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Cristiano Malgioglio: «Ghali mi ha scopiazzato»

La somiglianza fra il ritmo di 'Mi sono innamorato di tuo marito' e quello di 'Turbococco', l’omofobia, il "segreto" di Gabriel Garko, le parole di Renato Zero su Achille Lauro, Mina, il reggaeton, il sogno del cinema: «Vincerei l'Oscar». Malgioglio a tutto campo

Foto: Massimo Insabato/Archivio Massimo Insabato/Mondadori Portfolio

Cantautore, paroliere, autore, cantante e personaggio televisivo. Cristiano Malgioglio è un artista poliedrico e imprevedibile che ha saputo unire la qualità della sua scrittura in musica a uno stile inconfondibile che gli ha permesso di vendere milioni di dischi, di sfondare sul piccolo schermo e ora di far impazzire anche i social. Lo abbiamo incontrato a Cinisello Balsamo a margine dell’omaggio alla più grande di tutti, un evento al quale ha partecipato vista la dedica contenuta nella prefazione del libro di Aldo Dalla Vecchia che si intitola Mina per neofiti. La vita, la voce, l’arte di una fuoriclasse (Graphe Edizioni).

Lui conosce bene la Tigre di Cremona, con la quale ha portato avanti un lungo sodalizio e infatti la considera ancora «la cantante bianca più grande del mondo». Ma Malgioglio è molto altro e non si ferma mai. Non a caso ci ha anticipato un nuovo album in preparazione «con le donne colonna sonora della mia vita», ha ammesso che l’unico sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare è un film «in cui interpreto me stesso» e grazie al quale, ne è certo, «potrei vincere un Oscar», ha bacchettato Renato Zero a poche ore dal suo 70esimo compleanno («Achille Lauro non è un clown e si veste meglio di lui all’epoca») e, prima di parlare di Gabriel Garko («nell’ambiente lo sapevamo tutti che era gay»), ci ha spiegato che lui l’omofobia non sa neanche cosa sia e che se in Italia siamo invasi dal reggaeton è anche un po’ colpa sua: «Dopo Mi sono innamorato di tuo marito mi ha scopiazzato anche Ghali in Turbococco».

Come mai Mina è ancora la più grande nonostante tutto?
Penso che abbia una delle voci più belle del panorama musicale mondiale. È una artista completa. La maggior parte delle cantanti della sua generazione avevano voci straordinarie, come la Vanoni, la Zanicchi, Milva, Patty Pravo. Tutte donne forti, grintose, di un talento unico. In seguito, abbiamo avuto dei personaggi di rottura verso ogni tradizione, come la Rettore o Marcella Bella. Tutte hanno giocato anche sullo stile. Però Mina rimane unica perché ha un dono che Dio le ha regalato nelle sue corde vocali. Penso che sia la cantante bianca più grande del mondo. Ci sono pezzi che mi emozionano e altri che non mi dicono niente, ma nulla può mettere in discussione la sua bravura.

Credi di avere un capolavoro nel tuo repertorio?
Ho scritto cose belle e altre meno. Come una madre che fa figli di una bellezza incredibile e altri un po’ più bruttini, ma li ama tutti alla stessa maniera. Con Mina sono arrivato in alto, con Ancora ancora ancora, L’importante è finire o Carne viva, ma ho fatto cose interessanti anche con altri. Magari sono stati brani più leggeri, per la Carrà o per Pupo (Gelato al cioccolato, nda) però sono successi che hanno superato i confini nazionali andando in classifica in tanti Paesi all’estero.

Che musica ascolti oggi?
Più che altro straniera, anche se non apprezzo il rap o la trap. L’unico che ho amato è Eminem, per il resto di oggi non c’è nessuno in particolare che apprezzo. Non mi emozionano, a parte Arisa che ha una voce stupenda. Non ascolto moltissima musica italiana, diciamo che dopo Riccardo Cocciante non ho più trovato niente che mi facesse impazzire. Oltreoceano apprezzo Beyoncé, Céline Dion e Lady Gaga che trovo sia una musicista completa. Oppure i miei miti sono Elis Regina e Tony Bennett. In alternativa ascolto Cesária Évora o Alcione Dias Nazareth, che sono alcune delle miei preferite così come Caetano Veloso. Amo moltissimo i ritmi latinoamericani.

