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Cristina Scabbia: «Spero che un giorno anche il metal, come il rap, avrà il suo momento in Italia»

Con un’autobiografia pubblicata a ottobre e il nuovo album dei Lacuna Coil ‘Sleepless Empire’ in uscita, la rocker racconta il suo viaggio dalla periferia di Milano ai palchi americani. Tra sfide, alienazione e voglia di autenticità

Foto: Enzo Mazzeo per Rolling Stone Italia

Cristina Scabbia ha sempre seguito la sua strada con determinazione e senza compromessi. Lo ha fatto portando il metal italiano all’estero e continua a farlo oggi, con il libro uscito a ottobre Il diavolo mi ha venduto l’anima e l’album dei Lacuna Coil Sleepless Empire che uscirà venerdì 14. Il primo è una confessione senza filtri dalla Milano di periferia ai palchi di mezzo mondo (dall’Ozzfest al live con Rob Zombie, fino all’incontro con Lemmy Kilmister), il secondo un urlo che sfida la modernità.

In questa intervista ci ha parlato dell’autobiografia, che sembra un manuale di resistenza per chi non si accontenta, e del disco che racconta nel lato oscuro di «questa società iperconnessa e disconnessa al tempo stesso». Ricorda che la band è nata al Midnight di via Altaguardia a Milano, locale tristemente noto per le Bestie di Satana, e che «da quel momento nel paese il metal soffre di tanti pregiudizi». Che la sua voce così riconoscibile è rimasta tale grazie «alla pigrizia», cioè al fatto di non aver preso lezioni. Che il metal avrà il suo momento in Italia, «come è successo col rap».

Nel libro parli delle tue origini, in particolare del legame con Quarto Oggiaro, un quartiere milanese spesso raccontato in modo negativo. Tu invece lo descrivi come un luogo accogliente.
Ci sono nata e cresciuta e so bene com’era anni fa: mafia, droga, degrado. Il parco in cui giocavo era pieno di siringhe, l’erba era sempre alta, non era certo un posto tranquillo. Eppure nella mia zona avevo un bel gruppo di amici sani e la mia famiglia, che è sempre stata molto unita, mi ha trasmesso valori solidi che mi hanno tenuta lontana da certe situazioni. Anche per questo non ho mai avuto bisogno di fare uso di droghe, forse anche perché ero iperattiva di mio. Sono ancora legata a Quarto Oggiaro, ci vivo tutt’ora.

Eri una piccola metallara negli anni dei paninari?
Il periodo dei paninari è appena precedente al mio ingresso nel mondo metal. Mio fratello ascoltava generi diversi, anch’io ho spaziato tanto, dalla musica italiana a Leonard Cohen. Il metal è arrivato dopo, con band come i Metallica. In quegli anni stavo ancora esplorando vari generi musicali senza un’identità definita. Ho ascoltato di tutto, in particolare grazie a mio fratello.

Tuo fratello aveva un negozio che era un punto di ritrovo per molti artisti, come J-Ax. Quanto è stato importante?
Fondamentale. Mio fratello era avanti anni luce, andava in Inghilterra e riportava le novità musicali e di moda. Era il primo negozio in Italia a importare Dr. Martens e Creepers. Mi faceva scoprire musica nuova, mi vestivo con roba che nessuno aveva. Era un visionario.

E a scuola avevi un tuo metodo per ottenere buoni voti senza essere una secchiona.
Vedevo la scuola come un mezzo per imparare e arrivare al mondo del lavoro il prima possibile. Il metodo era semplice: prestavo molta attenzione in classe e prendevo appunti in modo da non dover ripassare a casa. Ottimizzavo il tempo per fare altro che mi interessava.

Poi gli inizi con la musica elettronica e le discoteche, con Joe T Vannelli immergendoti nella scena dance degli anni ’90. Che anni erano quelli?
Un periodo spensierato. All’inizio non pensavo di fare la cantante, ma la vita mi ha spinto in quella direzione. Non ero a mio agio sotto i riflettori. La Milano di allora era piena di club dove le band potevano esibirsi, cosa che oggi purtroppo è diventata molto difficile.

Solo che a un certo punto hai ricevuto offerte discutibili per fare carriera. È quello che ti ha allontanato dall’ambiente della dance?
Sì, assolutamente. Già non ero a mio agio a espormi in quel contesto musicale, e quando ho capito che qualcuno ti porta avanti solo se dai in cambio qualcosa che non c’entra con la musica, ho detto no, grazie. Non mi sarei mai venduta.

