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Beabadoobee è diventata grande con Rick Rubin

Il 9 agosto esce 'This Is How Tomorrow Moves', terzo disco in studio della cantautrice prodotto nel mitologico Shangri-La di Malibu: «Voglio che la gente capisca quanto duramente ho lavorato»

Foto: Jules Moskovtchenko

È passato qualche anno da Coffee Song, il brano che ha fatto diventare Beabadoobee un, scusateci, fenomeno virale. Quanti video vi sono passati davanti, su Instagram e TikTok, con quella canzone in sottofondo? Ve lo diciamo noi: tantissimi. Tanti piccoli carini video cozy. Beatrice Kristi Laus, classe 2000, filippina naturalizzata britannica, poteva rimanere «la ragazza di quella canzone». E invece oggi siamo qui a parlare del suo nuovo disco, il terzo.

Da quella canzone è comunque arrivato il primo contratto discografico. Seguono diversi EP e due album. Il 9 agosto esce This Is How Tomorrow Moves, e già dal titolo sembra un po’ una riflessione sul tempo che passa, anche se hai solo 24 anni. Bea e la sua chitarra negli ultimi anni sono state in tour con The 1975, con Clairo, con Taylor Swift (che l’ha voluta come opening act del suo Eras Tour nel 2023). Un sacco di cose che ci facciamo raccontare mentre facciamo una chiacchiera su Zoom. Lei è a Londra, mi presenta i gatti che si intravedono sullo sfondo. «Questo è Ginger», poi ne inquadra un altro che dorme in una posizione audace. «Amo tantissimo anche i cani. Faccio parte del team “meno persone e più animali”», ci dice. Non possiamo che trovarci d’accordo.

Partiamo dal titolo del disco, This Is How Tomorrow Moves. «Il senso è che non avrei potuto andare avanti senza aver sperimentato tutto ciò di cui ho parlato in questo disco. Diciamo che per poter crescere ho dovuto affrontare molte cose, passare momenti difficili. La vita ogni tanto ti prende a schiaffi, ti riporta alla realtà».
Il primo singolo si chiama Take a Bite (trovate il video qui sotto).

«È un brano in cui realizzo di avere questo problema del desiderio costante di caos». La osserviamo mentre ci parla, sembra la cosa più distante dalla definizione di caos. Ma sotto la facciata c’è altro: «Mostro le mie vulnerabilità nel disco, dico cose che probabilmente non ho mai detto nei miei lavori precedenti. Forse questo potrebbe aiutarmi a crescere anche nella vita reale, chi lo sa. La musica resta la migliore forma di terapia per me».

Il giorno prima dell’intervista pubblica su Instagram un pezzo di Beaches, che è «la canzone più felice che abbia mai scritto, parla di come siamo spaventati all’idea di fare qualcosa e invece bisognerebbe immergere entrambi i piedi e buttarsi nell’acqua senza pensarci troppo. È una canzone piena di speranza».

Come dicevamo prima, in questi anni di cose ne sono successe, alcune decisamente in maniera veloce. Quando è arrivato il successo di Coffee, che l’ha portata a firmare un contratto con Dirty Hit, l’etichetta che condivide con The 1975 e Rina Sawayama, era ancora al liceo. In Ripples, una canzone del suo disco precedente, racconta di sentirsi come se «a volte non si potesse davvero parlare» all’interno di un’industria musicale dominata dagli uomini. In un’intervista di due anni fa con Rolling Stone USA aveva detto: «Quando ho firmato ero molto giovane. Tutto ciò che stava accadendo nella mia vita non sembrava necessariamente reale, o non capivo cosa stesse succedendo. In quella canzone specifica, sono solo io che realizzo, “Santo cielo, sono completamente persa”».

