La Scarpa d’oro di Capo Plaza è una sneaker da 1200 euro che non finirà mai su Instagram. La conserva per sé, magari nella stessa stanza dove già a 13 anni scriveva le prime rime. Era il 2011, e sembra davvero un’epoca fa: Capo Plaza non ha nemmeno vent’anni, ma parla come un veterano. Nel 2013 esce la sua prima traccia su YouTube. Nel 2014 il featuring con Sfera, conquistato dopo un’odissea da pendolare, Salerno–Milano e Milano–Salerno all’infinito. Nei mesi buoni in treno, negli altri in pullman. Nel 2016 Nisida fa 2 milioni di visualizzazioni. A dicembre entra in Sto Records, poi ritorna pendolare. Questa volta, però, per un tour infinito. Nel frattempo Giovane Fuoriclasse diventa disco d’oro, e in quella stanzetta delle popolari di Salerno cominciano a prendere forma le rime di 20, il primo album. «Frate, vai da una parte ma non ti scordi da dove vieni», spiega. «Le scarpe sono i miei trofei, capisci? La collana da 2mila euro è il simbolo di quello che ho raggiunto. Non ho bisogno di ostentare la mia ricchezza, conosco gente che con quei soldi mangia due mesi. Non mi dimentico di quando camminavo con due euro in tasca».
Sta per uscire il tuo primo album…
Sono carico, ma non mi aspetto un cazzo. Non voglio essere il primo in classifica, voglio solo che il disco piaccia alla gente, che mi capiscano. Questo è l’obiettivo. Nel frattempo la mia vita è cambiata, direi in positivo. Prima facevo tutto d’istinto, ora ho capito cosa voglio e che ce la posso fare davvero. Viene fuori anche nel disco: ci sono brani più miei, non solo trappate. Capo Plaza è tante cose diverse.
Hai cambiato anche il modo di scrivere?
Sì. Faccio sempre tutto da solo, nella stanza dove ho scritto i primi brani. Se sono a Milano e mi viene voglia di scrivere torno indietro.
Sei diventato più riflessivo.
Sì, ascoltati Forte e chiaro. Vado molto orgoglioso di quel pezzo, perché ci ho messo dentro tutte le mie esperienze. Anche Tesla è importante, ci sono le persone che supporto di più della scena.
Non mi sembra una macchina molto trap.
Eh, ti devi aggiornare bro’! Vai in America e chiedi chi si compra la Tesla. Lì è molto trap, fidati. Quando ce l’avremo noi se la faranno tutti. Basta con ’ste macchine a benzina (ride).
E chiuderai anche con la vita da pendolare
Sto pensando di trasferirmi a Milano, vado avanti così da anni. All’inizio sono partito da Salerno solo per fare un pezzo con Sfera. Ci siamo conosciuti via mail e dopo una settimana abbiamo girato il video. Non c’erano obiettivi, abbiamo fatto quel pezzo perché ci rispettavamo, ed è così ancora adesso.
Se guardi indietro a quei momenti, cosa pensi?
Che ne è valsa la pena, fra’! Stiamo qua, sto facendo pure l’intervista con Rolling Stone. Prima era diverso, ero decisamente in bilico.
Poi cosa è successo?
Mi sono trovato davanti al giudice. Mia madre piangeva, accanto a lei c’era un carabiniere. Era un interrogatorio per una stronzata, davvero per una stronzata. Lì ho capito che fare cazzate e risse in giro non era più una buona idea. Ho passato quattro mesi difficili, ero offuscato. Quando sei in un determinato ambiente alcune cose succedono. E ti prendi le conseguenze.
Anche nel disco di Sfera e in quello di Ghali si parla spesso di madri…
E mi vuoi chiedere perché? Tua madre per te cos’è? È la donna della tua vita, te lo dico io. Anche se all’inizio ti dice di lasciar perdere la musica e andare a lavorare, in realtà lei ci crede più di te. Anche quando sbagli. Vederla piangere prima, in tribunale, e dopo, per il successo… Se ci pensi, il mio percorso è tutto lì.
In un brano dici “se non hai un cazzo impari, e pensi”. Si può fare rap senza un passato difficile?
Il rap ha senso per tutti. Ci sarà sempre una frase, quella rima che ti fa vivere qualcosa. Non importa se vieni dal peggio quartiere popolare o abiti in centro. Quella frase può avere senso per un borghese pieno di soldi ma senza un cazzo di sentimenti, oppure per chi sta nel quartiere senza soldi e vede gli altri che se la spassano. Certo, se stai col culo in una popolare ti brucia di più: io lo so bene com’è, vengo da lì.
Cosa vorresti venisse fuori, di quel mondo?
Il talento. Ci sono ragazzini rinchiusi in quattro mura per qualche precedente.
Magari qualcuno di loro ti manda i pezzi, come facevi tu con Sfera.
Sì, a manetta! È una figata, ma sono talmente tanti che a volte non li apro nemmeno. Mi arriveranno qualcosa come 40 canzoni al giorno, ne ascolto un paio e poi devo fermarmi. Ma fa solo piacere, fra’. Capisco i miei fan, so com’è non avere niente. Certo, poi c’è chi si scomoda solo per scriverti una cazzata. A loro faccio brutto (ride). Ma la sto gestendo bene, non ci sono solo 13enni come pensano tutti.
Ti dà fastidio questo pregiudizio sulla trap?
La gente lo capirà tardi. Quando la trap sarà esplosa completamente diranno che è una figata. Questa è la musica dei nostri figli, nipoti, cugini o chi vuoi tu. Non me ne frega un cazzo se vogliono sminuirci, io ascolto e scrivo questa roba da quando ho 13 anni. C’è un movimento assurdo in Italia intorno a questa musica, è diventato uno stile di vita e anche i 27enni se la ascoltano. Sono bambini anche loro?
Io ho 27 anni e sono qui a parlare con te, dimmelo tu.
È come la techno, tutti parlavano di musica dei drogati. È la stessa e identica cosa. Ma non è importante, io sono sempre stato fissato con il rap cafone. Se non fosse popolare lo suonerei comunque.
Che avresti fatto senza musica?
Penso il muratore fra’! L’elettricista, il pompiere, il benzinaio, il pizzaiolo, fai tu. Oppure una brutta fine.