Uno dei lavori più oscuri all’interno di un festival è quello del booking. Chi lavora dietro alle quinte per costruire i cartelloni di un festival? Come avvengono le trattative? E quanto prima bisogna accordarsi con gli artisti? (spoiler: molto, più di quanto immaginate).
Da giovedì inizierà la XXII edizione di C2C Festival, quello che oramai è diventato il festival indoor più importante del nostro Paese. Dal 31 ottobre al 3 novembre Torino si animerà per quattro giorni di concerti, performance, dj set, talk e installazioni tra le location di Lingotto Fiere, OGR Torino, Teatro Regio e Combo mettendo in gioco 43 artisti per 18 nazionalità e 32 differenti show (qui tutte le info). In cartellone artisti come Arca, Bicep, i Darkside di Nicolas Jaar, Shabaka, Romy, A. G. Cook, Sega Bodega e molti altri. Ma come si costruisce la line-up del C2C?
Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Guido Savini, che tra i vari compiti all’interno del festival torinese si occupa della direzione artistica, per farci raccontare il dietro alle quinte del lavoro che ha reso C2C la realtà internazionale di cui parliamo oggi.
Ciao Guido, raccontaci il tuo ruolo all’interno di C2C Festival.
Mi occupo della direzione artistica, ma anche di business development. Il mio ruolo ha un coinvolgimento abbastanza trasversale, dall’ideazione dei progetti, alla selezione degli artisti, passando per la supervisione degli aspetti di comunicazione, alle relazioni con gli stakeholder. Ho iniziato a ricoprire questo ruolo nel 2014, prima mi occupavo di organizzazione di eventi musicali in scala incredibilmente inferiore che tuttavia sono stati fondamentali nella mia esperienza professionale e mi hanno consentito di fare tanta gavetta.
Oltre a te, quante persone siete a lavorare alla parte booking?
Il team che gestisce il booking è composto da me, Sergio Ricciardone e Davide Olivero.
Sergio Ricciardone (con cui in passato abbiamo avuto una lunga chiacchiera sui primi vent’anni di C2C) ripete spesso che nonostante siate un festival che accade nel primo weekend di novembre, per i booking siete «l’ultimo festival dell’estate». Cosa significa questo a livello fattuale?
Sto guardando il meteo e sembra che quest’anno dovrebbe esserci il sole. [ride] Essere «l’ultimo festival dell’estate» significa essere destagionalizzati. Questo ci consente di ricoprire un ruolo molto peculiare, se da un lato ospitiamo la data di chiusura di alcuni tour, dall’altro C2C Festival si trasforma in un’esclusiva preview di progetti che gli artisti presenteranno solo nell’anno successivo.
Come funziona il processo booking di un festival come il vostro? Quanto in anticipo bisogna lavorare per costruire un cartellone?
Il processo di booking di una singola edizione del Festival è abbastanza complesso e dura tra i 12 e i 18 mesi. Spesso la conversazione sul singolo artista inizia in anticipo e può durare anche svariati anni, prima che si formalizzi un accordo. A volte non accade mai, ma fa tutto parte del gioco. Ma a prescindere dalla conferma e dall’annuncio, la trattativa prosegue fino a quando lo show non è terminato: ci sono sempre tutta una serie di piccoli dettagli che restano inevitabilmente in sospeso.
Come scegliete gli artisti per costruire il vostro cartellone?
Rispetto a dieci anni fa il nostro approccio è cambiato, all’inizio eravamo quasi costretti ad escludere alcuni artisti per via del numero limitato di slot a disposizione. Oggi è più complesso perché si ha come la sensazione che ci siano sempre meno act sul mercato. Il pubblico è costantemente bombardato da mille informazioni e diventa più difficile scovare la novità. Se ci pensi, ogni giorno vengono pubblicate circa 49.000 nuove tracce su Spotify. Siamo iper-esposti ad una quantità enorme di contenuti.
La vostra storia è legata al clubbing, ma negli ultimi anni c’è stato un importante switch verso la musica live. Come bilanciate le due realtà? È una proporzione che prendete in considerazione?
