Nonostante i tre album pubblicati, la firma con Bomba Dischi, i milioni di stream e la conquista di palchi come quello dell’Ariston a Sanremo nella serata delle cover e quello del Primo Maggio romano, i Bnkr44 continuano a passare le loro giornate dove tutto è cominciato, il locale della provincia toscana dal quale il gruppo ha preso il nome. Quando gliel’ho chiesto, mentre in videochiamata da un parco cittadino si stringevano per entrare tutti nel campo visivo dello smartphone, pensavo che mi avrebbero detto che sì, dai, ogni tanto ci vanno ancora, ma che dopo quattro anni circa il Bunker fosse diventato più un luogo a cui ripensare con un filo di nostalgia che il leitmotiv della loro quotidianità. «Siamo lì tutti i giorni», mi rispondono invece tra le fronde degli alberi, come moderni figli dei fiori. Ridacchiano come se al Bunker andassero a saltare la scuola, a cazzeggiare mentre tutt’intorno gli altri si affannano per rendere proficue le proprie giornate, magari spostandosi in massa fuori dai piccoli paesi di provincia da cui i Bnkr44 arrivano.
Eppure, al Bnkr44 Erin, Piccolo, Faster, JxN, Caph, Fares e Gheray0 lavorano sodo, trascorrendo le giornate nello studio di registrazione che il Bunker ospita, tra musica, dipinti, sketch, grafiche e fanzine. Si respira un’aria molto DIY del primo punk quando il gruppo racconta delle sue attività, appena culminate nella pubblicazione del loro terzo lavoro discografico, l’album Fuoristrada, che spaziano tra le arti e fanno più volentieri affidamento sulla propria cerchia che su esterni. Quando glielo faccio notare gongolano un po’, si beano felici del riferimento a un passato musicale a cui guardano con ambivalenza, con rispetto e ammirazione ma anche da una distanza davvero siderale. «Non siamo una band, le band sono quelle dove ognuno suona uno strumento. C’è un tizio al basso, uno alla chitarra, uno canta e così via. Noi siamo un collettivo, dove non ci sono strumenti e tutti fanno più o meno tutto».
Come di consuetudine anche per i brani del nuovo disco hanno utilizzato quasi esclusivamente il computer. Ogni tanto qualche strumento salta fuori ma viene immediatamente campionato: «Quando registriamo tutti gli strumenti passano direttamente dal computer. Magari un’idea parte in sala prove dalla chitarra, che però è già attaccata al computer, e viene lavorata da là. Ma è raro, la maggior parte delle volte partiamo dal progetto digitale, da cui nasce tutto. Sarebbe bello, però. Probabilmente il nostro prossimo passo potrebbe essere questo, approcciarci un po’ di più agli strumenti. È possibile». Quello che prima degli anni ’10 per qualsiasi aspirante artista era un punto di partenza per i Bnkr44 è un punto d’arrivo, quasi uno sfizio da togliersi dopo aver macinato stream e riempito i locali.
L’interesse è sincero, anche perché Fuoristrada è pieno di chitarre. Anche se non suonate dai ragazzi ma nate da un software tradiscono comunque in parte i gusti della band dove non mancano influenze legate al punk degli anni 2000, al post punk e al grunge. Oltre ad ascolti un po’ più classici, che includono anche nomi di punta della black music come Frank Ocean, il gruppo affonda le sue radici in filoni più recenti come il bedroom pop, l’indie e la trap, particolarmente amata dai Bnkr nelle situazioni di gruppo. «La ascoltiamo spesso quando siamo insieme, soprattutto in macchina, in viaggio. È divertente, la cantiamo, diventa subito un inno».
E poi c’è il rap, il grande amore di almeno tre dei componenti del collettivo, Fares, Caph e Faster, nati come rapper di quartiere. Di recente poi il gruppo si è lasciato ispirare da artisti che uniscono elettronica e chitarre di vario tipo, come gli statunitensi Junior Varsity. In generale, però, al collettivo toscano, proiettato tutto sul presente e sul futuro, non piace troppo parlare di influenze e di riferimenti. Fanno le loro cose, come gli viene e senza pensarci troppo, non serve a molto prodigarsi in paragoni. «Alla fine, è una roba tutta inconscia perché ci buttiamo e ci facciamo trasportare dall’istinto. Siamo un frullato di generi, ognuno ha la sua idea e il suo background e quando siamo in studio si vede, ma sappiamo trovare un punto in comune», dice Piccolo.