Renato Zero quando lo hanno accostato ad Achille Lauro ha risposto in questo modo: «Io cantavo la periferia, non ero un clown». Che ne pensi, visto che anche tu hai sempre curato molto gli outfit, anche anticipando le mode.
Su trucco e vestiti sono stato uno dei primi, basta vedere le mie copertine di Scandalo o di Maledizione io l’amo dove Diego Dalla Palma aveva fatto dei disegni straordinari sul mio viso. Certo, ai tempi miei e di Renato Zero era tutto più difficile e siamo stati innovativi. Renato indossava abiti particolari, cosa che io non avrei potuto fare perché mi ispiravo ai cantanti inglesi. Io indossavo Jean Paul Gaultier e Yohji Yamamoto. Ma i clown, vorrei dire a Renato, non si vestono come Achille Lauro. Prima di tutto è molto elegante negli abiti Gucci e poi è un ragazzo diverso da tutti gli altri, per fortuna, visto che in pochi curano il look. Può dire che non gli piace come canta, ma non che sia un clown. Achille Lauro è straordinario, non ha bisogno di essere difeso, però va incoraggiato perché finalmente ha il coraggio di vestirsi come gli pare e con stile. Penso che sia molto più elegante come si veste Achille Lauro oggi rispetto a Renato Zero ieri.

Ti piacerebbe collaborare con Achille Lauro?
Non ho questo desiderio. Ho già raggiunto ciò che volevo. Mi piacerebbe scrivere per Barbra Streisand e tra gli italiani, a parte Mina e Arisa, per Andrea Bocelli e Tiziano Ferro.

Ciclicamente si torna a parlare di omofobia e discriminazioni. Ma Cristiano Malgioglio ne è mai stato vittima?
Mai! Non so cosa sia l’omofobia e non ho mai conosciuto la discriminazione nei miei confronti. A volte avviene ancora in luoghi dove c’è incredibile ignoranza e mancanza di educazione. O purtroppo all’interno di alcune famiglie, come nel caso di Ciro e Maria Paola a Caivano. Una delle cose più orribili che possa accadere è quando i genitori non accettano i figli omosessuali. Dovrebbero capire che nessuno decide la propria sessualità, così si nasce e così si vive. Siamo tutti figli di Dio. Così come non capisco come in certi Paesi ci possa essere ancora la pena di morte o vedere l’omosessualità in modo tragico. È un dolore che certe persone non siano libere di esprimersi, non solo nei Paesi musulmani, anche in alcune nostre province. È tragico non poterne parlare con i propri familiari o essere costretti a sposarsi per non far capire che si è gay.

Sei favorevole a matrimoni e adozioni da parte di coppie omosessuali?
Se c’è la legge che lo consente sono favorevole, perché no? Una coppia gay può dare tutto l’amore possibile. Personalmente, però, preferisco le adozioni dei bambini costretti a vivere in orfanotrofio. Così come a favore dei matrimoni, ma quelli veri, quando c’è un vero grande amore. Io sono gay, ma non mi posso sposare perché non me ne frega niente. Ho avuto tantissime relazioni, ultimamente con un ragazzo di 39 anni di Istanbul e lui non conosceva niente della mia attività fino a poco tempo fa, solo ora piano piano sta capendo che tipo di lavoro faccio. È molto bello così, perché guai se sapessi di stare con una persona che punta a usarmi per entrare nel mondo dello spettacolo, lo butterei fuori di casa immediatamente. Mi piacciono i rapporti veri. Poi come tutte le storie da favola, ahimè, possono anche finire.

Ti ha stupito il coming out di Gabriel Garko che ha definito «il segreto di pulcinella»?
Non mi è mai interessato il coming out di nessuno. Il fatto che fosse costretto a mentire per le fiction mi fa pensare al tradimento di tutte le donne che avevano perso il sonno sotto le coperte pensando a lui. Però è una circostanza che mi fa sorridere. Nell’ambiente si è sempre saputo che è gay, però io ho rispettato che non volesse dirlo. Mica ci vuole la zingara che prevede se uno è gay o meno. Ognuno vive la sua sessualità come meglio crede. Secondo me poteva evitare di dirlo se è già felice con un ragazzo. A me non ha stupito la sua ammissione, perché ogni madre conosce i suoi figli.

