Immaginate una tabella 5 x 5. Dentro ognuna delle 25 caselle c’è un numero diverso. La somma dei numeri per colonna e per riga dà sempre lo stesso risultato: 65. Lo chiamano quadrato magico ed è il punto di partenza di una nuova composizione di Boosta. Non la troverete su CD, né su YouTube e nemmeno su Spotify. È un NFT, parte di un progetto messo a punto dal musicista dei Subsonica con l’artista croato Danijel Žeželj e la startup Genuino.
NFT è l’acronimo di non-fungible token, una forma di crittografia che grazie alla tecnologia blockchain determina l’unicità di oggetti digitali come file audio, fotografie, video. Detto in breve: i file digitali vengono dotati di una prova di autenticità e proprietà, una sorta di firma inconfondibile certificata da un’ampia rete di computer e quindi non manipolabile. È un modo per ristabilire il concetto di unicità in un mondo di oggetti d’arte digitali perfettamente riproducibili, intercambiabili e quindi di valore scarso o nullo.
Da ieri è possibile entrare in possesso di un pezzo della collezione registrandosi sul sito di Genuino. Da sabato 5 giugno sarà messa in venduta su Makersplace l’intera «composizione per musica, illustrazioni e matematica» sotto forma di collezione di cinque video di 10-15 secondi l’uno con musica di Boosta e illustrazioni di Žeželj, un masterpiece con un minuto di musica di Boosta, il manifesto Music Is Art scritto dal musicista, cinque visuals di Žeželj. Le parti del pacchetto saranno messe in venduta a prezzo fisso (in criptovaluta, a partire da 499 dollari), il masterpiece attraverso un’asta. Ai contenuti audio-visivi creati dai due artisti sarà abbinata la possibilità di assistere in seguito a una performance live tra musica e arte illustrativa, integrando così dimensione online e offline. Chi compre le visual art potrà ricevere l’oggetto fisico.
Ne abbiamo parlato con Boosta che invita a pensare agli NFT in termini di valore restituito alla musica. «E non parlo di valore economico. Credo veramente che servano ad alimentare un circuito virtuoso in cui l’arte viene pagata, dando agli artisti la possibilità di essere liberi».
Come spiegheresti il progetto a chi non sa cos’è un NFT?
L’assunto è che la musica è arte. E arte significa scegliere le opere che risuonano di più. Gli NFT sono uno strumento nuovo che permette a chi è incuriosito da quello che faccio di prendere un pezzo della mia arte e di custodirlo. Chi compra queste opere ne diventa il gestore. Non le compri e le dimentichi, ne devi avere cura. L’idea è che piano piano si riesca a spostare la prospettiva lontano dalla musica di consumo, che esiste e ha tutto il diritto di esistere e ben venga, ma c’è anche altro. C’è anche la musica come fatto artigianale fuori dal canone pop. E c’è la musica come strumento che possiamo utilizzare per affrontare la quotidianità e la nostra crescita.
È un tentativo di ricreare il concetto di unicità di un’opera, che la riproducibilità digitale ha azzerato, e ristabilire l’idea di possesso, che le piattaforme di streaming hanno sostituito con quello di accesso. È pure un modo per ridare valore anche economico alla musica, no?
Non è un tentativo: è la mia strada. La musica ha un valore nella vita mia e delle persone. La digitalizzazione ha distrutto sia il valore economico della musica, sia quello diciamo così etico. Il codice di scrittura del pop si è semplificato molto fino a diventare quasi un bignami. Vorrei che la musica tornasse ad avere un valore in un mondo in cui se la vuoi è perché la scegli.
Parlavo di tentativo perché per ora si tratta di progetti elitari, il paradigma dell’accesso è largamente vincente.
Chi ama la fotografia compra delle stampe, non scarica jpg da 400k da mettere sul telefonino. Mi piace l’idea di uno strumento nuovo che ridia significato agli atti artistici. Com’è che ci preoccupiamo di mangiare bene e poi ascoltiamo musica di merda?
È anche un modo per ristabilire un rapporto più diretto fra chi fa musica e chi ne fruisce, rapporto che passa anche da uno scambio economico. Dare dei soldi a un artista significa riconoscere il valore di quello che fa.
E vuol dire anche alimentare un circuito di arte e bellezza. È un valore che non dobbiamo perdere. Può tornare ad essere un’economia sana, con meno intermediari. Il fatto di dare un valore premia il regalo.
In che senso?
Si liberano risorse per fare belle cose. Tu paghi la mia arte e io sono felice di regalarti alcune cose, ad esempio un concerto in streaming come quello che ho fatto una mattina prima di Natale. Questo NFT ad esempio finanzierà un corso di musica elettronica per bambini. È un circolo virtuoso.
C’è insomma la speranza che grazie agli NFT i musicisti possano avere entrate più consistenti dei 3 euro ogni 1000 canzoni ascoltate sulle piattaforme?
Sì, è un po’ come tornare all’idea di andare a comprare un disco, magari in edizione limitata. Significa rimettere le cose a posto. La digitalizzazione della musica ha regalato grandi meraviglie, ascoltare tutte le voci del mondo è un privilegio, ma non è un’economia sostenibile. E c’è un grosso problema: abbassa la qualità. Si fa musica facile per l’ansia di essere ascoltati da più persone possibile perché si spera che il numero di stream, pur non portando un guadagno diretto, faccia da volano per generare utili indiretti, come le sponsorizzazioni. È brutto. Quella della musica degli ultimi 10 anni non è un’economia sostenibile. È distrofica e distopica.
