Stephen e David Dewaele ci mettono davvero l’anima nei DJ set, ma anche di quelli prima o poi ci si stanca. Periodicamente quindi, i 2many DJs mettono da parte mixer, lettori e casse spia per ritornare all’anima primordiale con cui si sono fatti un nome. Una band, i Soulwax.
E visto che di base sono due persone che si stancano in fretta—che si annoiano alla velocità della luce—i due fratelli belgi hanno deciso di dare all’ultimo album From Deewee una mostruosa dose di doping percussivo, che nel live si traduce in tre batteristi sul palco, di cui un ottimo Igor Cavalera ex-Sepultura.
Stasera, 29 marzo, il loro tour mondiale comincerà proprio ai Magazzini Generali di Milano, dove Stephen e David si trovano già per fare le prove. (Nota: i biglietti stanno per finire, trovate gli ultimi qui).
Perché proprio Milano per iniziare il tour?
David: Non c’è una ragione precisa, ma ci torna comodo perché ci piace Milano. Abbiamo un sacco di amici qui.
Ve lo chiedo subito, tanto prima o poi ve l’avrei chiesto: come mai tre batteristi sul palco?
Stephen: Volevamo fare qualcosa di nuovo, visto che non ci esibivamo da molto tempo come Soulwax. Tre batteristi sembravano un’ottima idea per noi ma non ti so dire perché. È stata un po’ una sfida per noi rinforzare le percussioni acustiche. Dopo al Coachella dello scorso maggio abbiamo chiamato Igor [Cavalera, ndr] e Victoria [Smith, ndr] e la cosa è nata piuttosto velocemente. Dopo un paio di date estive qui in Italia poi ci siamo detti: “Beh, facciamo un album”. Ci siamo chiusi in studio a provare per cinque giorni e i due l’abbiamo registrato. Se non l’avessimo fatto così velocemente avremmo perso subito l’entusiasmo.
Si vede che c’è della stravaganza, anche solo per il tipo di batterie che avete scelto. Sono le Staccato, giusto?
David: Sì, ci piacciono perché hanno un design eccentrico. È il motivo iniziale per cui le abbiamo comprate. Oddio, c’è anche un legame affettivo. Da piccoli, un amico di nostro padre ne aveva una e ce la lasciava suonare sempre. Ci sembrava un oggetto incredibile ma è anche vero che, quando sei piccolo, tutto sembra più speciale. Con il tempo abbiamo imparato che non ha solo un bell’aspetto, ha anche un gran suono.
Quanto ci si mette a montare un palco come il vostro? Sembra parecchia roba.
Stephen: In realtà ci vogliono due o tre ore, ma solo perché abbiamo alle spalle una squadra di quindici persone. Spero che stasera vada tutto bene! Visto che è la prima data del tour abbiamo avuto la fortuna di arrivare ieri e cominciare le prove 48 ore prima del concerto. Magari fossero tutte così le date.
Qualche mese fa ho intervistato i Jesus and Mary Chain, il cui nucleo centrale è formato da due fratelli come voi. Loro nel ’98 si sono sciolti perché hanno finito con l’odiarsi, mettendoci quasi 20 anni per fare un nuovo disco. A voi è mai capitato di arrivare quasi sul punto di rottura?
David: È interessante perché con loro ci abbiamo suonato a luglio nell’ultima data torinese prima di ritirarci in studio. Comunque non abbiamo ancora avuto problemi simili.
Stephen: Sì, pensavamo di scioglierci domani [ride].
David: Non penso arriveremo mai a non parlarci, o persino odiarci. Magari verrà il giorno in cui smetteremo di fare musica. Ma non perché non la vorremo più fare insieme, semplicemente passeremo ad altro. A 60 anni magari vorremo fare, boh, film!
O aprire un ristorante.
Stephen: Aprire un ristorante sarebbe fantastico!
Come descrivereste From Deewee a un alieno?
David: È difficile perché non saprei che riferimenti avrebbe un alieno. L’alieno sa cos’è la musica?
Mettiamo che abbia già ascoltato della musica. Viene dal nostro Sistema Solare.