Specchio ne è Fuoristrada, in cui la band ha coinvolto sia un nome di punta della produzione trap come Sick Luke, lo storico produttore della Dark Polo Gang, sia un autore più classico come Davide Petrella. I Bnkr44 hanno fatto comunella anche con il dj di Jovanotti, Fresco, che ha ospitato i ragazzi nel suo studio di Città di Castello dove è nata la strofa di Specchio, uno dei brani del nuovo album. «L’abbiamo conosciuto al Jova Beach Party l’estate scorsa e ci ha ospitato in questo studio luminosissimo, davvero pieno di luce. Stavamo facendo una chitarra e Fares, appena entrato, ha sentito questo mega vibe e in 15 secondi ha scritto la strofa di Specchio».
Un altro brano del disco, Cambiare non posso, la traccia d’apertura, è nato in maniera simile, con Fares che trascinato dal resto del gruppo si lascia avvolgere dall’atmosfera e butta giù un ritornello improvvisato. «È stato divertente. Sono andato in studio con l’idea di fare un pezzo più dolce ma Caph stava lavorando a una chitarra metal ignorantissima. Ho detto subito che su quella base non avrei scritto niente ma alla fine mi hanno convinto. Sono entrato nel flusso di quell’energia e senza alcuna aspettativa ho scritto quello che è diventato subito il ritornello. Ricordo che indossavo la maglia di un gruppo tedesco che tutte le volte mi fa pensare a questo bellissimo momento, mi ha dato una bella energia rock».
Spesso i Bnkr44 dicono di funzionare come un’intelligenza collettiva, come le formiche. Sono tanti, molti di più rispetto alla media dei gruppi, e hanno idee e background diversi ma per quanto riguarda le canzoni sanno sempre come trovare una quadra: «A volte discutiamo un po’ però siamo abbastanza maturi in questo. Sulle canzoni siamo arrivati a un punto in cui non dobbiamo parlarne più di tanto. Già lo sappiamo cosa funziona e cosa no, cosa piace a tutti e cosa non convince. Abbiamo anche creato dei ruoli nel collettivo, ci fidiamo gli uni degli altri e ci aiutiamo a vicenda cercando di migliorarci». Sono più le questioni legate alla direzione artistica e ad annessi e connessi del music biz a dare del filo da torcere alla formazione. «La copertina dell’album, per esempio, è stata un parto», raccontano all’unanimità.«Nel magazine che abbiamo fatto uscire c’è una pagina dove ci sono tutte le prove, una pagina piena di quadratini. Il triangolo all’inizio non piaceva, l’abbiamo fatto in mille modi. Poi abbiamo chiamato altri grafici per aiutarci. È stato un delirio».
Di occasioni in cui da singoli input è nato qualcosa se ne potrebbero citare una marea. Da uno di questi, per esempio, è scaturito l’unico pezzo mai fatto dai Bnkr44 in cui i componenti del collettivo si presentano, nome per nome, annunciandosi in qualche modo al loro pubblico. «Siamo andati tre giorni in una casa in collina, in lontananza si vedeva il mare. Eravamo tutti insieme e Ghera (Gheray0, che veste i panni di direttore artistico e manager del gruppo, nda) ha detto che secondo lui era strano che non avessimo ancora fatto un pezzo in cui ci presentavamo o in cui c’erano i nostri nomi, una cosa un po’ autocelebrativa. A partire da quello spunto è nata Tra i rottami, il ritornello è proprio una presentazione collettiva», racconta Erin.
Adesso i sette di Villanova sono completamente assorbiti dal tour che li aspetta, a partire dal Concertone di piazza San Giovanni a Roma, una dozzina di date concentrate in prevalenza nei festival dell’estate. Anche se il gruppo non vuole ancora svelare nulla potrebbero esserci delle sorprese considerando che qualche anno fa i Bnkr44 hanno piazzato sul palco delle tele da dipingere durante il set, poi esposte in una mostra e vendute all’asta. Tra le tele c’erano anche un tavolo e qualche birra, ricordando più l’atmosfera che probabilmente si respira al Bnkr44 che quella di un concerto vero e proprio. «Con le tele abbiamo raggiunto subito un apice che non toccheremo mai più dal punto di vista dell’arte sul palco. Ci siamo bruciati la carta più figa al primo tour», scherzano. «La verità è che abbiamo fatto le tele perché non tutti cantavano nei pezzi e non avevamo ancora abbastanza affinità per capire cosa fare quando gli altri cantavano. Adesso invece ci sono meno tempi morti. Se uno di noi non canta o fa le armonie o le sporche o doppia qualcuno, in qualche modo interviene sempre». Tele o non tele qualcosa, assicurano, se lo inventeranno di certo.