Arisa: «Ho trovato rifugio nella comunità trans» | Rolling Stone Italia
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Arisa: «Ho trovato rifugio nella comunità trans»

Il nuovo album, Sanremo, X Factor, i sogni televisivi e il rapporto con Simona Ventura e Caterina Caselli. Il mondo di Arisa raccontato a Rolling Stone

Arisa: «Ho trovato rifugio nella comunità trans»

Arisa

Foto Debby Gram

Chi è Arisa? Una donna del suo tempo, una cantante pop dalla voce sopraffina, ma anche una tipa rock nell’anima. Una, tanto per intenderci, che non le manda a dire. E questo nel senso più buono del termine. La cantautrice lucana torna al Festival di Sanremo – vinto con Sincerità (nel 2009, tra le Nuove Proposte) e Controvento (nel 2014, tra i big). Condotto nel 2015, al fianco di Carlo Conti – con Mi sento bene, brano dalle tante variazioni e sfumature, un cambio di rotta che va di pari passi con il cambio di casa discografica. Adesso, a seguirla, è la Sugar di Caterina Caselli. La canzone che sentirete sul palco dell’Ariston stasera è assolutamente inaspettata e mostra le grandi doti vocali di Arisa. Ed è proprio con lei che parliamo dei nuovi progetti, del disco e – ovviamente – di televisione. Non dimentichiamoci, infatti, che è stata dietro al bancone dei giudici di X Factor.

Arisa, foto di Debby Gram

Mi sento bene è il primo tassello del tuo album di inediti Una nuova Rosalba in città. Cosa rappresenta questo Festival?
Rappresenta quello che succede dopo 10 anni di carriera. C’è il decennale 2009-2019. Qualcuno ha fatto dei post su Instagram per fare vedere com’era e com’è (#10yearschallenge, ndr). Io, praticamente, farò esattamente la stessa cosa. Quindi ci penserà qualcun altro a ritrarmi. Anche perché in questi dieci anni sono successe tante belle cose.

Quindi qualcosa lo rappresenta davvero.
È anche un modo per ringraziare, per ritornare con più forza di prima. A testimonianza che la fiducia che mi è stata data era ben riposta.

Perché tra tutte le canzoni del disco – che per altro mi è piaciuto per l’attualità del suo pop – hai scelto proprio questa da portare a Sanremo?
Perché ha un messaggio universale, che mi riguarda molto da vicino.

Che intendi?
Per un periodo della mia vita ho messo i pensieri dove era abbastanza inutile li mettessi. Però mi è servito tantissimo, mi sono un po’ “elucubrata”, anche per vicissitudini accadute nella mia famiglia. La canzone, nella parte iniziale, parla proprio di questo. Voglio esprimere un desiderio di leggerezza: a volte, nell’elucubrarci, perdiamo la vita vera. È un peccato, perché il tempo è poco per tutti (ride, ndr).

In Minidonna, altro pezzo del disco, parli di una donna trans…
Di un trans. Non sappiamo se uomo o donna.

Ah, ok. Comunque, tu sei da sempre molto vicina al mondo gay e trans.
Sì, da sempre. Non lo faccio né per moda né per prese di posizione: è una cosa che riguarda molto me. Partecipo a delle battaglie, ma se non mi toccano da vicino, non riesco neanche a parlarne.

Ok, ma perché questi brani?
Perché ho vissuto in questo senso. Ho trovato sempre molto amore, molto appoggio e molta considerazione nella comunità trans, è stata un rifugio.

Come mai?
Hanno una maternità e una saggezza che, molte volte, manca agli amici di passaggio. Questo è capitato a me: ero una ragazzina del Sud, arrivata a Milano, lavoravo in un locale notturno e lavavo i bicchieri. Stavo ore e ore senza parlare con nessuno. E sotto casa mia – abitavo in viale Abruzzi – c’era una signora che, in realtà, non aveva fatto nessun accorgimento per diventare donna, era un uomo che si vestiva da donna.

