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Any Other, usare la musica per mettere in ordine la vita

La ricerca di equilibrio, i rapporti, la terapia. Adele Altro racconta ‘Stillness, Stop: You Have a Right to Remember’, un disco così bello che non sembra neanche italiano (e non perché è cantato in inglese)

Foto: Ludovica De Santis

Rifiuta le aspettative, vivi il presente, vivi il momento. C’è questo verso, nel bel mezzo di Stillness, Stop, la semi-title track che apre il nuovo album di Any Other, che fa da manifesto a tutto ciò che verrà dopo ed è una dichiarazione d’intenti tanto condivisibile quanto difficilissima da rispettare. Lo stesso brano, poco prima, dice: vorrei non essere così sensibile, è una benedizione e una maledizione al tempo stesso. Il discorso è quasi tutto lì: se Adele Altro non fosse così sensibile, probabilmente si risparmierebbe un sacco di paranoie e malessere, ma non esisterebbe un disco come Stillness, Stop: You Have a Right to Remember, la sua terza opera, quella grazie alla quale verrà messo agli atti, definitivamente, che è la più brava.

Otto tracce in cui rimane rigorosamente intatta la statura internazionale della musica proposta da sempre e con grande naturalezza da Any Other, che sembra nata e cresciuta a Portland ed è francamente scandaloso che non si sia ancora esibita per un live da Tiny Desk. È anche scandaloso che non abbia ancora compiuto trent’anni ed abbia già una carriera decennale alle spalle, che si sente tutta nella maturità artistica che emerge negli arrangiamenti – più minimalisti e puliti – e nei testi, pieni di riferimenti personali al proprio percorso di autoconsapevolezza e crescita emotiva.

«Dopo cinque anni di terapia un po’ di autoconsapevolezza spero di averla sviluppata, sennò sono nella merda! In realtà è una cosa che a volte devo persino dosare. Anche se non in maniera esplicita, nei miei pezzi ci metto tanto della mia vita, fondamentalmente perché mi è utile farlo, è un po’ come mettere in ordine». Si diceva, vivere il presente, vivere il momento e non perdersi nella strada dell’overthinking è una fatica enorme, ma in pezzi come Zoe’s Seeds, che si apre in leggiadri riff di chitarra e archi, Adele sembra cantare di fronte a uno specchio, oppure, per esempio in Need of Affirmation, sembra cantare semplicemente per sé stessa, incurante e lo esplicita: “Per la prima volta in vita mia sento di poter stare da sola, non ho bisogno della convalida di nessuno, no, non ne ho più bisogno”.

«Crescendo impari a riconoscere le zone da evitare soprattutto nei rapporti interpersonali. Però andando in terapia mi sono accorta di quanta rimozione ho messo in atto in questi anni, rischiando di perdere le cose belle insieme a quelle brutte del passato, che sono comunque utili. È un percorso in atto». Un percorso tuttavia privo di nostalgia. «Mi sono resa conto che non mi serve e non è utile rimanere ancorata a degli stati d’animo o alla nostalgia, anche rispetto alla rabbia verso le persone che mi hanno ferita. Ho bisogno di lasciar andare le cose sennò mi immobilizzo».

Con questo disco Adele Altro si è messa in gioco, senza freni inibitori e senza risparmiarsi, parla di traumi, di stabilità mentale, di burnout, di ferite da interazione umana, di rimanere paralizzati dall’ansia, di emanciparsi dal giudizio degli altri, di diventare adulti, la voce delicata come un vaso di porcellana, intensa e vivida, sorprende quanto tanta introspezione riesca ad essere luminosa e pulsante. Anche perché «il periodo in cui ho registrato il disco era proprio un periodo di merda, stavo molto male e se non ci fosse stato Marco Giudici, che l’ha co-prodotto con me e mi ha dato supporto, io non l’avrei portato a casa. È la prima volta che mi affido a un’altra persona e poteva essere solo lui che musicalmente mi conosce come nessun altro, suoniamo insieme da dieci anni e ho potuto lasciarmi andare e alleggerirmi di tante responsabilità».

