I Massimo Volume dicevano “torno sempre a te, in questi giorni inquieti”. La musica di Adrianne Lenker è tra quelle cose verso cui faccio inesorabilmente ritorno quando voglio sentirmi al sicuro. Grazie al cielo è incredibilmente prolifica e c’è quasi sempre qualcosa di nuovo da ascoltare, che sia con i Big Thief o per i fatti suoi. E infatti, dopo aver pubblicato con la band un disco nel 2022 e aver concluso un tour mondiale, eccola che torna con Bright Future, un nuovo disco solista in uscita per 4AD, e un nuovo tour mondiale già sold out qua e là. Naturalmente è sempre una festa.
Bright Future è un disco artigianale, intenso e senza mediazioni, pieno di sporcature. I 12 pezzi sono stati registrati presso il Double Infinity Studio, un posto immerso nei boschi che sta lì da un secolo e mezzo, si sentono i respiri, l’ambiente circostante, il parquet che scricchiola, gli uccelli. Si apre e si chiude con un pianoforte, nel mezzo tante chitarre acustiche, la lirica magica e spirituale di Lenker, la sua voce inconfondibile. Appare all’improvviso su Zoom in una stanza luminosa, con una tazza di caffè in mano, sotto il nome di “Annie”.
Ciao Adrianne, vorrei cominciare parlando del modo in cui è nato Bright Future. Se ho capito bene hai portato in studio alcuni tuoi amici musicisti, che però non si conoscevano tra loro, senza la reale intenzione di fare un disco.
Sì, esatto. Nick Hakim, Mat Davidson e Josefin Runsteeni sono tre persone che ammiro e di cui sono amica, ma non avevamo mai suonato insieme e non sapevamo come sarebbe andata. D’altra parte è sempre così, anche con la band, non sai mai come andrà, devi farlo e basta.
Il disco è registrato tutto in analogico, è stato un modo per rispettare il luogo un po’ sacro in cui vi trovavate?
È il mio nuovo modo preferito di fare un disco: nascondersi in una foresta e registrare. Sono molta grata perché non ne so granché di ingegneria, ma Philip Weinrobe, che l’ha prodotto, è uno dei miei più cari amici e lui è molto skillato. Con l’analogico ci sono delle limitazioni, ma è un processo così fisico e materiale, l’ho amato.
Sei un’artista molto prolifica e alterni spesso dischi con i Big Thief a dischi da solista. Mi chiedo quale sia il discrimine, come scegli o capisci se una canzone è solo tua o della band?
Non lo decido, vado a istinto. Quando scrivo non suddivido più di tanto le cose. Mi capita spesso di fare un pezzo con la band e poi di rifarlo da sola, non penso alle canzoni come dei Big Thief o di Adrianne Lenker. Ci sono solo le canzoni e cosa è meglio suonare in quel momento.
Parliamo un po’ delle nuove canzoni. Forse ho un problema, ma in queste settimane mi è capitato spesso di andare in mille pezzi e scoppiare a piangere mentre le ascoltavo. Prima di entrare nel dettaglio volevo chiederti se ti commuovi di frequente ascoltando musica.
Il più delle volte succede involontariamente, piangere per una canzone è qualcosa di molto prezioso. Steve Fisher è uno che ogni volta che suona piango. Ma il più delle volte succede con canzoni casuali. È molto raro, ma di sicuro è la mia musica preferita. Ovviamente non voglio solo piangere, voglio anche ballare.
La prima canzone che mi ha devastato è anche la prima del disco, Real House. Parli spesso della tua infanzia, ma qui lo fai con un’intensità senza precedenti.
L’ho scritta non molto prima di registrare l’album, non ricordo bene quando, però. È una canzone molto vicina al mio cuore. Condividere questa storia, che racchiude alcuni dei momenti molto significativi della mia infanzia, quando il mio cane è morto e quando ci siamo trasferiti in una casa nuova, è molto importante per me. In effetti quella canzone commuove anche me.
In che modo sei legata alla tua infanzia? Sei una persona nostalgica?
Penso che rimanga sempre una parte infantile dentro di noi. In confronto alle montagne o agli alberi siamo giovani, viviamo delle vite intere e non arriviamo neanche vicini a conoscere davvero le cose. Non so se sono nostalgica, ma non riesco a scrivere canzoni sul mio futuro. Mi interessa capire ciò che sono adesso e per farlo devo capire cosa ha formato i miei pensieri, le mie emozioni e il modo in cui il mio corpo e la mia mente funzionano, ha tutto a che fare con la memoria, sia dei traumi che delle gioie, no?
Non lo so, però se è così, mi pare che ci stai riuscendo bene, a capire chi sei adesso, intendo. D’altra parte il disco si intitola Bright Future.
Quando ero bambina andare a vivere in una casa vera, sai di cemento e tutto, era un’idea incredibile, un posto sicuro. Adesso invece ho realizzato che sentirsi al sicuro non ha a che fare con un edificio ma ha a che fare con il mio corpo e con il mio cuore, io sono un vero e proprio rifugio per me stessa. Mi fa bene ricordare, comunque.