A cosa stai lavorando in questo periodo?
A un disco con 12 donne, la colonna sonora della mia vita. Canterò delle loro canzoni in lingua originale, dal creolo al brasiliano, allo spagnolo. Saranno presenti pezzi di Gloria Estefan oppure di Mercedes Sosa e di Alcione che ho amato alla follia, senza dimenticare Isabel Pantoja, oltre a un duetto ancora top secret. E sarò accompagnato da una delle band latinoamericane più importanti del mondo.

Ti diverti ancora dopo oltre 40 anni di carriera?
Moltissimo! E vedo che a seguito di ogni mia svolta tutti gli altri mi copiano. Dopo Mi sono innamorato di tuo marito stanno dilagando i brani che scopiazzano quel ritmo. Come Ghali in Turbococco, dove l’inizio è uguale. Non lo conosco, mi dicono sia bravissimo e se ha preso spunto mi fa molto piacere. Tutti hanno introdotto un po’ di reggaeton, ma fatto male. Le canzoni sono per la maggior parte brutte e cantano su basi che sembrano da karaoke. Invece quel genere va interpretato con un’anima e in modo struggente. Peccato per il brano che avevo scritto per Al Bano e Romina, poi è arrivato il Covid. Preferisco ancora le vecchie generazioni, con l’eccezione di Arisa.

In tv possiamo vederti su Tv8 con Enrico Papi a Name That Tune. Ho notato che canti spesso Jerusalema. C’è un motivo in particolare?
L’avevo scoperto già a novembre. Un amico me lo mandò e mi consiglio di registrarlo. Quando lo ascoltai ebbi un brivido alla schiena. Una notte ho sognato una voce che mi spingeva in questo senso e quando mi sono svegliato ho deciso di andare in sala di registrazione. Era straordinario. Ho anche pensato di metterlo sul mercato, però venivo da ottimi brani come Mi sono innamorato di tuo marito, Danzando, Dolceamaro e Notte perfetta e quindi volevo attendere il prossimo album. Se fossi uscito prima sarebbe stato un altro successo straordinario. Alla fine, l’ho presentato da Enrico Papi, però la sento come se fosse mia.

Guardare sempre avanti, sembra questo il tuo atteggiamento nella vita e nell’arte.
Certo, sono fortunato perché non ho colleghi e faccio quello che voglio sulla mia persona, dallo stile alla musica. Sono stato uno dei primi a portare le vestaglie, le gonne, il kilt. Adesso mi metterò in bikini, vediamo se qualcuno avrà il coraggio di imitarmi.

Hai ancora un sogno nel cassetto?
A livello musicale ho finito di sognare, ho già fatto cose bellissime. Dopo 40 anni di carriera cosa posso chiedere di più? Neanche a Sanremo tornerei come cantante, preferisco che il mio posto vada a uno molto giovane e con talento. Lasciamo spazio alle nuove generazioni. Oltre alla musica un sogno ci sarebbe…

Di che tipo?
Avrei voluto lavorare al cinema, però non nei cinepanettoni dove mi hanno chiamato e che io detesto e non vedo mai. Amo il cinema e ho avuto alcune occasioni tanto tempo fa. Come quando mi chiamò Federico Fellini per E la nave va, ma poi non se ne fece più niente. Oppure con Fassbinder per Querelle de Brest. Era tutto pronto, ma quando mi spiegò cosa dovevo fare, cioè una scena di sesso terribile, ci ripensai. Quando ne parlai a mia madre mi disse: «Pensa a cosa direbbe la gente». Aveva ragione, allora sarei stato etichettato, come Maria Schneider in Ultimo tanto a Parigi o Sharon Stone con Basic Instinct. Forse oggi non sarebbe più così, la gente guarda scene del genere e non si impressiona più di nulla.

Facciamo un appello, con chi vorresti lavorare al cinema?
Il mio sogno sarebbe di essere diretto da registi come Almodovar o Özpetek. Mi piacerebbe interpretare una trans, anche perché non posso certo fare il latin lover, non sarei credibile. Oppure basterebbe interpretare me stesso, sarebbe molto facile e non servirebbe il copione e sono certo che prenderei un premio Oscar.

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