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Bonobo e l’arte del campionamento

Il produttore e dj ha realizzato il nuovo album ‘Fragments’ partendo da frammenti musicali, anche suoi, che ha poi manipolato. «Ma senza i club in cui testare la musica è come procedere alla cieca»

Foto: Grant Spanier

Come molti altri produttori e dj, anche Bonobo ama affinare i pezzi a cui lavora in studio testandoli nel club. «Succede che faccia un pezzo e che nel weekend lo porti in pista. È l’unico modo per capire se funziona o meno».

Nel caso pensiate che sia facile capire in anticipo che tipo di musica funziona in un club, sappiate che «di solito il pezzo a cui pensi non è quello che riscalda la gente. Magari ne sei convinto, “è questo, è questo”, lo metti su e la gente resta fredda». Al contrario, «i pezzi a cui la pista reagisce a volte sono quelli che non t’aspetti».

Ne è passato di tempo da quando Bonobo ha potuto testare le sue “bombe” in questo modo. Negli ultimi 18 mesi è stato costretto a lavorare all’album Fragments in modo diverso dal solito. Coi club chiusi, non ha potuto verificare l’impatto dei pezzi sulla gente. «È come procedere alla cieca. Speri che la musica funzioni, ma non puoi fare altro che sperare».

Non che Bonobo si debba preoccupare: Fragments passa da pezzi d’atmosfera ad altri ritmati con la grazia e la facilità che tutti gli riconoscono. Si è costruito un bel seguito grazie a musiche che restano placide anche quando sono mosse, come sassi che rimbalzano sulla superficie dell’acqua senza increspare la superficie. Esiste la dance chiassosa e colorata. E poi c’è la musica di Bonobo che ha a che fare piuttosto con onde e oscillazioni (ad eccezione di Heartbreak, il pezzo dell’anno scorso con Totally Enormous Extinct Dinosaurs, che tra breakbeat martellanti e vocals da discoteca «strizzava l’occhio a momenti storici della club culture»).

Un po’ come gli ultimi due album di Bonobo, anche Fragments si apre in tono meditativo, con tanto di archi arrangiati dal polistrumentista e compositore Miguel Atwood-Ferguson. È un luogo di quiete a cui si torna più volte nel corso dell’album, che si chiude con Day by Day, una ninnananna interpretata dalla voce di Kadhja Bonet. La melodie di Tides, un pezzo soul con Jamila Woods, è stata prodotta usando «micro loop» di un campionamento di arpa programmato in modo da far suonare le note ogni volta in modo diverso.

L’arpa ha un ruolo importante in tutto Fragments. «La prima session l’ho fatta con un’arpista», ovvero Lara Somogyi. «Non avevo una parte precisa da farle suonare, volevo solo del materiale sonoro da usare». È tipico di Bonobo, che al posto di chiedere ai musicisti di suonare determinate progressioni preferisce raccogliere una vasta gamma di materiale per poi rimetterci mano. «Do il meglio, credo, manipolando l’audio, cambiando il pitch, ampliando le parti. Quelle sezioni di arpa le senti un po’ in tutto il disco».

Per Closer, un pezzo che andrà forte nei dj set, Bonobo ha cercato materiale sonoro da manipolare nel suo stesso catalogo. La parte vocale è tratta da Far Closer, un pezzo che ha prodotto contenuto nell’album di debutto del 2010 di Andreya Triana Lost Where I Belong. «È tipo un meta-campionamento. Mi sono chiesto: ma lo posso fare? Ci stava così bene che non potevo non farlo».

Uno dei pezzi più loop-abili di Fragments è Otomo, nato in collaborazione col produttore O’Flynn. «Avevo il campionamento di un coro e volevo costruisci su un bel momento forte, per poi tornare a musica più discreta, ma sapevo come fare. Visto che nei miei set passavo cose di O’Flynn mi sono deciso a scrivergli un messaggio. Non che lo conosca bene,ma avevo bisogno di un altro paio di orecchie. Gli ho domandato che ne pensava, come avrei dovuto chiudere il pezzo».

O’Flynn ha chiesto i file e, con grande sorpresa di Bonobo, se n’è venuto fuori col passaggio dinamico di cui c’era bisogno. «Il tipico caso di qualcuno che dall’esterno vede cose che tu non vedi più, perché sei troppo concentrato sui dettagli».

Nell’estate 2021 le piste sono tornate in parte a popolarsi in giro per il mondo e Bonobo si è rimesso a fare i suoi dj set, durante i quali ha passato anche Otomo. «È uno di quei pezzi che va bene anche se la gente non sa che roba sia. Gli riconoscono qualcosa ed è buon segno».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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