«Ho ascoltato il tuo album…». «E hai pensato: “Oh, this shit sucks!”». Charlie Puth dimostra in una battuta di aver imparato come si sta in questo mondo. Il suo debutto, Nine Track Mind, avrebbe tutte le carte in regola per non piacermi, ma è esattamente quello che ti aspetti da lui. Una manciata di canzoni pop che parlano di vita reale, trainate dal singolo Marvin Gaye, che ha portato un sacco di ragazzini a scoprire l’autore di Sexual Healing.
«I più giovani spesso non hanno idea di chi sia. Poi io lo utilizzo come se fosse un verbo, quindi di certo non li aiuto. Sono contento, però, se alla fine la gente scopre qualcosa di nuovo». In tutto l’album si avverte molto il piano («l’unico strumento che so suonare», ammette) e le ispirazioni R&B. «Mi è sempre piaciuto Songs in a minor di Alicia Keys, dove tutto nasce dal pianoforte. Ho voluto fare lo stesso, penso che sia perfetto per il percorso che ho seguito». E pensare che Puth, che ha anche collaborato a uno dei pezzi più importanti del 2015, See You Again di Wiz Khalifa, all’inizio non voleva neanche comporre.
Ma sulla sua strada ha incontrato Ellen DeGeneres che, affascinata dai suoi video su YouTube, lo ha spronato a fare di più. «È stata una grande spinta. Quando è successo, nel 2011, non ero molto bravo a scrivere, tutto quello che mi interessava era allargare la mia fan base facendo cover. È stata Ellen a capire che la mia abilità negli arrangiamenti poteva portare a qualcosa di più di un canale video».