Con Miglio i non-luoghi della provincia hanno il suono della new wave | Rolling Stone Italia
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Con Miglio i non-luoghi della provincia hanno il suono della new wave

Si ispira a Tondelli, scrive pop raffinato, nell'EP 'Manifesti e immaginari sensibili' ci fa viaggiare tra scorci urbani e desolazione provinciale: intervista a una «cantautrice postmoderna» da tenere d'occhio

Con Miglio i non-luoghi della provincia hanno il suono della new wave

Miglio

Foto: Martina Platone

Sono i non luoghi definiti dall’antropologo Marc Augé “un’immensa parentesi” i co-protagonisti del primo album di Miglio. Svincoli stradali, giardini pubblici, aree di servizio, parcheggi, distributori automatici, bagni della stazione compongono lo scenario in cui si muovono pensieri ed emozioni dell’autrice, la 28enne bresciana, bolognese d’adozione, Alessia Zappamiglio, al debutto discografico con Manifesti e immaginari sensibili. Un esordio timido, sei canzoni per nemmeno mezz’ora di musica, per delineare quello che Miglio ama descrivere come cantautorato postmoderno. «Sarà che sono influenzata da Pier Vittorio Tondelli, uno dei miei scrittori preferiti», dice lei. «Il punto è che la mia musica comprende un po’ di tutto, ha qualcosa di rétro, ma cerca un elemento di freschezza e gioca con contaminazioni su cui vorrei continuare a sperimentare».

Dopo avere ascoltato il disco, la citazione di Tondelli non stupisce e rimanda a un altro fan dell’autore di Altri libertini, quel Vasco Brondi con cui Miglio condivide in parte l’immaginario, una poetica evocativa che nei brani della giovane songwriter si traduce in un viaggio tra territori urbani e desolazioni provinciali, in uno scavare dentro di sé per guardare lontano che racconta di un mondo interiore in cerca di un rifugio confortevole, di un abbraccio che faccia sentire meno soli. “E non ho più bisogno delle armature, e mi libero dalle paure, vorrei sparire insieme”, canta in Autostrade, singolo che ben rappresenta anche l’anima musicale di un album incentrato su una scrittura pop mescolata a influenze new wave ed elettronica anni ’80.

«È stato mio padre a trasmettermi la passione per la musica, di mestiere è informatico, ma nel tempo libero ha sempre suonato. Il mio primo amore è stato il cantautorato italiano: ho divorato i dischi di Ivan Graziani, Lucio Dalla, Piero Ciampi, Fabrizio De André. Poi, verso i 18 anni, mi sono data al mondo alternative di gruppi come Afterhours e CCCP, e da lì ho scoperto Joy Division, Velvet Underground, Cure, ma anche band più recenti, dagli MGMT ai Cigarettes After Sex agli Arcade Fire».

In Manifesti e immaginari sensibili riferimenti italiani e internazionali s’intrecciano, nella già citata Autostrade le tastiere riprendono la hit Enola Gay, in Giardini pubblici «c’è un po’ di Berlino, da un lato perché mi sono ispirata al suo mood, al suo clima di libertà, dall’altro perché ho inserito nel pezzo sonorità che richiamano la scena tedesca degli anni ’80, immergendomi nella quale ho scoperto anche gruppi sconosciuti ma interessanti come i Notorische Reflexe».

Al di là delle reference, con quel titolo visionario Manifesti e immaginari sensibili mette sul tavolo un sincretismo sonoro personale e non privo di carattere, dove tutto sa di introspezione, ma al contempo di immediatezza, di sfogo, di catarsi. «Scrivo solo se ho qualcosa da dire, se a spingermi è una spontaneità, altrimenti evito, motivo per cui può passare anche del tempo senza che scriva nulla», confida Miglio, che nella musica dice di aver trovato «il linguaggio che mi fa sentire più libera, per cui mentre mi sento impedita nel parlare con gli altri, dopo che ho scritto una canzone sto meglio».

La fatica di spiegarsi nel quotidiano è un dettaglio che affiora più volte nella chiacchierata con la cantautrice, ed è il motore di un’ispirazione che si è tradotta in «attaccamento alla bellezza della parola» e che si è trasformata in un disco anche grazie al sodalizio con Marco Bertoni, musicista bolognese cresciuto nella new wave nostrana di fine anni ’70 e primi ’80 come tastierista del Confusional Quartet, poi produttore di Fiamma Fumana, Motel Connection, Megahertz e altri. «Ho incontrato Marco per la prima volta un anno e mezzo fa», continua Miglio, «lo conoscevo solo di fama, ma data la sua storia mi sembrava perfetto per l’universo sonoro che intendevo costruire attorno ai miei brani. Sono andata a trovarlo nel suo studio a Mercatale con le idee abbastanza chiare, gli ho fatto sentire quelli che all’epoca erano solo provini chitarra e voce, a parte uno piano e voce, ed è scattato subito un feeling musicale. Ha capito all’istante dove volessi andare, mi ha spinta anche a riprendere in mano alcuni testi, a sviscerarli, ma soprattutto abbiamo lavorato insieme alla parte sonora, chiudendoci in studio ad ascoltare un sacco di cose in linea con i nostri gusti, per poi trovare un linguaggio che fosse mio e vero, perché la verità è ciò che più conta».

Se Autostrade dà l’idea di una corsa all’impazzata, negli altri episodi il ritmo varia al variare delle sensazioni, rallenta, si fa pulsante, sfuma, spinge a ballare, dettando l’incedere di un pop più o meno sintetico che parla di solitudini, di alienazione, di dipendenze sentimentali da superare, di erotismo e di una sessualità che non vuole etichette, di libertà di essere se stessi. «Nel 2022 dovrebbe essere un traguardo già raggiunto, eppure in Italia abbiamo ancora tanto conformismo e paradossalmente sta diventando sempre più difficile essere liberi. Certo, possiamo fare quel che ci pare, ma siamo indietro su temi importanti, penso all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al grande divario che c’è ancora tra uomini e donne. Bisogna stare attenti a non limitarsi a guardare nel proprio piccolo circuito, perché magari lì è vero che ti comporti come vuoi, poi però magari a Natale rivedi i parenti e senti discorsi che fanno rabbrividire. Infatti io evito, tra l’altro pare che solo chi va a Sanremo possa essere considerato un professionista della musica».

MIGLIO - con la tua saliva (Official Video)

Attiva con questo nome d’arte dal 2018, Miglio al Festival ci andrebbe volentieri, «l’ho sempre guardato ed è una bella vetrina, non ho pregiudizi», ma il suo terreno finora sono stati locali e spazi per concerti. «Ho iniziato a scrivere canzoni, le prime ovviamente bruttissime, verso i 13-14 anni. Poi piano piano sono uscita dalla cameretta e ho cominciato a fare dei live in cui oltre ai miei pezzi proponevo cover, la regola era quella».

Dopo alcuni singoli, tra cui l’audace Pornomania, Manifesti e immaginari sensibili è il suo primo biglietto da visita ufficiale. «Pubblicarlo con una pandemia in corso non è il massimo, ma avevo già rinviato tanto… Spero di poterlo presentare presto dal vivo, a parte questo ciò che mi preme è continuare fare musica tutti i giorni. Pazienza se per pagare le bollette faccio la baby sitter e in passato ho lavorato nei bar, consegnato pizze e mille altri mestieri, il mio obiettivo è tenermi la musica nella mia vita».

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