Foto: Cunene

In seguito arriva la formazione dei Lacuna Coil, che mi ha stupito sia avvenuta al Midnight di via Altaguardia, un locale che sarà poi legato alle Bestie di Satana. Come hai vissuto quella vicenda quando è emersa in tutta la sua tragicità?
Mi ha fatto molto male, perché il Midnight era un posto di ritrovo per tante brave persone e io ci ho anche lavorato per un periodo. Ho conosciuto alcune delle persone coinvolte, come per esempio il padre di Fabio Tollis, una delle vittime. Chi ha commesso quei crimini ci passava le serate come in qualsiasi altro bar e la sua chiusura è stata una perdita enorme per la comunità musicale. Da quel momento in Italia il metal ha iniziato a soffrire di tanti pregiudizi, mentre nel resto del mondo è considerato un genere musicale come tanti altri.

Tornando ai Lacuna Coil, ricordi diversi momenti che hanno cambiato il vostro percorso musicale. Come per esempio l’Ozzfest del 2004. Che impatto ha avuto?
Il nostro primo Ozzfest ci ha fatto esplodere negli Stati Uniti. Siamo tornati in Europa da vincitori, con un’attenzione mediatica completamente diversa perché ci aveva consacrati come una delle band più promettenti del panorama internazionale. Eravamo su MTV, nelle radio americane e il nostro nome circolava ovunque. Ci ha portato a suonare in tantissimi nuovi posti e le vendite dei nostri album sono schizzate, oltre ad aver iniziato a essere richiesti per interviste e apparizioni televisive, cambiando la percezione della band a livello globale.

Non mancano i grandi incontri come quello con Lemmy dei Motörhead.
Lemmy mi ha colpita per la sua umiltà e la sua autenticità. Era una persona incredibile, con cui potevi parlare come se lo conoscessi da sempre, senza barriere o atteggiamenti da rockstar. Una volta ci siamo incrociati nel parcheggio di un locale prima di suonare insieme e mi ha portato sul suo tour bus per farmi vedere la sua collezione di cimeli della Seconda guerra mondiale. Era un vero appassionato e raccontava con entusiasmo la storia dietro ogni pezzo. Poi ha iniziato a mostrarmi i vestiti e gli stivali che aveva fatto realizzare appositamente per i suoi tour. Ne parlava con un orgoglio incredibile.

E invece Nicolas Cage?
Eravamo in tour con Rob Zombie, e un giorno è entrato nel nostro camerino dicendo che un certo Nick voleva farci i complimenti. Ed è entrato Nicolas Cage… È una di quelle cose assurde che ci sono capitate e che sembrano uscite da un film.

Come hai fatto a rendere la tua voce riconoscibile?
Grazie alla, tra virgolette, pigrizia. Nel senso che, non avendo mai preso lezioni, è rimasta diversa dalla maggior parte di quelle che si sentono in giro. A volte chi studia tanto rischia di somigliare a molti altri.

L’impero evocato nel titolo del nuovo album dei Lacuna Coil Sleepless Empire è l’America?
Può essere l’America o la mia Milano che non dorme mai, ma si riferisce in generale alla società occidentale iperconnessa e disconnessa al tempo stesso. Abbiamo tutto sotto mano, ci sembra di essere tutti più vicini, invece siamo diventati più isolati che mai. Ci sono poi brani come Oxygen e Gravity che parlano di equilibri, di respiro, di cadute e risalite.

Dopo dieci album, un numero notevole visti i tempi, di cosa vai più fiera?
Di aver sempre mantenuto la nostra identità, continuando a reinventarci. Ogni album rappresenta il nostro viaggio nel momento che stavamo attraversando.

E ora, oltre alla musica, sei diventata un punto di riferimento su Twitch nel gaming.
Twitch mi piace e vorrei svilupparlo di più, ma il mio lavoro principale resta la musica. Ho una forte curiosità per le nuove piattaforme digitali e ultimamente mi sono interessata a TikTok. Volevo vedere cosa succedeva e come veniva percepita la nostra musica anche lì. È stato affascinante notare quanto fossero entusiasti gli utenti dell’interazione e quali opportunità possa offrire. Mi piace esplorare le nuove tendenze.

Siamo a una settimana da Sanremo, che ormai è aperto a qualsiasi genere musicale tranne uno: il metal. A quando i Lacuna Coil al Festival?
Non credo che i Lacuna Coil siano adatti a un palco come Sanremo. Sono stata ospite nel 2008 in feat con L’Aura, ma in gara è diverso. Però spero che un giorno anche in Italia il metal abbia il suo momento, come è successo al rap.

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