Tu sei un mezzo collezionista di strumenti musicali. Che fascino ha su uno come te una cosa impalpabile come un’opera d’arte digitale?
In realtà questa non è impalpabile. Assieme al drop ci sarà una audiocassetta fisica. Detto questo, il desiderio di ricerca non deve essere guidato dall’ansia di possesso di un oggetto.
Qual è il legame fra il quadrato magico e la musica che hai composto? Quello che ho ascoltato mi ha ricordato i minimalisti americani.
Esatto. È musica concettuale. Che non vuol dire difficile. Vuol dire che è musica frutto di un ragionamento, di un processo che diventa valore. Non è una canzone, è un viaggio. C’è un quadrato formato da 25 celle, dentro a ognuna c’è un numero diverso, la somma delle righe e delle colonne è sempre 65. Mi sono chiesto: come faccio a convertire questa cosa in musica? Ho deciso che la musica sarebbe stata a 65 bpm, che non è così lontano dal battito leggermente accelerato del cuore umano. I numeri delle celle indicano il tempo della composizione per ogni cella: 11 diventa 11/4, 7 diventa 7/4 e così via.
Quindi ci sono 25 diverse brevi composizioni, una per ogni cella del quadrato, che puoi mettere nell’ordine che vuoi?
Posso suonare le celle in orizzontale oppure in verticale oppure tutte e 25. Il gioco è stato proprio incastrare 25 cellule armoniche, ritmiche e melodiche affinché stessero bene da sole e nelle varie combinazioni. Un bel processo creativo.
E quindi chi lo comprerà che cosa sentirà e vedrà?
Sentirà la mia versione del quadrato: la sequenza di cinque celle, sia singolarmente che messe assieme, ma una versione definitiva non c’è. Il tutto è accompagnato dalla rappresentazione visiva di Danijel. È come guardare un film che cambia ogni volta significato. Ti permette di viaggiare. Scoprire un altro mondo. Aprire un portale.
Mi parli del manifesto compreso nel pacchetto?
Esprime il mio concetto di arte. Magari è altisonante chiamarlo manifesto, ma credendo in questa cosa ho voluto esprimerla in versi.
Mi sembra che una parola chiave sia urgenza, un termine che oggi viene poco usato in relazione alla musica.
Per me urgenza significa cercare di fare sempre meglio quello che faccio. Significa necessità. Verità. Se sento questo bisogno significa che ho ancora cose da raccontare, che sono ancora nel posto giusto, che non sto giocando a fare musica solo perché è il mio mestiere.
Nel manifesto scrivi di melodie di marmo, di seta, di avorio, di sangue e così via, ma «nessuna di platino».
La certificazione delle vendite lascia il tempo che trova, non certifica la qualità o il valore di quello che fai. E non da oggi.
In che modo il manifesto sarà contenuto nell’audiocassetta?
Nella cassetta c’è il manifesto suonato, che recito con voce manipolata, come se fosse “altra”. E c’è il Masterpiece (le cinque celle suonate assieme, nda).
Ma tu hai mai comprato un’opera d’arte abbinata a un NFT?
Non ancora. Mi sono appassionato e ho fatto il mio portafoglietto. Ci ho girato intorno. Ho guardato tanto, non ho ancora trovato qualcosa che volessi così tanto da comprarla. Ci vuole in rito per iniziare tutto, dev’essere qualcosa che voglio possedere.
Ci sono due obiezioni fra le tante all’uso degli NFT nella musica e nell’arte. La prima è che si tratta di una bolla speculativa i cui valori economici sono gonfiati.
E quindi? Fa parte dei meccanismi del mercato, ma non è l’aspetto fondamentale. Forse si sgonfierà, forse crescerà. So che adesso è uno strumento interessante per mettersi alla prova e cercare una strada per la valorizzazione della musica. Sarà lo strumento definitivo? Chi lo sa. Dieci anni fa l’mp3 era considerato lo strumento definitivo e ora non downloada più nessuno.
La seconda obiezione ha a che fare con l’impatto ambientale. Facendo lavorare tanti computer in rete, ogni transazione implica una produzione di milioni di tonnellate di Co2.
Non voglio sembrare qualunquista, ma prima che la Co2 prodotta dagli NFT parifichi quella dell’alimentazione delle vacche degli allevamenti ce ne vuole. È un periodo in cui siamo ipercritici all’acqua di rose, ipercritici da 140 caratteri, con tutto. Ci sono problemi? Sì. Per colpa degli NFT il mondo finirà? Non credo.
So che stai per aprire una piccola galleria d’arte a Torino.
È davanti alla sinagoga, un posto meraviglioso. Ci espongo quello che faccio, con grande libertà. Ho realizzato un catalogo delle idee abbastanza complesso che ho intenzione di mettere in pratica piano piano. Sono tutte legate alla musica come strumento virtuoso e agli strumenti o oggetti della musica, che si tratti di una fotografia o di un vinile. Lo aprirò al solstizio d’estate, mi piace l’idea che inizi una stagione nuova. Ci saranno due delle 16 idee del mio catalogo. Sono pezzi unici.
Ad esempio?
Un registratore Geloso con dentro un disco registrato in mono su una sola bobina che verrà suonato solo su quel registratore. L’opera è quella, non ce ne sono altre. L’idea che le persone vengano e scelgano fra le mie opere quella che gli risuona di più è una gratificazione paragonabile a quella di stare sul palco davanti a migliaia di persone.