Stillness, Stop: You Have a Right to Remember è tutta emotività ma non è un disco né pesante, né malinconico, fatta eccezione per Awful Thread, il primo singolo estratto ma uno degli ultimi ad essere stati scritti. Un pianoforte acustico appena sfiorato, che si intreccia con una manciata di note di piano elettrico, finché non sopraggiunge il violino ad aprire una sottile crepa nel nostro cuore che si allarga pericolosamente sul ritornello: “Non hai alcun rispetto o rimorso per la fortuna che ti è stata concessa”. Sembra di ascoltare uno dei pezzi più introspettivi di Aldous Harding, di Angel Olsen o Sharon Van Etten, pesi massimi della stessa categoria in cui gioca Any Other, senza sfigurare mai, neppure per un attimo.

Nei quasi sei anni trascorsi dal precedente Two, Geography Adele Altro non è stata affatto ferma, anzi, non si è praticamente fermata un attimo. È quasi un sollievo sentirla parlare di videogiochi, manga, libri di cucina (ultime fisse: Persona 5 Royal e Buonanotte, Punpun) e dire che «ho accettato serenamente che a me piace non fare un cazzo, se potessi non lavorare mai più non lo farei, suonerei soltanto per diletto». Tuttavia nel frattempo ha studiato il giapponese, co-fondato il collettivo Queer Macete con cui fa «dj set dove mettiamo solo roba zarra brutta e cattiva», ha pubblicato un EP di cover i cui proventi sono andati all’Emergency Release Fund, attivo nell’ambito della violenza verso persone transgender, e poi ha suonato tantissimo in giro accompagnando in tour Andrea Poggio, Cau/Emmi/Fenu e soprattutto con Colapesce e Dimartino.

«Io e Lorenzo (Colapesce, nda) suoniamo insieme da sette anni, precisamente dal Capodanno 2017 ad Ancona, poi siamo stati anche coinquilini per cui c’è un rapporto di amicizia vero, c’è una dimensione a livello umano molto orizzontale, anche se dal punto di vista musicale siamo molto diversi, però lui e Antonio (Dimartino, nda) sono due musicisti davvero forti e suonare con loro è proprio divertente e soddisfacente. E poi fare da turnista è tra virgolette molto facile sia dal punto di vista emotivo che per le responsabilità».

Tuttavia, il grande successo post Sanremo del duo, complice anche la pandemia che ha scombussolato tutti i piani, ha preso un sacco di spazio e il tempo è volato. «Avrei voluto dedicarmi al mio disco molto prima, ma, come dire, non sono Dua Lipa e devo pagare l’affitto! Poi c’è stato un momento, nella primavera del 2022, in cui ho deciso di non prendere ulteriori lavori per l’estate, mi sono detta: ok, mangio pane e cipolle per un po’ e mi metto a lavorare al nuovo disco ed è stato strano, è stato un po’ come tornare a casa ma al tempo stesso mi è sembrato di ricominciare da zero».

È così che sono nati pezzi come l’irriverente If I Don’t Care o l’indie folk di Extra Episode, brani senza distorsioni e senza macchie, alla Frankie Cosmos, che portano all’ultima traccia, Indistinct Chatter. «È una take di prova, ci sono gli uccellini, l’abbiamo registrata con la finestra aperta, però poi mi piaceva che rimanesse così, sporca, mi sembrava utile per alleggerire tutto sto pippone». Si tratta infatti di un giocoso piano strumentale che a tutta prima sembra quasi messo lì per errore, ma che invece assume un peso rilevante nell’equilibrio del disco, Adele Altro sembra saltellare e fischiettare in questo casino che è la vita e sembra aver trovato il suo equilibrio nel mondo. Non è una soluzione definitiva, non è tutto risolto, non si può abbassare la guardia. Ma per adesso che c’è una bella luce, la lascia entrare.

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