Il vero vincitore del 2020 è stato Bad Bunny. La superstar portoricana ha pubblicato in febbraio il suo secondo album YHLQMDLG di cui hanno detto tutti un gran bene, un disco ricco di omaggi al reggaeton che ascoltava nel suo Paese natale. Poco dopo l’uscita il pianeta è finito in lockdown, ma lui ha comunque trovato un modo per vivacizzare la sua carriera (e i suoi fan). In maggio ha pubblicato un EP di outtake, Las que no iban a salir, in settembre è andato a New York per un concerto spettacolare, perfetto per il Covid, in cui ha girato Bronx, Washington Heights e Harlem sul retro di un camion, accolto come un eroe. Il gran finale è arrivato in novembre, quando ha pubblicato El último tour del mundo, un disco ricco di chitarre rock con cui ha sfidato le regole del mainstream.
E ha fatto la storia: è il primo album cantato interamente in lingua spagnola ad arrivare in cima alle classifiche americane ed è uscito nel periodo in cui Spotify ha annunciato che Bad Bunny è stato l’artista più ascoltato dell’anno. A quanto pare, i successi non gli danno alla testa. «La verità è che mi piace fare musica, non c’è niente di meglio», dice in spagnolo. «I riconoscimenti sono un extra. Mi basta fare quello che faccio e avere attorno persone che mi ascoltano e mi appoggiano. Chiaro poi che il successo mi fa stare bene e mi inorgoglisce».
Il tuo nuovo album immagina l’ultimo tour della storia. Quando il mondo ripartirà, come saranno i tuoi concerti?
I migliori al mondo, i migliori di sempre. Giuro che è così che mi sento, è quel che voglio. Prima della pandemia e del lockdown stavamo mettendo a punto i dettagli, era incredibile vedere cosa stava venendo fuori. Ora, con tutto quello che è successo, ho sensazioni diverse. Quando arriveremo finalmente sul palco avremo un’energia completamente nuova. Sarà speciale, metteremo insieme quello che avevamo in programma con le idee che abbiamo adesso.
Se dovessi mettere in piedi il tuo ultimo concerto, come sarebbe?
Sarebbe a Portorico. Non ci sono altri posti così. È dove ho suonato il primo concerto e lì farò l’ultimo.
L’album è ricco di influenze alt rock. Che band ascoltavi da ragazzo?
Ce ne sono davvero tante, ma non voglio fare nomi, magari dimentico qualcuno. Ho sempre ascoltato tanti generi diversi. Con mio padre ascoltavo una cosa, con mia madre un’altra, con i miei nonni un’altra ancora, così come con i cugini. Crescendo ho sperimentato con stili completamente nuovi. Ci sono davvero tanti artisti, band e gruppi che mi hanno ispirato. L’altro giorno sono arrivato a una conclusione: anche gli artisti che non ricordo mi hanno influenzato. Sto parlando delle canzoni ascoltate in momenti speciali, durante esperienze che ho vissuto e che hanno dato forma a quello che faccio adesso.
Ti interessava il mondo associato al rock e al punk? Nel video di Yo visto asì, per esempio, c’è un omaggio allo skateboard. Ti piaceva?
No, no, no. Non facevo nessuna attività che richiedesse un movimento fisico (ride). Riesco a stare sullo skateboard per cinque secondi. E però mi sono sempre identificato con quel mondo, con la sua energia, col suo atteggiamento.
Quindi eri un ragazzo tranquillo, un tipo artistico?
Sono sempre stato entrambe le cose. È impossibile prevedere con che umore mi sveglierò domattina, e nel pomeriggio potrebbe essere completamente diverso.
Che significato ha, per te, aver fuso il reggaeton con il rock?
Cerco di fare queste cose in maniera organica, non mi preoccupo di che impatto avranno… cerco solo di godermele. Ascolto di tutto e amo tutta la musica. In quanto portoricano degli anni ’90, sono cresciuto soprattutto con il reggaeton. L’ho già detto altre volte, ma è come se l’avessimo nel sangue. Ovviamente so fare musica così, ma so anche scrivere ritmi diversi, fondere cose diverse, ed è quello che mi piace fare: creare e non avere limiti. Nel mondo ci sono tanti ritmi diversi, c’è ancora tanto da sperimentare.
Nell’ultima canzone di YHLQMDLG dici che il nuovo album sarà l’ultimo. Puoi confermare una volta per tutte che non stai per ritirarti?
Confermo! (Ride) C’è ancora molto da fare, non si sa cosa potrebbe succedere. Un giorno dici una cosa in un’intervista, poi ti ritrovi in certe situazioni e ti rendi conto che no, non volevi davvero ritirarti a 35 anni. Arrivi a quell’età e pensi che ci sono ancora cose che vuoi fare. Per ora, sono ancora qui.
L’ultima canzone di El último tour del mundo è Cantares de Navidad. In che modo è legata alla tradizione di Portorico?
Mi piace molto quel pezzo, riporta a galla tanti bei ricordi della mia infanzia, del Natale, della mia famiglia, dei miei nonni. Sapevamo dall’inizio che il disco sarebbe uscito nel giorno del Ringraziamento, un periodo importante a Portorico, in cui le famiglie si riuniscono. Non so come sia andata quest’anno, con il Covid-19, ma è sempre stato un po’ come l’inizio del Natale. Vsto che sapevo che il mio disco sarebbe uscito quel giorno, volevo dare a chi mi ascolta e chi mi supporta – soprattutto sull’isola – una canzone che assomigliasse a un regalo di Natale. È l’ultimo pezzo, e l’idea è che permetta a tutti di festeggiare, di entrare nell’atmosfera delle feste. In più, è scritta dal Trio Vegabajeño, una band del quartiere in cui sono cresciuto. Il compositore si chiama come me, Benito de Jesus. Quella canzone è la combinazione di tante cose, tutte speciali.
A proposito di Natale, che regalo hai chiesto quest’anno?
Niente! (Ride) Non lo faccio mai. Chiederei pace, amore e tempo per godermi le cose, la salute della mia famiglia e anche la mia, così potrò fare altra musica e raggiungere nuovi obiettivi.
Manca poco ai Grammy, e sei nominato in due categorie. Come ti fa sentire la cosa?
Oh dio, in realtà penso a queste cose solo il giorno prima della cerimonia. Vivo così. So cosa succederà oggi, stop. Ovviamente sono entusiasta, orgoglioso di poter essere lì e rappresentarci.
Che altro hai in mente per il 2021?
Ho passato tantissimo tempo a creare e ho intenzione di continuare a farlo. Al di fuori della musica, non lo so. Mi serve un nuovo hobby. Non ne ho nessuno che non abbia a che fare con la mia musica: è il mio lavoro, un gioco, un modo per rilassarmi. Devo trovarmi qualcos’altro da fare (ride).
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.