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Cigarettes After Sex, il piacere della malinconia

Minimalisti nei suoni, massimalisti nei sentimenti espressi nelle canzoni. Greg Gonzalez ci racconta il nuovo album ‘X’s’ a Los Angeles, là dove è stato inciso e dove ha vissuto con la ex a cui l’ha dedicato. «Sento di vivere con passione quando mi abbandono alla tristezza»

Foto: Ebru Yildiz

Il mondo ha un disperato, spropositato bisogno di romanticismo; vuole sentire il cuore contorcersi e capitombolare su se stesso, che sia per gioia o dolore poco conta, basta cavalcare l’emozione. Se così non fosse, il successo dei Cigarettes After Sex non si spiegherebbe. Parliamo di una band con quasi 24 milioni di ascoltatori mensili solo su Spotify che a suon di melodie downbeat e testi lascivi in cui lussuria e sentimentalismo diventano una cosa sola fa tutto esaurito in arene giganti come il Madison Square Garden di New York o il Forum di Assago (la data è il 1 novembre). I Cigarettes After Sex, mai nome fu più azzeccato, sono la creazione di Greg Gonzalez, autore e interprete di ogni brano: «Sono pezzi così personali che è meglio li componga da solo», mi spiega l’americano.

Ci dà appuntamento al Sunset Tower hotel, nello storico Strip di West Hollywood, per parlare del nuovo album X’s, loro terzo. Sono le 2 di pomeriggio, che per Gonzalez, reduce da un weekend di musica e amici nel Tennessee per il Bonnaroo Festival, significa primo mattino. Giacca di pelle, interamente vestito di nero, Gonzalez è monocromatico come l’artwork che lui stesso sceglie per ciascuna delle uscite del gruppo. Se parla, la sua voce non ha nulla di femminile a differenza di quando canta, così androgino che alla radio è comunemente scambiato per una donna. «Sono influenzato da artiste di sesso femminile e mi piace cantare come se stessi sussurrando: è il modo in cui creo intimità con l’ascoltatore, come fossi un amante a letto che ti parla bisbigliando mentre ci si accarezza». È così che i Cigarettes After Sex si agganciano alle budella dei fan: sussurrando frasi semplici in cui raccontano in dettaglio di amorevoli scopate.

Gonzalez ha formato la band nel lontano 2008, ma i Cigarettes sono esplosi solo nel 2012 con la canzone Nothing’s Gonna Hurt You Baby tratta dal primo EP, emergendo dalla pletora di musica su YouTube. Gonzalez, ci racconta, stentava a crederci mentre osservava dal proprio cellulare la conta degli ascoltatori salire a oltre 100 mila. Con l’omonimo album del 2017 hanno consolidato il successo ma è stato TikTok solo due anni fa a portarli a un altro livello di popolarità: chi bazzica la piattaforma social, infatti, li trova come sensuale colonna sonora in miliardi di video, letteralmente. Il nuovo lavoro s’intitola X’s come la ex fidanzata di Gonzalez, musa del disco. «È sempre stato difficile per me esprimere i sentimenti, mi sento represso finché non metto quei bei ricordi e il mio cuore spezzato in musica, finché non scrivo testi, melodia, li canto e pubblico tutto. È il mio modo di metabolizzare le emozioni e andare avanti. È sempre stato così, anche quando non ascoltava nessuno».

Quando nascono le canzoni di X’s?
Le ho scritte nel 2020, quando mi sono trasferito a Los Angeles. Il primo album l’abbiamo fatto a New York, per il secondo siamo andati a Maiorca e questo è il nostro album di Los Angeles, creato proprio nella casa dove ho vissuto con la mia ex e registrato in una piccola stanza. Il posto è servito a creare la giusta atmosfera di intimità e ha funzionato alla grande perché le parole delle canzoni si riferiscono alla storia vissuta fra quelle quattro mura.

