Dave Grohl è reduce da un day off a Memphis, così si è concesso una visita a Graceland e si è ritrovato a pensare al fatto che Elvis era anche lui un ragazzo con la chitarra, che cercava di gestire «gli effetti di una popolarità esplosiva e prematura». Ma, a differenza di Presley e di altre anime torturate, Grohl sembra concepito per le lunghe distanze. Al momento è in tour mondiale con i Foo Fighters: dopo 23 anni assieme alla band, parla dei loro show come se fossero gli inizi.
«Ogni sera studio attentamente il mio pubblico, per trovare il modo di farli balzare in piedi sulle sedie. Se passano tre ore sulle loro gambe, me ne vado soddisfatto: “Ok, è stato un buono spettacolo. Li abbiamo shakerati per bene”».
A quanti caffè sei stamattina?
Sei tazze, abbastanza per affrontare la giornata.
Hai avuto dolori di stomaco per la troppa caffeina. Smetterai?
Stai parlando con uno che non ha mai toccato cocaina nella sua vita. Dopo che sono andato dal medico per quei problemi, ho provato il decaffeinato per una settimana e sono giunto alla conclusione che fa schifo.
Che ne pensi dell’epilogo di alcuni grandi del classic rock?
Ho iniziato a riflettere sul concerto del 12/12/12, in cui c’erano tutti quanti: McCartney, gli Stones, gli Who, Roger Waters. Ognuno di loro con la sua storia sulle spalle. Ho pensato “aiuto, questo significa che la finestra si chiuderà, e tutto si dissolverà in un attimo?”.
Hai mai pensato che ragazzi come voi, i Pearl Jam e i Guns N’ Roses sono chiamati a prenderne il posto?
No, non siamo in quella categoria. È tutto molto strano, non riesco a capacitarmi che dopo oltre 20 anni siamo ancora assieme, e che riempiamo gli stadi. Siamo arrivati al punto che tra il pubblico non vedo più magliette dei Foo Fighters, ma persone di 60 o 70 anni e bambini, ragazzini. È come se la gente sapesse che c’è uno show rock in centro e accorresse. Oggi rappresentiamo più che altro un’idea, mi capisci?
Hai detto che Lil Pump è il nuovo punk rock.
Pat Smear e io ne parliamo spesso, siamo entrambi fan di Lil Pump perché la sua attitudine ci sembra quella di chi suonava un disco dei Germs davanti al padre purista della musica. Da ragazzo ascoltavo il punk rock, volevo rumore e ribellione, che fosse death metal satanico o industrial noise. Se qualcuno avesse visto la mia collezione di dischi avrebbe detto “questo è disturbato”. Amo le belle basi trap e l’uso dell’808. Amo le produzioni di 2 minuti tipo Gucci Gang. Questo non vuole dire che mi farò presto un tatuaggio sulla faccia (ride), ma Lil Pump rimane un gran figo.
Quando suoni Everlong, vivi ancora le stesse emozioni?
Certo. Ci sono notti in cui sul palco pensi a cosa vorrai sulla pizza o cosa portare in lavanderia, ma quando suoni un pezzo così, immediatamente, vai indietro con la mente. Non siamo robot. Mi commuove vedere la gente che canta le canzoni con la mia stessa emozione. Se mi vedete ridacchiare nel bel mezzo di una canzone, è perché cerco di non farmi travolgere dai senti- menti e cascare per terra come un coglione.
E se Geddy Lee e Alex Lifeson ti chiedessero di suonare la batteria in un tour dei Rush?
Gli direi “non sono all’altezza di suonare con voi, ma grazie dell’offerta”. Neil Peart è un animale della musica, un batterista clamoroso. Conosco i loro arrangiamenti, ma sarei come Meg White per Neil Peart. Ed è una delle mie batteriste preferite, la preferita di mia figlia. Lei suona la batteria, fa solo cover di due gruppi: White Stripes e AC/DC. E io le dico “bene, non serve tu faccia nient’altro”.