Ormai l’abbiamo capito, ci sono due Annalisa. La prima la conosciamo da anni, la chiameremo per comodità Annalisa Comfort Zone – abbreviato CZ – che è un nome che non suonerebbe neanche male se un giorno, malauguratamente, decidesse di partecipare a Jersey Shore (vi ricordate Mike The Situation?). Annalisa CZ arriva seconda ad Amici e inizia una carriera di tutto rispetto nel pop melodico italiano. Diversi album e singoli di successo, Festival di Sanremo, hit estive e tutto il resto. Annalisa CZ è classica, melodica, potremmo dire rassicurante.
Poi c’è la Annalisa post 2022. La chiameremo Annalisa Bellissima, abbreviato B, e anche questo potrebbe essere il moniker di una sua eventuale versione producer (se c’è Bruno Belissimo, non vediamo perché non potrebbe esserci pure lei). Nel chiamarla così non ci sono giudizi estetici, ma solo un omaggio alla canzone che le ha cambiato la vita. Almeno questo è quello che si percepisce da fuori: il brano è stato un successo enorme (ha conquistato diversi platini ed è presente da più di un anno nella classifica dei singoli più venduti in Italia, prima volta per una solista nostrana), e ha aperto le strade ad altri brani che hanno seguito la scia, da Mon amour alla collaborazione Disco Paradise per arrivare a Ragazza sola. In questi brani è cambiato il sound, è cambiato il look, e probabilmente è cambiata anche un po’ Annalisa (che da CZ è diventata B, appunto).
Il 29 settembre uscirà E poi siamo finiti nel vortice, il disco che va a mettere il timbro con la ceralacca sull’anno in cui si è presa tutto quello che c’era da prendere. La incontriamo negli uffici di Warner Music, sua etichetta storica. Da fuori pare sempre la stessa: sorridente, serafica. In ogni articolo uscito su di lei dal 2011 a questa parte si rimarca il fatto che sia laureata in Fisica: mai come oggi capiamo il ruolo di questa magistrale. Se riesci a districarti tra elettrodinamica e meccanica quantistica, tutto il resto deve sembrare piuttosto semplice. Successo compreso.
Partiamo subito dalle cose importanti: venerdì ti hanno imitata per ben due volte a Tale e Quale Show.
È una cosa molto importante! (ride) L’ho visto su Twitter e non in tv perché ero in giro. Un grande onore, mi hanno imitata due volte e con due look completamente diversi.
Fa ridere, sì, ed è comunque uno statement. Se ti imitano a Tale e Quale vuol dire che va bene.
Assolutamente sì. Ripeto: grande onore.
Ti diranno tutti che quello che è successo quest’anno è pazzesco, e in effetti un po’ lo è. Ti aspettavi che nella vita sarebbe arrivato un momento così o eri già a posto con le soddisfazioni?
Così no, non me l’aspettavo. Però ti dico anche che ho avuto chiaro sin da subito che Bellissima fosse una canzone speciale. Quando è nata mi sono resa conto che quella lì era LA canzone, che sarebbe cambiato qualcosa. Ha cambiato anche un po’ il corso della mia scrittura. Mi ricordo che ero andata in studio, era agosto 2021. Arrivavo dalla fine del percorso del disco precedente, avevo voglia di fare roba nuova. L’idea è stata quella di unire due aspetti per me fondamentali: la vocalità e l’uso delle parole delle melodie italiane a sonorità più elettropop, anni ’80, che sono le mie preferite. Unire queste due cose, provarci e scrivere, ha fatto nascere Bellissima. Eravamo io, Paolo e Davide (Antonacci e Simonetta, ndr). È un brano nato in due ore, velocissimo, e tutti ci siamo resi subito conto, senza dirlo troppo ad alta voce, che sarebbe stato importante.
Oltre al sound hai spinto anche sul look, sui videoclip. È un cambiamento che corrisponde a una maturazione personale?