David: Allora gli direi che è una collezione di canzoni che unisce suoni sintetizzati e percussioni acustiche, drum machine e belle voci.
Il nome Deewee è legato in qualche modo al vostro cognome?
David: Sì, è il nome della nostra struttura a Ghent, che comprende la nostra label e il nostro studio di registrazione. Si chiama From Deewee perché proviene interamente da quel posto, è nato lì. Il nome Deewee deriva da un difetto di pronuncia di alcuni amici australiani. No riuscivano a dire Dewaele, quindi hanno tagliato corto chiamandoci “The Deewee’s”.
Cosa facevate prima di essere i Soulwax o i 2many dj’s?
David: Abbiamo iniziato a fare musica nel ‘92/93. Ho comprato una chitarra per cominciare a suonare in una band con i miei coetanei e poi Steph [il fratello, ndr] si è aggiunto. Da quel momento, da band del doposcuola, siamo diventati una vera formazione. Avevo 17 anni e tutto ciò che volevo fare era suonare riff pesanti con la chitarra.
E quando avete deciso che era il momento di indossare camicie e completi eleganti?
David: Beh, dal secondo album è diventata la regola. Ma già negli anni Novanta ce li potevamo permettere spulciando negozi di abbigliamento usato.
In Italia potreste essere scambiati per due politici, anche se siete un po’ troppo giovani. Avete mai pensato di dare un taglio politico alla vostra musica?
David: Politico come gli U2?
Buon Dio, no.
Stephen: Tipo i Radiohead?
Pensavo più ai Death Grips.
Stephen: Beh, loro vengono dalla cultura hip hop. E nella cultura hip hop c’è sempre la tendenza a parlare di ciò che sta succedendo ora, si tende a incorporare di più l’attualità. Nel nostro genere credo ci sia meno spazio per messaggi politici. Ma ogni band, come noi nell’album, in diverse misure trova il proprio modo per essere politica e usare l’umorismo. Dipende tutto da come usi la poesia e le figure retoriche. Penso che i Radiohead siano molto bravi in tutto ciò. Magari la loro musica a volte è malinconica, ma se ci fai caso i contenuti sono molto spesso pieni di humour e a sfondo politico. Non penso che l’essere politici sia una questione di “Vota il partito comunista” o “Berlusconi vaffanculo!” Un bravo artista e un bravo scrittore cercano sempre la via più poetica, evitando di essere letterali. Lo facciamo anche noi spesso, ma è spontaneo. Non mi siedo lì e mi dico. “Adesso scrivo un pezzo politico in cui dico che dobbiamo salvare il Pianeta”. Sono cose a cui dovrebbero pensare già tutti.
Beh, sì. Sull’umorismo nei vostri pezzi non avevo dubbi. Di The Singer Has Become a DJ fa già ridere solo il titolo. Voglio dire, è quello che sta succedendo a tutti i cantanti.
Stephen: Quella è riferita a me. Ero il cantante dei Soulwax e poi mi sono messo a mettere dischi con i 2many dj’s. Siamo stati fra i primi a farlo, ma appunto vuole essere solo una battuta. Non ha granché senso.
In effetti, la prima volta che vi ho visto dal vivo stavate mettendo dischi a Electro Venice nel 2010. Eravate vestiti da marinai.
Stephen: Già, è vero! Avevamo passato tutto il giorno a Venezia, dove avevamo comprato dei cappellini da capitano. Tra l’altro suonavamo con una consolle che sembrava la plancia di una nave. È stato super divertente.
Alla fine è questo il vostro scopo: divertirvi e far divertire.
Stephen: Non abbiamo uno scopo preciso. Se avessimo uno scopo vorrebbe dire che abbiamo un piano. Ma siamo troppo caotici e confusionari per avere un piano.
David: Vorrei avere una risposta cool ma non ce l’ho. Quindi ti dirò: vogliamo solo fare la musica che ci piace. OK, se leggessi una risposta simile in un’intervista, penserei: ‘Mavaffanculo’. Però è la verità.