Dentro il manifesto cyborg di Yeule | Rolling Stone Italia
Intelligenze naturali

Dentro il manifesto cyborg di Yeule

In ‘Softscars’ l’artista non-binary di Singapore si rifà al pensiero della filosofa Donna Haraway immergendosi in un videogame dal suono anni ’90. Ma l’intelligenza artificiale, dice, «rovina carriere e per adesso manca di regole e etica»

Dentro il manifesto cyborg di Yeule

Yeule

Foto: Neil Krug

Nel video di Dazies diretto dal duo di registe asiatiche, Zhang & Knight, Yeule è ritratta a cantare il suo brano in un non precisato luogo, sospesa nel vuoto, tra colori pastello scuro e una coltre nebbiosa che sembra reggere il pavimento dove giace. Come nel quadro di un videogioco, mentre intona versi malinconici ma decisi, sembra aspettare che l’eroe la tragga in salvo, esattamente come avviene nelle scene successive. Eroe che però svanisce, in un colpo di scena: l’uomo che sembrava venuto per farla rinvenire scompare in una caleidoscopica sequenza di montaggio, che adesso vede Yeule da sola in compagnia di un piccolo coniglio dai toni marroni che si nutre ai bordi della fauna circostante al suo corpo inerme, mentre un fascio di luce riflette il suo trapasso dalla persona incolume sul pavimento ad una “proto-persona”, che proprio come fascio di luce adesso si esprime.

Una sceneggiatura che suscita già parecchio disorientamento, eppure metafora piuttosto azzeccata di ciò che Softscars, l’album della singaporiana Yeule, uscito per la britannica Ninja Tune, mette in mostra. Nat Ćmiel è nata come Natasha Yelin Chang, prima di cambiare il suo nome e prima, tra diversi scossoni che ne hanno già influenzato la pur giovane carriera, di interessarsi con forza e risolutezza ad esplorare diverse voci della sua stessa persona come vediamo in questi tre minuti di video. Cresciuta tra techno, house, influenze progressive e rock degli anni Novanta, tra cui My Chemical Romance e Avril Lavigne in testa agli ascolti, il suo album, prodotto insieme a Mura Masa e Chris Greatti (nella band di Yves Tumor e conosciuto anche per prestigiose collaborazioni con Yungblud, Blink-182 e Pussy Riot), disegna la traiettoria di un nuovo manifesto cyborg e della cultura non-binaria, ispirandosi già dall’alias alla Yeul che nella serie del famoso videogioco Final Fantasy rinasce e si reincarna ripetutamente.

yeule - dazies (Official Music Video)

«Sono una venticinquenne che ha passato un’adolescenza piuttosto difficile e che è cresciuta su internet assorbendone le sue evoluzioni. La mia vita finora è stata caratterizzata dal fronteggiare emozioni forti, senza sostegno per farlo: forse è per questo che ho scelto di fare l’artista», ci racconta, sintetizzando la sua storia prima di questo terzo capitolo, «e nel mio lavoro precedente, Glitch Princess, cercavo già di simulare una realtà alternativa, digitale, che raccontasse questo tipo di crescita». Dopo la laurea in belle arti alla Central Saint Martins di Londra nel 2020, le sue ispirazioni — nonostante un personaggio così particolarmente immerso nel suo peculiare metaverso — rimangono però quelle provenienti dal calore delle voci di Ella Fitzgerald o dei Pixies che cantava nella precedente esperienza nella jazz band Riot Diet: «Molti dei miei lavori d’esordio facevano emergere degli ascolti adolescenziali in una versione post-pop, mentre in Softscars vedo una maturità diversa, fatta di nostalgia e autenticità che non si sposa per forza ad un genere preciso», afferma a proposito. «Credo in particolare che la maggior parte del pop alternativo, oggi, prenda forte spunto dagli anni Novanta e dalla sua estetica, ed è ciò che succede anche nel suono di Softscars».

All’università, Yeule scopre anche i testi di Donna Haraway tra scienza e identità di genere che la portano a identificarsi come persona cyborg non-binaria. Tema centrale, esplorato a più riprese nel disco e che parla dell’artista da molto vicino: nelle idee di A Cyborg Manifesto, che la Haraway pubblica nel 1985, Yeule rivede il suo pensiero teso ad esplorare le nuove tecnologie per cambiare il modo in cui vediamo il nostro corpo e chi siamo, aprendo inediti spazi per approfondirle in termini di genere, razza e politica: «Il suo scritto ha anticipato i tempi, è stato decisamente illuminante per una importante mole di discorsi avvenuti in questo ambito», rivela. «Uno su tutti il concetto di “donna-cyborg”, cioè un mix tra donna e macchina che rompe con le vecchie idee di “donna come qualcuno di passivo e subordinato”, che spesso viene definito come “l’anti-uomo”. La sua metafora del cyborg spiegava come le contraddizioni della teoria e l’identità femminista per funzionale debbano essere unite, piuttosto che risolte, in modo simile alla fusione tra macchina e organismo propria dei cyborg».