Ti ha aiutato?
Abbiamo passato ore a parlare, dovevo digerire il fatto che fossi senza i miei genitori, che fossero lontani. Piano piano, da Pina – si chiamava così – ho iniziato a conoscere tante persone. Adesso abito in un posto dove c’è Umberto e Mirela, un parrucchiere brasiliano dove ci sono clienti molto colorati. Ho ritrovato quell’atmosfera di complicità e di comprensione.

A questo punto passiamo alla canzone Gli amanti sono pazzi, dove parli di amore omosex.
Sostengo che ci si possa innamorare di un uomo o di una donna, indipendentemente dalla fisicità. Ci si può innamorare dell’anima e il brano lo spiega benissimo.

Cioè?
Vedo il mio ex con una ragazza e mi innamoro di lei. Questo significa che, la vita, può regalarci sempre delle grandi sorprese.

Dove non batte il sole, invece, tratta un tema molto attuale: i social avvicinano le persone, ma allo stesso tempo le allontanano.
È una metafora molto carina, che parte dai primordi, da Adamo ed Eva, io sarei Eva. (ride, ndr)

Ma perché no, scusa?
Eh, vabbè. Lei e Adamo si parlano sui social, si incontrano e poi dicono «però questa, almeno, è vera pelle» (ride, ndr). È un po’ quello che capita oggi nei rapporti.

Cosa intendi?
Voglio avere i benefit di una relazione, ma non voglio approfondire quello che c’è dentro quella persona. Siamo tutti un po’ narcisisti e viviamo in un’epoca in cui, con tutti gli impulsi che abbiamo, bisogna centrarsi molto bene. Vogliamo prendere dagli altri, ma non troppo. È così: troppo amore, troppo amore. Non siamo preparati. (ride, ndr)

I social di cui parli, in passato, ti hanno fatto male.
Non è che mi hanno fatto male, la penso diversamente dalla massa. Io sono per il divide et impera.

Spiega un po’…
Non posso piacere a tutti. Quando leggo commenti di qualcuno che non mi capisce, non ci perdo troppo tempo. Conosco il perché delle mie azioni e, molto umilmente, cerco di non fare mai male a nessuno, ma di essere testimonianza di qualcosa di umano.

Di cosa ti fai testimone?
Che la vita migliora, che le possibilità si hanno. Posso avere un brufolo, ma non è che per questo faccio cagare. Posso avere quattro kili in più, ma vado in televisione. Se qualcuno non lo capisce, non è colpa mia. Si vede che non è parte della mia gente.

Però, se non te ne frega niente perché, quando facesti la battuta a X Factor dicendo che eri un po’ brilla, ti sei sentita in dovere di dire che non eri né ubriaca né drogata.
Ho usato il termine “tossichella”. Il giorno dopo X Factor, feci una story su Instagram dicendo che ero un po’ ubriachina. Ma secondo me ti ubriacheresti pure tu a quel tavolo, se dovessi avere a che fare con certi individui.

Be’ la frase «Simona sei falsa, cazzo!» ha fatto storia.
Devo dire che, negli anni, avevo instaurato un rapporto particolare con Simona, quasi familiare. Quello scazzo, è stato come un atto di ribellione verso un genitore, inconsapevole di tante cose. Adesso, invece, lo sai che ti dico?

Cosa?
Simona Ventura è una delle persone migliori che ho conosciuto in questo ambiente.

Maddai…
Mi insegna sempre tanto, anche solo osservando il suo comportamento. E devo dire un’altra cosa.

Dimmi.
Devo dire la stessa cosa anche di Mara Venier. (Nel 2014 Arisa scappò dal palco di Domenica in, dopo un video, ndr).

Questa non me l’aspettavo.
Ho conosciuto donne a cui mi piacerebbe assomigliare per tenacia, perché non si vede quello che c’è veramente dietro. Una donna, per stare lì tutti questi anni, deve avere un grande cuore, un grande carisma, ci vuole tanta roba.

Un altro talent lo faresti?
Non lo so guarda.

Ma ora c’è The Voice of Italy, proprio con Simona.
No, mi piacerebbe fare un programma mio. Dico sempre che voglio fare un programma di bellezza e fitness come faceva Barbara Bouchet (ride, ndr). I miei manager dicono che è troppo presto.

