I primi baci e le prime sigarette dei Tre Allegri Ragazzi Morti sono custoditi tra Pordenone e le montagne friulane. È là che la scorsa estate, quando i piccoli concerti sono stati l’unica, preziosa occasione per poter tornare ad ascoltare musica dal vivo, la band di Davide Toffolo ha messo in scena cinque set battezzandoli La via di casa in onore della sua terra d’origine.
Il concetto di casa per i TARM ha sempre avuto un grande valore: casa è il Friuli, casa è Pordenone, casa sono le iconiche maschere del gruppo, casa è il rock’n’roll e casa sono gli spinarelli e il fiume Noncello, al quale è legata la leggenda secondo la quale la diversità delle band nate negli anni a Pordenone sarebbe dovuta alla presunta radioattività del corso d’acqua. Il frontman dei TARM racconta l’aneddoto nel docu-live che la band ha trasmesso ieri sera in streaming, testimonianza del ritorno a casa, fisico e spirituale, del gruppo, della scorsa estate, A casa tua. Casa di chi? La nostra, ormai da mesi l’unico spazio dove la dimensione live, seppur azzoppata, sta continuando a farsi strada tra un livestream e l’altro. E la loro, dei Tre Allegri Ragazzi Morti, visionari punk benedetti dai monti e dalle asprezze di un territorio di confine che non ha mai abbandonato l’immaginario dei TARM, che cita tanto la luna quanto la provincia nordorientale italiana.
Alternando momenti del mini tour a interventi dei componenti del gruppo catturati in luoghi per loro significativi del territorio friulano il docu-live trasmesso su Bandcamp è stato anche l’occasione per i TARM per offrire il proprio supporto ai live club italiani, in agonia dal marzo 2020, quando la musica si è fermata. Solo la metà dell’importo del biglietto per accedere all’evento è infatti destinata a coprire i costi di produzione di A casa tua, mentre l’altra metà va a sostenere uno tra i 26 locali di musica dal vivo, sparsi in tutta Italia, che hanno aderito all’iniziativa, scelti dal pubblico al momento dell’acquisto del biglietto.
Con una regia scarna che dà ampio respiro ai boschi, alle cime e ai corsi d’acqua, alla natura del Friuli-Venezia Giulia alla quale i Tre Allegri Ragazzi Morti riconoscono una purezza inconsueta e una portata quasi mistica, il docu-live si porta addosso lo stesso tipo di semplicità dei TARM, la magia del saper dire qualcosa di grande e universale in modo diretto e immediato. Come quando Toffolo saluta la fanbase della band a suon di “bacini e rock’n’roll” o come quando ci porta sotto il ponte della statale lungo il Noncello. Come quando Enrico Molteni si inerpica tra i sentieri di montagna raccontando come da ragazzo quei luoghi fossero per lui davvero poco attraenti. Come quando Luca Masseroni corre per minuti interi verso la telecamera avvolto dal sole con le montagne alle spalle. Come quando le canzoni dei TARM risuonano davanti a un pubblico distanziato e nascosto dalle mascherine che solo qualche mese prima non si sarebbe aspettato la piccola fortuna di poter tornare ad ascoltare dal vivo, con non poche restrizioni, la sua musica preferita.
Tolto qualche dettaglio poco curato – discutibili le transizioni così come i tagli di camera sulle posizioni yoga – la formula funziona più che bene e Occhi bassi, Quando, La mia vita senza te, Il principe in bicicletta (La canzone della cameriera), La tatuata bella, Bengala e il resto del repertorio dei TARM è arricchito da tutto quel verde e dal calore che il ritorno a casa si porta sempre dietro. Che sia amore o odio, è comunque casa. Un luogo, tra i simboli del lockdown, il cui significato in un periodo tanto incerto ha assunto nuove sfumature. E mentre non è del tutto chiaro se il mondo stia davvero, a suon di campagne vaccinali, uscendo dalla pandemia i Tre Allegri Ragazzi Morti non hanno mai smesso di cantare “della morte che mi guarda, dell’antidoto che ho”. “Di come salveremo il mondo”, proseguono gli alfieri dei primordi dell’indie rock nostrano in Di che cosa parla veramente una canzone?. Un momento, però: “O perlomeno il nostro”.