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Come Ephraim Sykes è diventato Michael Jackson

«Celebriamo persone che hanno fatto anche cose mostruose per cercare il meglio dentro noi stessi e capire la condizione umana», dice l’attore che interpreterà la popstar nel musical dedicato alla sua vita

Foto: Broadway World/Shutterstock; Eugene Adebari/Shutterstock

In autunno il cantante, attore e ballerino Ephraim Sykes si è diviso fra due dei lavori più impegnativi di Broadway. La sera vestiva i panni del tormentato David Ruffin in Ain’t Too Proud, lo show di grandissimo successo sulla vita e la musica dei Temptations. Durante il giorno, invece, si preparava per un personaggio ancora più difficile e controverso: Michael Jackson, che interpreterà in un musical dedicato alla sua vita.

Gli eredi di Jackson hanno annunciato MJ: The Musical nel 2018: lo spettacolo, che debutterà il 13 agosto 2020, è scritto da un team che include il regista vincitore di un Tony Award Christopher Wheeldon, e l’autrice premiata con il Pulitzer Lynn Nottage. Ambientato nel 1992, lo show si concentrerà sul periodo in cui Jackson aveva tra i 20 e i 30 anni, e includerà una ventina delle sue canzoni.

Ma alla luce delle controversie e senso di disagio che aleggia attorno all’eredità del cantante, non è una sorpresa che il progetto abbia dovuto affrontare varie difficoltà. Inizialmente intitolato Don’t Stop ’Til You Get Enough, lo spettacolo doveva debuttare per alcune serate di prova quest’anno, a Chicago. Ma le performance sono state cancellate dopo la premiere di Leaving Neverland, il documentario di HBO che raccontava i presunti abusi di Jackson su due giovani ragazzi, Wade Robson e James Safechuck (ufficialmente, lo spettacolo è stato rimandato per “problemi di programmazione”).

Dopo il caos scatenato dal documentario, restava ancora una domanda senza risposta: chi avrebbe interpretato Jackson? Il mistero è stato svelato il mese scorso, quando la produzione ha annunciato che il ruolo di protagonista era stato assegnato al 34enne Sykes. L’attore ha già partecipato ad Hamilton, Motown e The Little Mermaid, e presto lascerà Ain’t Too Proud per iniziare le prove di MJ. Come racconta a Rolling Stone, «ho intenzione di prendermi un paio di mesi di pausa e far riposare voce e corpo, e riscoprire chi è Ephraim prima di interpretare la prossima icona».

Come ti senti, adesso, nell’affrontare questo ruolo?
Oh mio dio, sono la persona più emozionata del mondo, ma anche la più spaventata. Vivo letteralmente fra questi due estremi. Ma alla fine sono grato e onorato di poter interpretare l’uomo che mi ha portato a fare quel che faccio, la ragione per cui ho iniziato a cantare e ballare. E in quanto attore, sono felice di poter interpretare un talento straordinario, forse la persona più complicata che ha mai camminato su questo pianeta. Davvero, davvero complicata, al punto che non riusciremo mai a capirla davvero.

Lo spettacolo è ambientato nel 1992, quando Jackson si preparava per il tour di Dangerous. A che punto è lo show?
Abbiamo lavorato per due mesi, ottobre e novembre. Abbiamo completato l’intero spettacolo, che ora ha anche la messa in scena e le coreografie. Passavo le mie giornate a fare Michael Jackson, poi dalle 7 alle 11 di sera diventavo David Ruffin – probabilmente i due personaggi più estremi che potessi ospitare contemporaneamente nella mia testa. David Ruffin era una testa calda, un cocainomane e un egomaniaco. Di lui si dicono cose orrende. Dall’altra parte, invece, c’è un uomo più mite, umile e riservato come solo Michael Jackson riusciva a essere; un uomo insicuro in ogni situazione che non fosse il palcoscenico. Sono due opposti.