Quanto i Cigarettes After Sex sono una band e quanto un tuo progetto personale?
Io sono il pilota, decido un po’ tutto, incluse le immagini dell’artwork che ritengo molto personali. Ma ciò di cui ho bisogno, è un gruppo che non cambi e che suoni in maniera molto semplice, come se non suonassero nulla. Jacob Tomsky alla batteria e Randall Miller al basso sono dei minimalisti, capiscono che non deve esserci nessun suono troppo ingombrante perché la musica sia potente.

Foto: Ebru Yildiz

Ti piace scrivere delle tue relazioni amorose: per arrivare all’universale bisogna passare per il personale?
Questo è un punto molto interessante perché spesso quando scrivo mi domando: è giusto condividere cose così intime o dovrei tenerle per me? Ti senti esposto, riveli ogni dettaglio al mondo e può essere imbarazzante, ti senti a disagio, magari pensi che agli altri non interessi. Prendi il pezzo K (uno dei loro più famosi, tratto dal primo album, nda). Pensavo di avere rivelato fin troppo della mia relazione con la fidanzata del tempo, poi incontrando i fan mi sono reso conto che ricordava loro per filo e per segno la loro storia. È buffo, ma alla fine viviamo tutti storie simili, siamo tutti più uniti di quanto non pensiamo, cosa parecchio bella per come la vedo io.

È una necessità quella di spingersi verso territori scomodi?
Credo che nella musica sia importante farlo. Devono esserci elementi di crudezza e di pericolo. Ti senti a disagio, ma alla fine ti rende più potente, è un atto di coraggio: affronti le paure a testa alta.

Uno dei nuovi brani s’intitola Dreams From Bunker Hill, come il libro di John Fante: credo lui sia l’autore losangelino per eccellenza…
Quando mi sono trasferito a Bunker Hill in realtà non conoscevo ancora John Fante, poi mi sono imbattuto in Chiedi alla polvere e Sogni di Bunker Hill. Ho messo quel titolo senza pensarci troppo, ma col senno di poi ho realizzato quanto fosse perfetto e quanto quella canzone mi rendesse triste… perché a Bunker Hill ho vissuto una relazione molto intensa. Era l’anno del Covid, nel mondo stava succedendo di tutto e mi lanciavo nella mia prima convivenza in un appartamento minuscolo. Mi sentivo molto emotivo, e mi ci sento ancora se ripenso a quel titolo.

Parlando di cuori spezzati: i vostri pezzi conferiscono un certo conforto nel sentirsi tristi, una certa gioia nella sofferenza per amore…
Cosa c’è di peggio di non provare emozioni? Quando mi abbandono a sentimenti tristi come la malinconia, sento di vivere con passione. Anche se credetemi: ci sono state delle volte in cui mi si è davvero spezzato il cuore e non è stato facile. Come diceva la canzone di Bob Dylan? “Un dolore che finisce e ricomincia come un cavatappi al cuore da quando non ci vediamo”.

Una cosa che apprezzo dei Cigarettes After Sex è il modo in cui usate gli spazi vuoti, il silenzio nei vostri brani. Mi chiedo se abbia a che fare con l’essere originario di El Paso, nel deserto?
In parte, sicuramente. Il deserto è potente e ci sono cresciuto. Mi ricorda di quando da bambino salivo in auto con i miei genitori per fare qualche gita: ascoltavo a ripetizione sul lettore CD portatile canzoni come The Crystal Ship dei Doors mentre vagabondavo nel deserto. Ricordo bene questa sensazione schiacciante di sentirsi perso in paesaggi misteriosi.

Suonate in arene davanti a 20 mila persone: come riesci a creare l’intimità di cui le tue canzoni hanno bisogno?
È strano perché sono cresciuto ascoltando gruppi come Queen e Metallica che suonavano in stadi enormi e pensavo: voglio farlo anch’io. Pensavo: anch’io vorrei che la mia musica fosse così potente da essere suonata in uno stadio. È un desiderio che si è realizzato. Cercavo di emulare band come i Metallica, ho amato molto il loro Black Album, anche se ovviamente il nostro suono è molto diverso ma la musica deve essere in grado di fare ogni cosa, di creare intimità ed essere popolare anche quando è lenta. In fin dei conti si tratta comunque di canzoni pop che si possono cantare e strimpellare con una chitarra.