Solo questo?
Mi piacerebbe anche dare lezioni di canto in tv. Lo farei di mattina oppure di primo pomeriggio. Sarei troppo felice, perché a me piace stare vicino alla gente.

Ok, ma torniamo a Sanremo. Nella serata dei duetti porti Tony Hadley. Un altro che ha un vocione.
Ci voleva qualcuno di presenza, ma che fosse in grado anche di sostenere il brano. La canzone non è acqua fresca, vocalmente è interessante.

E poi, devo dire che il tuo brano sanremese rimane in testa come un trapano.
Non sarebbe perfetto per la sigla del mio programma televisivo?

Assolutamente sì. Ora però mi devi togliere una curiosità: volevi portare gli Abba a duettare con te.
Eh, vedi tu…

Ma perché non hai preso i Ricchi e Poveri, che sono un po’ gli Abba italiani?
Mi sarebbe piaciuto, ma ci sono tante teste.

Ho letto anche che vorresti andare all’Eurovision, che è il tuo sogno.
È il mio sogno di partenza però. Non voglio fermarmi all’Eurovision, voglio andare nel mondo.

Giusto. Torniamo al tuo disco. C’è un brano, Tam Tam, in cui ci sono tanti cuori che battono. Tra questi c’è anche quello di Caterina Caselli, a capo della Sugar. Come va con la tua nuova casa discografica?
Caterina è mitica, è una persona a cui interessa quello che fa, ci crede, ci prende pensieri, come si dice da noi. Mi chiama, è presente. Tra l’altro lei ha vissuto un periodo molto particolare, di cose non stupide, non banali. Quindi, magari, anche se si stava facendo una visita, si faceva sentire. È una grande donna, le auguro tutto il bene di questo mondo.

E con Malgioglio com’è andata? Ha scritto il testo di Amarsi in due, cover di Amor pelos dois di Salvador Sobral?
Sono rimasta colpita, ma neanche tantissimo. Ho sempre ammirato le doti autorali di Cristiano. L’ho sempre trovata una persona profonda. Lo sai il mito del clown no? Quello che fa ridere gli altri, poi è il più triste di tutti.

Pensi che Malgioglio sia triste?
No, ma credo sia una grande osservatore e che, dietro quegli occhiali scuri, sappia leggere negli occhi degli altri.

Arriviamo alla canzone Il futuro ha bisogno d’amore.
#ilfuturohabisgnodamore me lo tatuerei. Il futuro di tutti ha bisogno d’amore. E tutti ne abbiamo bisogno. Spesso si pensa che ci siano persone di Serie A e di Serie B. Nella nostra cultura c’è questa cosa che, quando le persone invecchiano, sembra non valgano più nulla. Invece tutti abbiamo bisogno di cantare di ballare. Questa canzone mi è venuta in mente pensando a mio padre.

Perché?
Quando facciamo le riunioni di famiglia a Ferragosto o a Natale. Mio papà si beve un cicchettino – soprattutto in estate – e si arrampica sugli alberi. Perché lui deve fare sempre il serio, ma quando si beve un cicchettino, pure lui c’ha bisogno di essere bambino, anche se ha 60 anni. Non è vero che c’è un’età per cantare, ballare o sognare. È vero, abbiamo più responsabilità, ma dobbiamo ritagliarci spazi per ritornare bambini, io lo faccio sempre perché è una figata. E sono promotrice di questa cosa.

Senti, Arisa, cosa rispondi a quelli che dicono che hai un caratteraccio?
Le persone vedono quello che hanno dentro: se hanno bruttezza vedono bruttezza, se hanno bellezza vedono la bellezza. Io ho un carattere normale. Non voglio fare madre coraggio, ma lavoro da quando ho 12 anni, mi sono comprata i libri di scuola da sola. Quando mi scoraggio mia madre mi dice: «Pensa cos’hai fatto, figlia mia». Mi sono conquistata quello che sono adesso con il duro lavoro. E non lo mollo se qualcuno non mette la testa nelle mie cose. Sono esigente, ma se uno fa bene sono un angelo. Mi devi credere.

Ci credo, ci credo.
E poi, chissà perché, le donne devono sempre avere un brutto carattere.

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