Invece di Free Treasure ho amato l’atmosfera domestica, mi è arrivata tutta insieme addosso. Stavo lavando i piatti durante una serata qualsiasi, in un contesto non molto diverso da quello del pezzo, e ho dovuto interrompere per contemplare un po’ quel momento. Ho guardato la mia compagna che faceva le sue cose e senza che se ne accorgesse ho pianto come un pazzo.
Non è una canzone adatta a lavare i piatti, o forse sì! Sai, l’amore definitivo: comprensione, pazienza e affetto. Sono le cose più preziose che si possono dare a qualcun altro e hanno tutte a che fare con il tempo e la cura. Senza distrazioni, senza giudizio. Credo che quella canzone parli del fatto che vogliamo sentirci amati e quando accade è diverso da come ce l’aspettiamo, è molto più potente.
E poi c’è Ruined, il primo singolo e l’ultima canzone del disco. C’è un motivo?
Ah, no, non ci avevo pensato. Dovrò riflettere su questa cosa, principalmente volevo che il disco si chiudesse con un pianoforte un po’ etereo.
Ti va di parlarmene un altro po’? È un brano stupendo.
Anche quella è una canzone d’amore. Alla fine tutte le mie canzoni sono canzoni d’amore. L’amore ha tante dimensioni per me e comprende anche il dolore e non riguarda necessariamente l’amore tra le persone. È qualcosa che puoi provare camminando per strada all’improvviso, quando senti una connessione con qualcosa di più grande, che scaccia il caos del mondo reale, l’apatia, la propria condizione umana. Passo molto tempo a cercare di tornare dentro quei momenti, in cui sei presente e viva e connessa con l’eternità. Quella canzone riguarda questo, una volta che metti piede in quello stato è devastante, non pensi ad altro.
Hai scritto decine e decine di canzoni. Ti capita mai di perdere ispirazione?
Sì, mi succede quando sono depressa. La creatività è una parte profonda di me, alla quale posso accedere se sono curiosa, come se fossi un’esploratrice di me stessa. Questo accade solo se mi sento integra. Per cui quando non è così, è molto semplice, torno alle basi e mi chiedo: sto dormendo abbastanza? Sto provvedendo a cucinare il pasto per me stessa? Sto parlando con mia madre? Mi sto sedendo in silenzio nella natura o sto facendo sufficienti passeggiate al sole? Sto facendo stretching? Perché la creatività è una conseguenza di tutto questo. Passare il proprio tempo con la propria creatività è una benedizione e un privilegio, bisogna prendersene cura.
Ci sono invece letture o film che ti hanno ispirata di recente?
Ho iniziato a leggere un sacco di cose che non ho finito… Ultimamente leggo in maniera disordinata, un po’ di poesie, Mary Oliver, qualcosa di George Saunders sulla scrittura, il libro tibetano del vivere e del morire.
E film?
Mmm… Non saprei…
Come trascorri il tempo libero?
Suono la chitarra. Cerco di stare il più possibile con i miei amici e con i miei genitori. Ah e poi cucino un sacco. Mi piace fare zuppe, brodi, stufati, faccio delle zuppe bellissime, piene di verdure. Mi piace cucinare il curry, il cavolo, le patate dolci. Un sacco di persone nella mia vita amano cucinare, ci piace fare dei lunghi pranzi, parlare. E poi esco, cammino tantissimo, sto in contemplazione.
Hai letto Come non fare niente di Jenny Odell? Mi ci hai fatto pensare.
No, ma ho capito di che parli. Fai tutt’altro che niente quando sei in contemplazione. Mi sembra che in Europa siate più bravi di noi in questo, in America è un disastro. Ogni volta che sono venuta in Italia ero meravigliata dal fatto che ci fosse la pausa pranzo così lunga o che i negozi chiudessero per tipo quattro ore. Ho visto signori anziani attivi nella società, andavano in bici, per strada i bambini e gli adulti parlavano tra loro, nei parchi. Qui mettiamo gli anziani negli ospizi e ogni cosa sembra gestita da una corporate, sono tutti dei robot e tutti pensano ad essere efficienti e a fare profitto. Sono sempre stata felice in Italia, le cose lì hanno senso. Per me quello non significa essere pigri ma significa onorare la propria vita, non sappiamo quando potremmo morire.
Hai visto solo una parte un po’ speciale mi sa, ovviamente anche qua in Italia è un casino, purtroppo. Dove sei stata?
Sono stata sulle Dolomiti, sulle Alte Vie. È stato bellissimo. Ho camminato per otto giorni. Ero in un castello per un workshop di songwriting, una specie di residenza a cui sono stata invitata da degli amici. Poi sono stata anche in luna di miele alle Cinque Terre.
Eppure non ci sono concerti in Italia in programma.
Lo so, hai ragione. Vorrei ci fossero, spero ci saranno.