Collegato su FaceTime, Shooter Jennings gira il telefono per mostrarmi con un certo orgoglio un dipinto appeso a una parete della sua casa sulle colline di Hollywood. È stata la moglie del musicista Misty a commissionarlo a Marilyn Manson. Ritrae Liam Gallagher e Jon Bon Jovi mano nella mano. Gallagher e Bon Jovi non sono amici, Jennings e Manson sì. Nell’ultimo anno e mezzo hanno lavorato assieme al nuovo album del “reverendo”. È solo l’ultima di una lunga lista di lavori di Jennings, che sta vivendo una seconda giovinezza nel ruolo di produttore. «Non somiglia a nulla che io e lui abbiamo fatto», dice del disco, accendendosi una sigaretta. «È come se avessimo fondato una nuova band e fossimo partiti da zero».
Jennings ha 41 anni e si è trasformato da outsider del country-rock in produttore richiestissimo dai rocker. Negli ultimi due anni ha registrato con la star dell’Americana Brandi Carlile, la leggenda country Tanya Tucker, Duff McKagan dei Guns N’ Roses, la rock band degli American Aquarium, il cantautore psych-folk White Buffalo, la cantante country californiana Jaime Wyatt. «Non mi piace quando i dischi di un produttore suonano tutti alla stessa maniera. Il lavoro che faccio io è un altro: entro nel mondo dell’artista e ci cavo fuori il sound più interessante possibile».
«Alcuni produttori hanno un loro metodo e sono le band che ci si devono adattare. Shooter no, lui ha saputo valorizzare i nostri punti di forza», spiega BJ Baham degli American Aquarium che ha lavorato con Jennings per l’album Lamentations. «Ha una cultura musicale sconfinata e capisce ciò di cui una canzone ha bisogno. Non ha un piano. E niente ego. Sa qual è lo scopo finale: fare il disco migliore possibile. Ecco il suo punto di forza».
Figlio di un pioniere del cosiddetto country fuorileggere, Shooter Jennings è cresciuto in sala d’incisione. Ma se il padre Waylon amava fare musica con Telecaster e steel guitar, lui è ossessionato dal suono di Nine Inch Nails e Rage Against the Machine. «Tom Morello è stato una guida per me. Mi ha insegnato che le cose più importanti sono l’arrangiamento e la struttura, capire che cosa succede se sposti un ritornello, cose così».
A partire da Put the “O” Back in Country, Jennings ha pubblicato a proprio nome una serie di dischi country, alcuni dei quali prodotti dall’amico Dave Cobb, ma alla fine ha sentito il bisogno di fare qualcosa di diverso. Ha cominciato producendo un gruppo country eterodosso come gli Hellbound Glory e curando i propri dischi più sperimentali tra cui Black Ribbons del 2010, in cui descriveva con una certa preveggenza una presidenza americana autoritaria, e Countach (For Giorgio) del 2016, un tributo a Giorgio Moroder.
È stato grazie a quest’ultimo progetto che ha conosciuto Brandi Carlile. Nel 2012 era a Austin, nel backstage di un tributo a Johnny Cash, quando ha notato che i tatuaggi di Carlile raffiguravano immagini dal film del 1984 La storia infinita, che aveva la colonna sonora di Moroder. E perciò, quando ha messo assieme Countach, l’ha chiamata a cantare il tema principale. È nata una partnership piuttosto originale. «Ci piace dire che nasce tutto dalla Storia infinita», dice Jennings.
Quando Carlile si è trovata a registrare quello che sarebbe stato l’album del boom, By the Way, I Forgive You, ha chiesto a Jennings e Cobb di co-produrlo. Il disco ha vinto un Grammy per la produzione. Jennings se n’è portato a casa un secondo, in coppia con Carlile, per While I’m Livin’ di Tanya Tucker.
«Quando ascolto un pezzo non posso non pensare: mmm, questa parte mi ricorda David Bowie, quest’altra Paul Simon, proviamo perciò a fare questa cosa», dice Jennings per spiegare il suo approccio. «Ho ascoltato un sacco di musica e quando sento una canzone riesco a inquadrarla e capire dove portarla».
Jennings non può dire granché circa il prossimo album di Manson, ma fa capire che lo considerano un nuovo inizio. I due hanno cominciato a lavorare a Halloween del 2018, spesso restando in studio da mezzanotte fino alle prime ore del mattino.
«Ci unisce la passione per Diamond Dogs, ma non vogliamo fare un disco alla Bowie, non ci interessa la nostalgia. Ho chiesto a Manson che tipo di canzoni avremmo fatto. E lui: ce le inventeremo. Lo abbiamo registrato in sette Paesi diversi, in vari lassi di tempo. Non ho mai suonato così tanti strumenti in vita mia come in questo disco. È come se fossimo amici da sempre, da quand’eravamo ragazzini. È come se ci fossimo preparati una vita intera per fare questo disco. Siamo orgogliosi ed eccitati per il lavoro fatto».
Jennings sa già che cosa farà nel resto dell’anno. Ha appena finito di lavorare a un nuovo LP del rapper country Yelawolf e sta remixando canzoni per Margo Price («È un disco di remix vecchia scuola, tipo quelli dei Nine Inch Nails»). Ha in programma di produrre un nuovo disco di Billy Ray Cyrus e vuole che suoni come Harry Nilsson. «Non sarà una produzione country: conta la voce, non il genere».
Quando gli chiedo qual è la produzione dei suoi sogni, si gira verso il quadro che ritrae Liam Gallagher. «Quanto vorrei fare il disco del ritorno sulle scene degli Oasis». Poi fa un tiro di sigaretta: «Non so cosa sia successo, ma ecco che improvvisamente c’è tutto questo lavoro. Io ci do dentro, e insomma faccio del mio meglio».