Nella sua primissima fase il festival aveva una natura molto più clubbing, da cui poi si è progressivamente emancipato. Credo che per questa ragione abbiamo mixed feelings sui dj set; avrai notato che ce ne sono sempre meno nel programma e i pochi che vedi sono lì solo perché particolarmente straordinari e, quindi, per noi imprescindibili.
Mantenendo lo stesso approccio, il nostro palco Stone Island che potremmo definire più “dance” è stato progettato con un design e una struttura pensati per nascondere i dj dalla visuale del pubblico. È una scelta radicale, ma siamo convinti che abbia poco senso fissare un dj mentre suona. All’inizio eravamo preoccupati su quale potesse essere la reazione degli artisti, ma l’“essere nascosti” è stato ampiamente apprezzato da tutti: probabilmente in questo modo possono concentrarsi completamente su ciò che stanno suonando, senza preoccuparsi di come appaiono agli occhi del pubblico.
Siete più voi a contattare artisti o più booker a contattarvi per proporvi artisti?
Dipende, varia molto in base al caso e di conseguenza non è facile rispondere in modo assoluto a questa domanda. Come ti ho raccontato prima, ci sono dialoghi e conversazioni su diversi artisti che si sviluppano in parallelo e che possono durare anni.
Quanto contano i rapporti umani nel mondo del booking di un festival come il vostro?
Per natura, faccio fatica ad andare in vacanza, fare amicizia o anche solo passare una serata con persone che hanno gusti musicali diversi dai miei… o ancora peggio, con chi sembra che non ne abbia. È naturale, quindi, che nel tempo si siano creati legami con artisti e addetti ai lavori con cui condivido una forte affinità. Molti di loro considerano C2C il festival ideale.
Capita di chiudere progetti perché qualche promoter, amico, artista ve li consiglia?
Forse accadeva nei primi anni del Festival, ma oggi è praticamente impossibile. C2C ha limitati slot disponibili e riponiamo un’attenzione quasi maniacale nella scelta di ogni singolo slot. Le volte (fortunatamente rare) in cui abbiamo cannato clamorosamente uno show, le abbiamo vissute molto male, direi al limite dello psicodramma. Anche solo un singolo show che non funziona rappresenta una sconfitta pesante, per questo motivo non possiamo proprio permetterci le scatole chiuse.
Parlavi di 12-18 mesi di anticipo per alcune trattative. Immagino quindi che capiti di chiudere trattative con artisti “a scatola chusa”.
Esiste sicuramente una componente di gambling, tuttavia ci sono degli escamotage per perlomeno provare a prevedere il futuro.
C2C ha una sorta di suo roster di suoi artisti, inteso come artisti che ciclicamente tornano al festival o a eventi da voi prodotti o curati. Penso a Arca, Kode9, Bill Kouligas. Come si creano questi rapporti duraturi?
C’è stima reciproca e grande affinità che, con alcuni artisti, negli anni ha portato l’iniziale collaborazione professionale a trasformarsi in legami duraturi. Per molti artisti il C2C rappresenta il festival ideale; inoltre, farli suonare ciclicamente crea una sorta di testimonianza dell’evoluzione della loro carriera.
Voi spesso collaborate con brand (e anche in questa edizione avete eventi in partnership con Adidas Originals, Bulldog Gin o il palco Stone Island che citavi). Come ci si relazione con un brand non-musicale per la costruzione di una line-up?
I brand che collaborano con C2C Festival non lo fanno mai per un singolo artista ma scelgono di sposare il progetto Festival. Per noi le relazioni con i brand sono fondamentali ma le avviamo solo quando dall’altra parte comprendono davvero la nostra filosofia e il nostro immaginario. Questo ci permette di costruire insieme progetti autentici e organici, senza forzature e soprattutto senza snaturare (e svalutare) mai la visione del festival.
L’artista che siete più orgogliosi di aver portato a C2C? E qualcuno che magari non siete riusciti a fare o che sognate di fare?
Un giorno, spero non lontano, faremo un’edizione senza annunciare la line-up.