Riferimenti alla sua cyborg-identità che durante i testi si susseguono più volte: “Water me till I wither, 404 error”, canta nel brano d’apertura x w x, per poi dedicare una ballad all’icona elettronica degli anni Novanta per eccellenza: “Artificial feel so special / I have one name, Aphex Twin Flame”. Per non parlare di una esplicita, auto-referenziale ninna nanna shoegaze titolata Software Update (“Fixing myself with a broken Software update”). E sull’idea che il suo percorso musicale sia stato largamente influenzato da determinate letture, prosegue: «Per me, che sono cresciuta in una cultura queer e senza una chiara risposta sull’identità di genere, testi come quello della Haraway sono stati una rivelazione, mi è sembrato d’avere finalmente gli strumenti linguistici per definire le cose. E sono arrivata alla conclusione che il genere sia una performance. La mia, attraverso la musica, rappresenta la bellezza di qualsiasi genere». Questo ha ispirato anche l’album: «I miei testi parlano spesso delle difficoltà di chi non si identifica con il proprio corpo, quindi del problema di chi non si identifica in un genere. Essenzialmente dei problemi della comunità non-binaria e della disforia di genere, qualcosa di serio di cui non credo si parli abbastanza», afferma. E aggiunge: «Siamo tutti umani in maniera uguale, eccetto per i genitali. Ma anche lì, come dimostrano le battaglie della comunità trans, parliamo di barriere fittizie: la dicotomia binaria non ha senso di esistere».

yeule - sulky baby (Official Music Video)

Se non bastasse a riempire di significati questo capitolo, nella copertina di Softcars Yeule è ritratta come una guerriera di una serie sci-fiction. I rimandi alla caratterizzazione da eroina videoludica si possono di nuovo scorgere in un taglio di capelli illuminato sopra un particolare abito nero: tutto sembra portare alla figura di qualcuno in viaggio, una combattente alla ricerca di risposte. «Le cicatrici a cui si riferisce il titolo sono sia fisiche che mentali, così come l’estetica che ruota intorno alla mia immagine in generale», dice a proposito. «La mia musica è sempre un tentativo di raccontare una storia fedele di ciò che sto vivendo, magari per riascoltarla o riviverla quando sarò un’ottantenne e vorrò guardarmi dentro. Come scrivere un libro e rileggerlo dopo tempo. Sì, ho solo venticinque anni, ma sai, sono già piuttosto stanca (ride, ndr)».

Cyborg, non-binary ed una personalità che non vuole conoscere canoni, ma abbatterli uno dopo l’altro: come si colloca tutto questo rispetto alla tecnologia che sta cambiando la società come, ad esempio, l’intelligenza artificiale? «Il modo in cui ha impattato nelle nostre vite non è affatto buono, basti pensare a quanta gente sta rischiando di perdere il lavoro ed essere sostituita dalle macchine. E questo succede anche in campo artistico: posso parlare per molti amici a cui sta rovinando la carriera», afferma.
«Personalmente ne faccio uso a basso rischio, come può essere un VST o un particolare plugin di un synth. Ma non ho intenzione di spingermi oltre e prestare la mia voce in un duetto artificiale con un’AI che fa Lou Reed, per dire. È divertente e insieme anche inquietante, molta gente lo fa per il gusto di sperimentare, ma poi penso: a chi vanno le royalties, all’intelligenza artificiale che ha ricreato la voce di un cantante che non c’è più?». E conclude, caustica: «L’evoluzione può funzionare, ma c’è bisogno di avere delle regole e dell’etica perché sia sfruttata efficacemente».

Yeule ci tiene a parlare anche del valore che l’arte in tutto questo ha segnato per la sua maturità, ma soprattutto per l’uso che ne farà per il suo futuro: «Credo che l’insegnamento più grande per un artista — ma anche per ogni essere umano — in qualsiasi campo, sia quello di apprezzare il valore del tempo e del suo passaggio, la sua volubilità: c’è meno pressione in chi sa che non bisogna aspettarsi che la vita sia una replica esatta di ciò che avevamo immaginato». Ritorna, così, alle decisioni che spettano alle persone. E chissà se cyborg, identità digitali e intelligenza artificiale potranno un giorno apprendere tutto questo.

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