubHub, rimanda al mittente le accuse e spiega che gli intermediari hanno un ruolo importante nel mitigare i rischi dei promoter. «I venditori che operano su StubHub» dice «sono divisi in parti uguali tra intermediari e venditori indipendenti, vale a dire normalissimi acquirenti che rivendono biglietti per concerti dove non possono più andare. Gli intermediari sono una parte importante sia per l’industria che per gli stessi acquirenti giacché mitigano il rischio di chi organizza l’evento, nel caso la domanda sia bassa, e aumentano le possibilità di accesso per i fan, offrendo una competizione sana e un accesso facilitato al mercato».

Il secondary ticketing secondo Miller è quindi uno strumento importante per i fan che «in un’industria non trasparente» come quella del ticketing «non sono messi nelle condizioni di prendere decisioni d’acquisto informate. Inoltre, l’esistenza di un solo canale di distribuzione riduce la competizione lasciando i fan senza alcuna possibilità se non impazzire per comprare i biglietti».

Miller è contro l’idea di mettere un tetto ai prezzi. «Gli artisti hanno tutto il diritto di vendere i biglietti alla cifra che desiderano. Allo stesso modo, una volta che un acquirente ha comprato il biglietto deve avere il diritto e la libertà di rivenderlo nel libero mercato».

Rispetto ai normali acquirenti, i bagarini hanno un vantaggio grazie ai bot e ad altre strategie che usano per accaparrarsi più biglietti possibile. L’unico modo per calmierare il mercato del bagarinaggio, nei casi in cui la domanda è alle stelle, è dalla parte dell’offerta. Può succedere solo tramite un intervento pubblico o su iniziativa degli artisti.

Adele in concerto. Foto: Matias Delacroix/NurPhoto/Getty Images

Alcune startup che operano nel campo del ticketing stanno studiando possibili soluzioni. Fondata nel 2014 da Ant Taylor, Lyte mira a creare un mercato secondario riservato ai fan. La startup lavora con promoter e agenti sul meccanismo della pre-vendita riservata ai fan, che lasciano i dati della carta di credito come conferma della volontà di acquistare un biglietto.

Gli artisti possono usare queste informazioni, che permettono di conoscere in modo più accurato la domanda, nel pianifircare i tour e decidere dove esibirsi. È un metodo che non farà la differenza per le Billie Eilish di questo mondo, che sanno ancor prima di partire che tutti i concerti saranno sold out, ma potrebbe essere efficace per altri, come afferma il CSO di Lyte, Lawrence Peryer.

«Gran parte delle altre soluzioni di ticketing si concentra sull’offerta, con accordi di esclusiva con venue e tournée. Noi guardiamo anche alla domanda. Cerchiamo di rilevarla prima e dopo la vendita, in modo che il promoter o chiunque stia pianificando l’evento la possa misurare con maggiore accuratezza e in base a questo prendere decisioni».

Che cosa possono fare gli artisti

Il mercato è controllato in buona parte dalle società che abbiamo citato, ma anche l’artista e il suo team sono responsabili del prezzo dei biglietti, del numero delle date, dei luoghi in cui si svolgeranno gli show. Live Nation e Ticketmaster possono inviare gli artisti più amati a usare strumenti come il dynamic pricing per mettere le mani su una parte degli extra profitti altrimenti riservata ai bagarini, ma questa e altre scelte strategiche spettano in definitiva all’artista.

C’è uno strumento di Ticketmaster chiamato Verified Fan che almeno teoricamente dovrebbe garantire che i primi ad acquistare i biglietti siano fan che di solito non li rivendono. Ci sono poi i biglietti non trasferibili, che sulla carta dovrebbero togliere di mezzo i bagarini e garantire che i tagliandi non aumentino di prezzo.

Se un artista ha a cuore il fatto che i biglietti rimangano nelle mani dei fan e siano accessibili, può prendere il controllo della domanda e dell’offerta. È quel che fa Garth Brooks che com’è noto inonda il mercato di biglietti per aumentare l’offerta e soddisfare la domanda.

«Gli artisti» dice Peryer «non devono fare più spettacoli, non devono fare alcunché di diverso da oggi. Non devono lavorare di più. Devono solo essere disposti a soddisfare la domanda».

Gli sforzi di Brooks sono ammirevoli, ma si tratta di un caso estremo e di una strategia non sostenibile per la maggior parte degli artisti. Né è pensabile che gente come Springsteen si metta a fare date su date in una stessa città fino a soddisfare la voglia dell’ultimo fan di vederlo suonare.

Non c’è insomma una soluzione buona per tutti, e spesso è un casino per gli artisti che si occupano di ticketing da soli. Verified Fan aiuta ad arginare i bot, ma non è chiaro se e quanto riesca a fermare i bagarini. E i biglietti non trasferibili non sono sempre convenienti. I Black Keys li hanno usati per un concerto speciale riservato ai membri del fan club al Wiltern di Los Angeles nel 2019. La cosa non ha fermato la speculazione su biglietti che costavano 25 dollari e che sono comunque finiti sul mercato secondario a centinaia di dollari. Centinaia di fan sono stati respinti la sera stessa del concerto e hanno criticato la band per com’è stato gestito l’evento.

Resta il fatto che gli artisti hanno una certa autonomia nel decidere le strategie di vendita dei biglietti. Anche se la colpa quando le cose vanno male non è necessariamente solo loro, è vero che prendono decisioni su quanto aggressivi essere sul mercato. Come dice l’ex dirigente citato in precedenza, «Ticketmaster prende gli ordini. Se un artista decide che i biglietti dicono costare 5 dollari, così sarà. Live Nation, Ticketmaster o AEG eseguono. È una decisione che spetta all’artista».

«Gli artisti possono mettersi lì e fissare un prezzo alto, perché sono convinti di valere tanto. Saranno poi i fan a decidere se il prezzo è giusto. Oppure possono avere un atteggiamento più altruista e far sì che i fan paghino il meno possibile, anche a costo di lasciare dei soldi sul piatto. Gli artisti hanno in mano gli strumenti per prendere questa decisione. La cosa triste è che spesso non li usano».

Tradotto da Rolling Stone US.

Iscriviti