Si dice che nello spettacolo ci siano anche una versione più giovane di Michael, Berry Gordy, Marlon Jackson e il padre Joe.
Sì, usiamo diverse soluzioni per raccontarvi i suoi ricordi e quello che gli passava per la testa. Ma io sono in scena per la maggior parte del tempo.

Considerando tutte le controversie che circondano la figura di Michael, hai mai pensato di non accettare il ruolo? Hanno influito nella tua decisione?
Sinceramente, amico, certo che hanno influito sulla mia decisione. Sono cose a cui penso ogni giorno. Ma alla fine… non scoprirò mai tutta la verità. Nessuno può sapere cosa sia successo davvero. Ho deciso di affrontare questo ruolo come se fosse una sfida, volevo umanizzare qualcuno che ammiravamo tutti, che idolatravamo più di ogni altra star. Era quasi un semidio, per noi. E voglio parlare delle cose che so, del suo dolore fisico, degli abusi che ha subito e degli antidolorifici.

Sicuramente siamo consapevoli che qualcosa non andava per il verso giusto. Nessuno riuscirà a capire esattamente cosa è successo, perché Michael era una persona molto discreta. Ma nonostante i suoi demoni, il modo in cui trattava le persone e i bisognosi ha ispirato la persona che sono adesso, soprattutto come performer. Quelli sono aspetti della sua storia che credo valga la pena celebrare.

Viviamo in un Paese che a volte è il più ipocrita del mondo, celebriamo un luogo che chiamiamo “la terra della libertà” e che è stato costruito sulla pelle degli schiavi. Celebriamo persone come Cristoforo Colombo e George Washington, che hanno fatto cose mostruose, e lo facciamo per cercare il meglio dentro noi stessi e, allo stesso tempo, per capire che le cose orrende che abbiamo dentro di noi fanno parte della condizione umana. Questa è la mia speranza, il mio obiettivo con questo spettacolo. Voglio fare in modo che tutti possano entrare in contatto sia con la luce che con la loro oscurità.

Questo è un aspetto che appartiene sia a Ruffin che a Michael, non credi?
Esattamente. È così che ho esplorato il loro dolore e trovato il modo per parlarne onestamente.

La sceneggiatura di MJ tocca questi temi? Quanto in profondità?
Posso dire solo questo: parla di molte controversie. Parla di molti dei problemi che stava affrontando. Non anticiperò altro. Quello che so è che stiamo cercando di raccontare tutto il suo genio creativo, così come i mostri che aveva dentro di sé. E parliamo anche di tutte le cose positive che sono successe nella sua vita, e di quanto ha dato agli altri – cose indiscutibili.

Il mio obiettivo è dipingere un quadro il più onesto possibile, così che tutti possano decidere liberamente cosa pensano di lui, e di loro stessi. Quanto riusciamo ad accettare la nostra oscurità? Quanto lasciamo vedere agli altri? A chi accordiamo la nostra grazia, chi scegliamo di condannare? È un tema molto difficile, ma interessante.

Credi che i fan supporteranno uno spettacolo che parla anche di queste cose?
Da quanto ho potuto constatare fino a ora, l’annuncio è stato accolto molto bene. Abbiamo il loro appoggio. Poi, ovviamente, ci sono gli scettici. E c’è anche chi pensa: “Dovremmo cancellare Michael”. Io dico sempre che tutte le opinioni sono valide, ma dobbiamo essere aperti al dialogo. Tutti si faranno un’opinione, e il minimo che possiamo fare è rispettarci ed essere onesti.

Sarà interessante vedere le reazioni del pubblico, ma sono certo che molte persone lo adoreranno. Amano ancora Michael e la sua musica. E per quanto riguarda gli indecisi, ricordate che quando la radio passa un pezzo di Michael Jackson ballano ancora tutti. Tutti hanno un rapporto particolare con lui, nel bene e nel male, e spero che questo spettacolo ci unisca tutti.

Di sicuro non sarà noioso.
Non lo sarà.

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