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Bugo: «Non chiamatemi artista di nicchia. Sanremo? La mia rivincita»

Dall'amicizia con Morgan a 'Sincero', un brano che racconta lo scontro tra sogni e realtà, il cantautore spiega che cosa significa salire finalmente sul palco dell'Ariston. «Voglio arrivare alla massa»

Foto: Paolo De Francesco

Da una parte Morgan, uno degli artisti più poliedrici e conosciuti del panorama mediatico e musicale di oggi. Dall’altra Cristian Bugatti, molto meglio conosciuto come Bugo, cantautore originale, considerato dai più un padre dell’indie quando ancora l’indie non andava di moda e nemmeno si chiamava indie. I due si presentano in coppia alla 70esima edizione del Festival di Sanremo destando, per forza, una certa curiosità. E non poca aspettativa.

Tra pochi giorni salirai sul palco dell’Ariston insieme a Morgan con un brano che si intitola Sincero. Ce lo presenti?
La canzone parla del quotidiano, di quello che ci capita: lo scontro fra sogno e realtà. Abbiamo progetti, passiamo l’esistenza a rincorrerli, ma alcuni si realizzano e altri no: è la vita. La definirei una canzone molto umana e semplice, parla davvero di tutti e a tutti.

Morgan ha detto di aver scelto te per andare al Festival perché sei il “vero cantautore moderno”. E tu perché hai scelto lui?
Perché siamo amici, innanzitutto. Vedo troppi duetti costruiti ad hoc, poco sinceri. Mi fanno incazzare.

Un esempio?
Patty Pravo e Briga, per dire.

E perché ti fanno incazzare?
Credo che ciò che facciamo debba essere vero. Per me è fondamentale.

Tu e Morgan e Morgan siete veri, dunque?
Assolutamente. E poi nutro una stima immensa per lui, è sempre stato un punto di riferimento. Gli rompono sempre tutti il cazzo per il suo privato, quando bisognerebbe parlare della sua musica.

Il brano era stato pensato per Sanremo o è stata una sorpresa?
La nostra canzone è una delle prime a essere stata presentata, sapevamo sarebbe stata adatta al Festival. Amadeus è rimasto subito colpito.

Quante possibilità avete di arrivare sul podio, secondo te?
I bookmaker ci danno per ultimi. Ma per me è una bomba. E poi, io non vado a Sanremo per giocare, lo ammetto. Quando faccio una cosa voglio arrivare e se sono 20 anni che rompo i coglioni alla musica italiana ci sarà un motivo.

Foto: Paolo De Francesco

Cosa rappresenta il Festival per te?
È come se avessi navigato intorno al castello della musica italiana, desiderando sempre di entrarci dentro. Con C’è crisi un po’ ce l’avevo fatta. Ora, tornare a Sanremo per me è un po’ dire: ok, ci sono ancora dentro. Me la sono conquistata questa opportunità, l’ho sudata. Io da sempre voglio arrivare alla massa, non sono snob come quelli che dicono che non vogliono andarci al Festival, io voglio eccome.

E cosa ti aspetti da questa partecipazione?
Visibilità, ovviamente. Voglio farmi conoscere, Sanremo è la mia conquista, un modo per allargare il mio pubblico: io non voglio essere un artista di nicchia, anche se dicono questo di me.

E dopo Sanremo, quali sono i programmi per il 2020?
Il 7 febbraio uscirà il mio disco: Cristian Bugatti. Il titolo è il mio nome semplicemente, perché voglio dire chi sono.

In effetti, qualcuno si è domandato chi fossi…
Certo. Chi cazzo è questo che canta sul palco con Morgan che invece è così conosciuto? Eccomi, sono io. Quello che cerca sempre di fare un passo avanti. E non importa se non sono stato capito in passato. Anche quando va male, la rivincita bisogna covarla. Ci ho impiegato 10 anni, ma ho resistito ed eccomi qua.

Un’ultima domanda. La tua canzone più conosciuta si intitola C’è crisi. Era il 2008, eppure sembra che la crisi non sia mica passata…
Certo. Perché è connaturata nell’essere umano. L’uomo è una razza in crisi perenne che non è mai riuscita ad evolvere veramente, siamo una razza stupida di persone che si ammazzano fra di loro.

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