Devi sentirti pronto. Nel percorso di ognuno ci sono delle fasi, e se fai le cose sentendoti di farle, be’, fa la differenza. Le mie sicurezze e insicurezze rimangono, però ci faccio i conti in modo diverso. Come dire: un po’ mi sprono a fare le cose e un po’ provo a far diventare i miei limiti delle possibilità. Ho provato a spingere di più sul racconto estetico, non soltanto mostrandomi sicura di me, ma anche raccontando un po’ tutte le emozioni. La delusione su Bellissima, l’aggressività in Mon amour, la voglia di ritrovarsi e ripartire con Ragazza sola. Ho cercato di mettere tutto sul fuoco senza pormi troppi problemi.
Quando è arrivata la “nuova te” immagino i commenti. Li leggi i social? O fai come quelli saggi che non leggono niente?
No, no. Io leggo tutto. Però devo dirti che i commenti di quel tipo lì, sotto i post, non mi hanno mai ferita più di tanto. Il senso è cercare di dargli il giusto peso. A me serve leggere anche quelle cose lì, anche quelle scritte dalle persone che vedono due secondi del video. Poi certo, se un commento arriva da una persona che stimo, lì ci posso rimanere male.
Non tutti riescono. Forse hai imparato come si fa?
Sì, si impara. Le cose che mi fanno male comunque non sono quelle legate ai commenti sul mio look. Ci rimango male quando percepisco un po’ di incomprensione, la non voglia di approfondire lato contenuti. Per quanto riguarda l’immagine, zero.
La critica che ti fa più incazzare?
Quando mi dicono che sono solo canzoncine.
Alcune delle persone che prima ti snobbavano sono salite sul carro del vincitore multiplatino?
Direi di no, non ho vissuto molto questa roba qua. Son contenta se ho stupito qualcuno, quello sì. Magari alcuni dicevano: vabbè, lei è quella roba lì, e invece poi si son ricreduti. Di quello sono molto contenta. Tutto il resto come dire… è stato talmente lento il mio percorso che è stato costruito pezzo per pezzo. Non è arrivato tutto d’un botto. Si fanno tanti passi, a volte lenti, ce n’è stato uno velocissimo, Amici, e poi ho ricominciato. Passo dopo passo, sono così. Sicuramente quest’anno ho fatto un click.
Cosa c’è di diverso in questo disco rispetto agli altri tuoi lavori?
È un album un po’ metaforico sulle fasi del vortice, che poi sono le fasi della vita. C’è l’entusiasmo, ci sono le delusioni, le cose che cambiano, i colpi di scena, un finale. E poi ricominci di nuovo. Queste canzoni sono un po’ rappresentative di queste fasi. Euforia, per esempio, è la fase che sto vivendo adesso. Esce il disco, sto preparando il concerto al Forum, il tour nei palasport, sono carica.
Come sta andando la preparazione?
Gli sto dando l’importanza che merita, curando tutti i dettagli. Ho già un’idea di quello che sarà il palco, dovrebbe arrivare in poche ore il disegno definitivo. Vorrei che il Forum diventasse un grande club in cui la gente può ballare e divertirsi, ma pure emozionarsi. Vorrei succedesse quello che per molti è successo con Bellissima: ballare, ma con una lacrimuccia.
Ballare la coreografia di Joey Di Stefano, però.
È molto bella, sì.
La gamba, tutto.
Sì, pazzesca (nel mentre fa il clap con le mani, nda)
Quello è stato forse il primo momento in cui ti ho vista sbilanciarti su una roba che fa ridere, un po’ meme. Per il resto sei una che ha sempre trasmesso una sensazione di equilibrio, per alcuni forse è percepito come distacco. Fai il tuo, saluti e vai.
Credo sia il risultato dell’aver avuto due genitori molto tosti. Sono due persone molto solide, gli devo molto. Mi hanno appoggiata, ma con prudenza.
«L’importante è non far brutta figura»: riconosco l’educazione della provincia del nord.
Ligure, peggio ancora! (ride) Ovviamente ho i miei momenti, ma tengo il peggio a casa mia. I miei disequilibri e le mie manifestazioni peggiori li tengo per me e per quei poracci che sono a casa con me.
