Colapesce mi raggiunge nelle segrete del Teatro Parenti di Milano. Ci sediamo uno di fronte all’altro, su due divani rossi. «Spero di non essere noiosa», gli dico ridendo, e iniziamo.
“Egomostro”, il tuo nuovo album, è uscito il 4 febbraio. Chi o cosa sono gli egomostri? E tu, ne fai parte?
Sì, ovviamente ne faccio parte. È un disco molto autobiografico rispetto a Un meraviglioso declino (2012), soprattutto nei testi ma credo anche dal punto di vista sonoro, ci sono suggestioni più intime. Il titolo è una sorta di neologismo. Nell’immaginario è come un contenitore vuoto da riempire di significati. C’è poi il gioco di parole con “ecomostro”, una brutta costruzione messa in un posto bello, in questo caso il posto bello potrebbe essere l’anima. Parlo di ego, molte persone si stanno già identificando. Mi sembra un titolo adatto in questo periodo storico in cui l’io è al centro di tutto e questo aspetto si è amplificato con quella micro notorietà, non solo artistica, che delle volte falsa i rapporti umani.
“Sentenze più luoghi comuni il cancro di una relazione”, canti in “Passami il pane”. Oggi il cancro di una relazione allora non può essere la rete? I social? L’esserci sempre, comunque e ovunque? La sovraesposizione?
Assolutamente. L’argomento è ampliamente sviluppato nei testi. Nella title track c’è un passaggio in cui dico “specialista in autoscatti non c’è scampo per il cibo è già condiviso ancor prima di mangiare”. Oggi dai quindici minuti di celebrità di Warhol si è passati ai quindici secondi del vicino di casa.
“La micro notorietà da social falsa i rapporti umani”
Il primo singolo estratto è “Maledetti Italiani”. L’incipit del video è una frase di Indro Montanelli: “Per l’Italia non vedo un futuro, per gli italiani ne vedo uno brillante”. Che significato le dai?
Indro Montanelli è stato un lucido pensatore e un bravo giornalista, anche se dal punto di vista politico – e nonostante il fatto che nel video sia proprio la prima persona a essere distrutta, la frase mi sembrava perfetta. È stato divertente poterne condividere la realizzazione con il regista. All’interno ci sono proprio tutti, personaggi positivi e non, perché il senso è azzerare il passato e ripartire. Darsi nuova carica. Alla fine ci sono anch’io.
Si intravede anche Fabio Fazio. Dopo il Premio Tenco come “Miglior Opera Prima”, eri dato tra i papabili del suo Festival di Sanremo. Ma non ci sei andato. È stato meglio così?
Io non credo che esserci sia meglio o peggio. Bisogna vedere in che modo decidi di farlo. Se arrivi dal Tenco e da un lavoro che è andato bene e hai un bel pezzo, non creato ad hoc, che può funzionare dal punto di vista di forza testuale, perché no?
Sei considerato tra i più interessanti del panorama italiano. Ti senti in competizione con gli altri?
(Ride) Non è una sfida. Ci sono tanti artisti italiani che ammiro. Alessandro Fiori per esempio, anche se forse è un po’ più grande. Di Martino, amico e conterraneo. Vasco Brondi, sicuramente più conosciuto. In Italia dal punto di vista autoriale siamo a un buon livello, ce ne sono molti interessanti.
Le prossime date del tour di Colapesce
10 Aprile – BARI Demodè
11 Aprile – NAPOLI Lanificio 25
17 Aprile – BRESCIA Latteria Molloy
18 Aprile – OSIMO (AN) – Loop
24 Aprile – CARPI (MO) Mattatoio Culture Club
25 Aprile – FIRENZE Viper Theatre