Foto: Jules Moskovtchenko

Se si era persa ha avuto il tempo di ritrovarsi, e di fare un sacco di cose per cui serve buttarsi di testa. Per questo disco, per esempio, è volata a Malibu per lavorare con Rick Rubin. «È stata una vera sorpresa, Rick voleva conoscermi da anni, poi ci siamo visti ma non abbiamo parlato del disco. Abbiamo parlato della vita, mi ha fatto un sacco di domande. Potrei aver suonato qualche canzone qua e là, ma avevo in programma di fare questo album a Londra con solo Jacob Bugden, che è co-produttore. Dopo quell’incontro però il suo manager ha chiamato il mio e gli ha chiesto se potevamo lavorare insieme. Non pensavo che avrei mai avuto un’opportunità del genere. Siamo stati nei suoi studi un mese e mezzo, esperienza unica nella vita. È arrivato con molte idee, alcune che ci hanno fatto dire: “Che facciamo?, Siamo sicuri?”. Oppure con interventi che pensavamo non avrebbero fatto grande differenza, e invece hanno cambiato tutto. Lavorando con Rick ho imparato che cosa vuol dire avere fiducia».

La musica di Beabadoobee potrebbe essere stata scritta quest’anno o venti anni fa. Nei suoi brani si sentono forti e chiari i richiami a Fiona Apple, agli Incubus, a tutto quel rock e a quel pop che ha invaso le nostre orecchie a fine degli anni ’90/ inizio 2000. Se Buffy The Vampire Slayer fosse ancora in onda (magari!), lei sarebbe senza dubbio uno degli ospiti musicali del Bronze. «Fiona Apple è una musa. Sono rimasta attratta dal suo stile di produzione, da come scrive i brani. Poi ultimamente ho ascoltato anche Elliott Smith, che credo mi abbia influenzato. Poi vabbè, i Beatles, sempre. Da quando li ascoltavo da piccola su cassetta. E penso che su questo disco la loro influenza, sulla scrittura, si possa sentire su brani come Girl’s Song o come The Man Who Left Too Soon.

Tornando agli esordi, le chiediamo che rapporto ha oggi con i social. «Sono dannosi, ora lo sappiamo, ci sono degli studi. Sono utili ma anche dannosi. Ultimamente leggo commenti meschini, tipo uno mi ha scritto “chi è questa che ha fatto un disco con Rick Rubin?”». Penso che ci sia voluto un po’, ma quei commenti non mi fanno più effetto. Mi ricordo un giorno, c’era il sole, stavo andando al parco, mi sono detta: “Oh mio Dio, niente di tutto questo è reale, sto letteralmente uscendo a fare una passeggiata, nessuno mi grida cose brutte per strada, nessuno cerca di investirmi con la macchina. È una giornata di sole, niente conta davvero, e penso che sia qualcosa che bisogna costantemente ricordare. Concentrarsi sugli aspetti positivi e sulla realtà». E il rapporto con i numeri qual è?

«Dicono sempre che mentalmente rimarrai all’età in cui inizi a diventare famoso. E quindi i numeri non sono mai veramente un problema per me. A 18 anni avevo in testa qualcosa più simile a una confusione, mi chiedevo: “perché piaccio così tanto alla gente?”. Mi sentivo però molto grata. Con i social c’è questa specie di confronto con tutti, lo canto in una canzone del nuovo disco che si chiama A Cruel Affair. Parla del paragone con questa
sconosciuta che vedo su Internet, bellissima ma che probabilmente pensa le stesse cose di me, chi lo sa? Sai cosa? Alla fine mi concentro solo sui miei gatti».

Le aspettative per questo disco sono alte: «Vorrei che la gente lo amasse quanto lo amo io. L’ultima cosa che mi ha detto Rick Rubin è stata: “Ami questo disco?”. Io ho risposto: “Con tutto il cuore”. E Rick ha detto: “Bene, questo è tutto ciò che conta”. Voglio solo che la gente capisca quanto duramente ho lavorato. Penso che sia il primo album in cui ho scritto ogni singola canzone da sola, a casa mia. Penso si senta». Lo chiederemo anche ai gatti.

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