Se ti arrabbi non ti metti il telefono in faccia come gli influencer che perdono l’aereo?
No, non mi arrabbio davanti agli altri. Mi sfogo con i miei genitori, con una cerchia di amici ristretta.
Ho la mail intasata da comunicati stampa su di te. I dischi di platino, il fatto che sei in classifica con la stessa canzone da più di un anno, e poi la prima donna al numero uno dopo tre anni di assenza. Questa roba ci riporta al tema delle donne nella musica…
Sì, apre molti temi. La prima donna in tre anni, è incredibile. Penso che comunque siamo probabilmente in meno a fare questo mestiere, ma pure questo è un tema. Ci sono troppi temi. Penso che siamo nel mezzo di un cammino che spero sia rivolto verso la direzione giusta. Stiamo però ancora camminando, non siamo arrivati da nessuna parte. Viviamo un retaggio culturale legato al fatto che le donne debbano fare il percorso da donna.
E qual è il percorso da donna?
Nella musica, il percepito è che la donna canta e basta.
Magari canzoni scritte da uomini?
Sì, e suonate da uomini. Poi devi essere bella e sorridente. In realtà non è così, probabilmente non lo è mai stato e fortunatamente sta venendo fuori sempre di più. Io sono anche orgogliosa di farmi portavoce di questa cosa. Sono una cantautrice, lo sono sempre stata. Sono nata così, quando ho iniziato l’ho fatto perché volevo scrivere le mie canzoni. Chiaro, ho dovuto imparare a tirar fuori le storie che volevo raccontare. Serve esperienza, il confrontarsi con altri autori. Abbiamo vissuto a lungo con il percepito che la musica femminile fosse meno profonda. Sono speranzosa che andando avanti sarà sempre meglio e che quello che io dico oggi a te, e che ho ribadito altre volte, serva e servirà a chi viene dopo. Man mano che una generazione lavora, i frutti veri li vedrà la generazione successiva.
Questo Paese può avere delle popstar anche se non imbracciano una chitarra?
Sì, esatto. La chitarra va benissimo, eh, ma non è che dove ci sono i lustrini dev’esserci il vuoto.
Una popstar che ti piace di brutto?
Lady Gaga. Non ho dubbi. Il mio amore è sempre stato dichiaratissimo. L’ho sempre apprezzata molto. Anche Taylor Swift. Sono due esempi importanti perché c’è una componente di cantautorato importantissima, anche se in modo diverso. E poi c’è una competenza totale. Un grande carisma, anche se in maniera diversa. Gaga che fa qualsiasi cosa, si trasforma, ma c’è sempre una centralità. Mentre in Taylor, che non è proprio una trasformista, c’è la storia, quello che racconta e che va oltre tutto il resto. Le ammiro molto, sono i miei fari.
A te piacerebbe allargare il tiro, provare anche altro?
Allora, dovrei sentirmi particolarmente ispirata. Scrivere un libro è una roba che mi hanno chiesto diverse volte, ma non mi sento di avere delle cose interessanti da dire. Se avessi ispirazione mi piacerebbe scrivere un romanzo. Non mi piacerebbe scrivere della mia vita, delle mie esperienze, quello no.
Perché? Arriverà prima o poi il momento biografia.
Eh, ma ci penseremo. Quando avrò 87 anni, se sarò ancora in vita allora forse scriverò le mie memorie. E magari saranno più interessanti di quelle di oggi. Anche il cinema mi piace, ma bisognerebbe trovare la roba giusta. Ma poi devi essere competente, di sicuro non mi butterei così, senza aver approfondito, studiato. Ecco, buttarmi senza prepararmi, no. Non lo farei.
L’importante è non far brutta figura, dicevamo. Ma invece un rimpianto di Annalisa?
L’università mi è servita molto, non c’è dubbio. Diciamo però che ha impegnato un periodo importante della mia vita. Forse mi sarebbe servito iniziare con la musica un paio d’anni prima.
Sì, ma vuoi mettere sapere i princìpi della termodinamica?