Di certo hai un forte senso di melodia. Quali sono le altre influenze?
Penso a Fade Into You dei Mazzy Star, Simple Twist of Fate di Bob Dylan, Harvest Moon di Neil Young, ma anche Chopin, Erik Satie, Françoise Hardy, i Bauhaus, la new wave francese, i film di Fellini, le musiche di Ennio Morricone… mescola tutto insieme e otterrai qualcosa di speciale.

In che modo, per così dire, la musica ti viene incontro?
È un processo spontaneo, a volte le canzoni mi appaiono in sogno e mezzo addormentato canto direttamente sul telefono per non scordarmele. Ma altre volte si tratta di routine. È da un po’ di tempo che non compongo perché quest’ultimo album è stato piuttosto impegnativo da scrivere, ora però sento di essere di nuovo pronto. Magari ricomincio a dedicando alla scrittura qualche ora al giorno, cercando di esprimere emozioni e ricordi, ma alla fine è sempre un processo piuttosto casuale. Prendi un pezzo come Sweet: meno male che l’ho scritto immediatamente fissando le emozioni del momento perché se avessi aspettato un giorno di più, non sarebbe esistita, perché i sentimenti per la donna a cui è dedicata sono drasticamente cambiati in 24 ore.

David Lynch si sarebbe dispiaciuto perché ha dichiarato che quello è il suo pezzo preferito…
Era anche il pezzo preferito di Françoise Hardy e di mio padre.

A proposito di Françoise Hardy, una grandissima artista che abbiamo appena perso: anni fa lei vi ha definito «la band che ho cercato per tutta la vita»…
È stato pazzesco. Ho scoperto la sua musica molto tempo fa quando ero ancora a El Paso. Avevo il suo album La question e c’era un brano che adoravo, Doigts, pensavo fosse il più bel pezzo mai ascoltato e volevo che la mia voce riuscisse a creare un effetto del genere. Poi, nel 2017 riceviamo una e-mail: Françoise Hardy vuole incontrarci. Siamo andati a cena insieme a Parigi ed è stato fantastico, e prima di salutarci, mi ha dato un CD con le sue canzoni preferite: tra queste c’era Doigts. Cosmico! Ho sentito i pianeti allinearsi.

Siete rimasti in contatto?
Sì, sempre, ci raccontavamo storie divertenti e l’abbiamo incontrata un’altra volta ancora. Ma la sua salute era precaria e lo è stata per parecchio tempo. Quando è scomparsa non è stato uno shock, sapevamo che era stanca di vivere, era pronta a proseguire il suo viaggio.

Lei era una grande romantica, come voi dopotutto. È ancora possibile essere romantici oggi, nell’era digitale? Con le app per incontri e gente che pensa di conquistarti spedendoti foto di piselli, mammelle e quant’altro?
Ah! Direi di sì, a ciascuno il suo. Molte delle fidanzate che ho avuto, per un motivo o l’altro, le ho incontrate proprio online. La ragazza a cui ho dedicato X’s, l’ho conosciuta online, mi aveva scritto dicendo di non conoscere la mia band ma di essere attratta dalle nostre immagini in bianco e nero. Eppure è stato tutto così romantico, come in un film. Le nostre conversazioni sembravano lo script di un film. Ma è stata una fiamma che è bruciata velocemente perché troppo impetuosa.

Non vi ho ancora visti dal vivo, ma un mio amico sostiene che durante i vostri concerti gran parte del pubblico si salta addosso e si bacia appassionatamente…
Sembrerebbe di sì. Ed è fantastico, è esattamente ciò che dovrebbero fare. Non vorrei sembrare troppo esplicito, ma ci sono stati show in cui gli addetti ai lavori che hanno pulito la sala, hanno trovato diversi preservativi usati sul pavimento. È successo parecchie volte a dire il vero. I nostri fan usano precauzioni per fare sesso sicuro: che bravi.

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